SORRY WE MISSED YOU, o della chiusura dell’ufficio postale di via San Mamolo

Come può un servizio cruciale solitamente molto affollato in un’area densamente abitata chiudere senza che siano state consultate le amministrazioni locali?

di Ilaro Ghiselli, consulente aziendale


Venerdì 7 febbraio 2020 è stato l’ultimo giorno di apertura dell’ufficio postale di via San Mamolo. La chiusura di un servizio cruciale al cittadino in una zona molto abitata ha sollevato una forte reazione dei cittadini residenti: è stata sottoscritta da oltre 2.000 persone una petizione che chiedeva il rinvio della chiusura e un incontro con la direzione di Poste Italiane; il 28 gennaio si è svolta una folta assemblea di cittadini nei locali della Parrocchia, presenti Rosa Amorevole, presidente del Quartiere, e i rappresentanti del Pd nel consiglio da lei presieduta.

Il deputato Andrea De Maria (Pd) ha presentato una interrogazione parlamentare in merito.

Venerdì 7, ultimo giorno di attività dell’ufficio postale, si è svolta una manifestazione di cittadini davanti all’ingresso, presenti la stampa e le televisioni locali.

Poste Italiane non ha mai comunicato le ragioni di questa chiusura e non ha mai utilizzato adeguati mezzi per diffondere preventivamente le motivazioni di tale decisione e coinvolgere i cittadini e gli utenti, l’unica comunicazione è stata affidata a un laconico e grigio volantino (formato A4) affisso sulla porta di ingresso all’ufficio (vedi foto).

Quanto avvenuto solleva una serie di problemi e interrogativi.

Come è possibile che un servizio statale, come tale socialmente rilevante per l’operato personale, collettivo e sociale, quindi tassello importante per la convivenza organizzata e civile della società, possa essere chiuso senza che la direzione dei servizi postali si confronti preventivamente con l’amministrazione comunale, con il Quartiere e con i cittadini presentando le ragioni ed i numeri sottostanti e supportanti questa decisione?

Le impiegate allo sportello, da me interrogate in merito, non mi hanno trasmesso la sensazione di essere state sottoutilizzate nella permanenza del loro servizio, e mi hanno confermato quella che è la sensazione di tutti gli utenti: l’ufficio era frequentato e utilizzato quotidianamente da moltissime persone, tanto che erano frequenti, nella giornata, code ed attese anche significative.  

Un ufficio postale non è un esercizio di attività commerciale che può essere chiuso per decisione dell’esercente-imprenditore! A una attività commerciale che chiude se ne sostituisce normalmente un’altra che, molte volte, migliora e qualifica l’offerta preesistente.

Ad un ufficio postale che chiude non subentra un altro operatore di servizi postali!!!

Al posto dell’ufficio postale chiuso subentra solo un pesante disservizio in quanto la prossimità dei servizi è una degli aspetti fondamentali per la qualità della vita nelle comunità locali, aumenta i disagi per i residenti, in particolare per le persone anziane, poiché  i servizi postali sostitutivi  resterebbero attivi in sedi distanti e non facilmente raggiungibili dagli utenti delle poste di San Mamolo che, vale la pena di ricordare, non sono solo i residenti sulla via e quelli residenti nelle vie prospicenti la stessa,  ma sono anche tutti gli abitanti delle diverse vie che portano sulle colline di Bologna fino ai confini comunali.

In San Mamolo l’ufficio postale, assieme alle scuole elementari, alla banca, alla Parrocchia, ai diversi bar, alla drogheria, ai negozi di alimentari e di frutta, all’edicola ,alla fioraia e al chiosco dei gelati, sono sempre stati punti di incontro e di socialità .

Una socialità, una società, che con la chiusura della posta si impoverisce e questo impoverimento è tanto più grave perché prodotto da un servizio dello Stato.

Dobbiamo domandarci come può nascere tutto ciò e come possono idearsi processi che portano al progressivo impoverimento della società e della socialità.

Questo seppur piccolo avvenimento fa emergere l’enorme  rilevanza e diffusione  che ha assunto, nella vita economico-aziendale, sia nei settori pubblici che nelle società private, la finanziarizzazione delle imprese e dei servizi, il forte riconoscimento che i soli obbiettivi  ricercati sono quelli breve periodo, basati su un forte riconoscimento dei risultati finanziari, attraverso la ricerca del massimo rendimento con il minimo coinvolgimento, e la sottomissione, se non la completa estromissione, da tutti gli obbiettivi di gestione, dei fattori e della missione  sociale delle imprese  e dei servizi.

Si tratta di un processo che è partito negli anni novanta e ampiamente promosso dalle grandi multinazionali della consulenza finanziaria, economica e aziendale, quali McKinsey, Boston Consultig, e KPMG, che si è rapidamente diffuso in tutto il mondo occidentale e che ha caratterizzato la vita delle imprese sia Italiane che multinazionali producendo per molti, come è ormai evidente e analizzato da molteplici fonti e sotto molteplici aspetti, precarietà, insicurezza, iniquità, arretramento sociale, e dalla parte opposta, aumento del benessere e arricchimento per pochi.

Chi può trarre vantaggio dalla chiusura del servizio postale?

Non certo i cittadini e i molteplici utenti che, in diverse forme, hanno cercato di fare sentire le loro ragioni.

Per loro ci sarà l’aggravio dei tempi e dei costi di trasporto in zona centro, la maggiore attesa nei tempi di servizio dato il già forte utilizzo dell’ufficio sostitutivo, la difficoltà di doversi organizzare i tempi della propria giornata tra famiglia, lavoro, e servizi da assolvere.

Di certo ne trarrà beneficio qualche dirigente, a diversi livelli, di Poste Italiane, che potrà ottenere un incremento del bonus per i risultati di risparmio conseguiti a diverso titolo: riduzione dei costi generali (meno affitti, meno bollette, meno manutenzioni, ecc), riduzione del costo del personale (riutilizzo del personale già impiegato su altre funzioni con conseguente non assunzione di nuovi giovani impiegati) dunque migliori risultati operativi  e conseguente aumento dei premi di risultato!

Cosa proporre dunque?

Credo occorra chiedere al Comune, alla Città Metropolitana, che venga imposto un vincolo, ai vari servizi dello Stato che hanno attività rivolte ai cittadini, di inamovibilità e divieto di chiusura degli sportelli attivi e di obbligo ai diversi Enti  a presentare preventivamente i possibili progetti di trasferimento, mantenendo l’Amministrazione Comunale, nelle sue diverse articolazioni, il diritto di veto alla esecutività del trasferimento proposto. Credo che occorra chiedere a Poste Italiane di rendere trasparenti i diversi elementi che hanno portato a questa decisione e quali siano i parametri e gli standard di servizio che si impegnano a garantire per la qualità della relazione con i propri utenti.


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