“Amigdala” invade la città con un enorme coro multietnico

Da Modena a Bologna per un’impresa “epica e rivoluzionaria”: un processo collettivo di emancipazione, inclusione, attivazione della cittadinanza e di nuove forme di comunità. 400 persone occuperanno uno spazio pubblico cantando tutte assieme

di Meri De Martino


Federica Rocchi, presidente del Collettivo Amigdala, fondato a Modena nel 2005. Regista e drammaturga, si occupa di rigenerazione urbana e processi partecipativi. Meike Clarelli, direttrice musicale del Collettivo. Ha fondato a Modena e diretto il coro di donne migranti “Le chemin des femmes” da cui ha preso vita “Le Core voci indisciplinate”, giovane coro femminile bolognese. Le intervistiamo perché ci raccontino come arte e società possano continuare ad alimentarsi reciprocamente in un processo che accompagni i grandi cambiamenti contemporanei.

Partiamo dal vostro nome. Come mai “Amigdala”?

Amigdala ha moltissimi significati e tutti hanno a che fare con la nostra storia. È il nome greco della mandorla, entità chiusa in un guscio: qualcosa di nuovo, una nuova nascita. È anche una ghiandola celebrale che regola le emozioni forti e violente, stati d’animo dell’emotività più profonda e meno razionale. È anche uno strumento tipico della preistoria, tra i primi utensili creati dall’uomo. Infine è un nome di donna e la questione femminile è molto presente nel gruppo.

Quali sono le vostre principali attività?

Negli ultimi sei anni il gruppo lavora tra Modena e Bologna, ma collabora con tante realtà in giro per l’Italia. Portiamo avanti progettualità diverse. Un lato riguarda l’intervento dei territori, progettazione culturale e artistica che si radica in luoghi specifici. Questo lavoro lo svolgiamo principalmente nel centro multidisciplinare Ovest Lab di Modena: vi teniamo insieme la programmazione artistica (ogni anno promuoviamo il festival “Periferico”) col tema della rigenerazione urbana (Ovest Lab era un ex officina meccanica in disuso) e con l’attivazione della comunità, attraverso un lavoro sulla storia e sulla narrazione culturale. Dall’altro lato Amigdala è un collettivo artistico che produce opere.

Sulla homepage del vostro sito riportate una bella frase di Arminio: “Il futuro dei luoghi sta nell’intreccio di azioni personali e civili. Per evitare l’infiammazione della residenza e le chiusure localistiche occorre abitarli con intimità e distanza. E questo vale per i cittadini e più ancora per gli amministratori. Bisogna intrecciare in ogni scelta importante competenze locali e contributi esterni. Intrecciare politica e poesia, economia e cultura, scrupolo e utopia”. Quale, tra le vostre attività, rappresenta meglio questo spirito?

Sarebbero tante. La prima che viene in mente è il progetto “Elementare”, canto che dura tutta la notte. È una veglia collettiva in cui si aspetta la luce. I sei performer costruiscono un loro spazio insieme al pubblico, una comunità temporanea, e la abitano fino all’alba. “Elementare” tiene insieme uno slancio utopico volto al superamento della notte e all’arrivo del giorno: una forma di resistenza condivisa in cui sono presenti lo scrupolo e l’utopia, elementi essenziali per ogni opera artistica e culturale.

Tutte le vostre attività mettono al centro il coinvolgimento e le periferie.

L’obiettivo è l’attivazione della cittadinanza, del sentirsi parte di una comunità che ti riconosce. Nelle periferie abbiamo riscontrato apertura e accoglienza decisamente maggiori rispetto ad altre aree più strutturate della città. Chiaramente questo obiettivo richiede una certa continuità. Dal 2016 una parte delle nostre attività si è radicata nell’area periferica di Modena dove si trova Ovest Lab. Ciò ha consentito una continuità di lavoro sul territorio che porta un vantaggio rispetto al nostro precedente nomadismo: se si dà tempo e spazio alle cose di accadere, queste accadono.

Collaborate anche con amministrazioni locali?

Molto, in particolare con il Comune di Modena che ha preso in affitto questo spazio privato che poi ci dato in gestione. Lavoriamo in strettissimo contatto con la Regione, in particolare sul tema dell’uso temporaneo degli spazi dismessi, e con alcune fondazioni a livello nazionale.

A proposito di uso temporaneo degli spazi. Com’è oggi la situazione?  Ero rimasta che la legge fosse di difficile applicazione…

La legge del 2017 ha istituito l’uso temporaneo, delegando ai comuni una regolamentazione specifica. I comuni non sono riusciti a farlo, si tratta di una materia molto complessa. Le cose si sono sbloccate grazie all’intervento della Regione. Facciamo parte di un hub convocato dalla Regione stessa che riunisce le realtà che si occupano di uso temporaneo. Lo scopo è riflettere sulle azioni da intraprendere rispetto alle opportunità di riuso temporaneo e di elaborare linee guida applicabili nel territorio regionale. In aprile faremo un incontro all’Ovest Lab per una prima restituzione. Recentemente abbiamo ricevuto una bella sorpresa: siamo stati selezionati dalla Future Architecture Platform, piattaforma europea nel campo dell’architettura, che ha scelto I 20 migliori progetti di riutilizzo di spazi in ottica artistica/creativa sui 450 presentati. Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a una due giorni a Lubiana con tante realtà da tutta Europa, unici italiani a partecipare.

Presto organizzerete una nuova attività su Bologna di cui si occuperà principalmente Meike.

L’attività si iscrive all’interno di un Progetto europeo, “Atlas of Transitions”, coordinato da Emilia-Romagna Teatro, che vuole riflettere sulle relazioni tra processi artistici e trasformazioni della società e mira ad attivare relazioni con le comunità straniere a Bologna. Si chiama Magnitudo. Ert ci ha chiesto di immaginare un’attività artistica che concludesse questo processo che va avanti da tre anni. Magnitudo prevede un percorso laboratoriale con un incontro a settimana e una serie un po’ più intensiva a ridosso del debutto. I laboratori si svolgeranno contemporaneamente in tre luoghi diversi della città, scelti perché sono in periferia e hanno a disposizione uno spazio aperto adeguato per le prove. Chi vuole può iscriversi scegliendo il gruppo in base al luogo preferito (Bolognina, San Donato, Corticella). Ogni gruppo avrà un direttore e musicista diverso a guidarlo, ciascuno con una consegna che andrà a comporre la composizione finale. L’idea nel suo complesso si rivelerà ai partecipanti solo la settimana prima del debutto quando faremo prove tutti insieme. Si tratta di un’attività sperimentale e complessa anche per noi. Stanno arrivando iscrizioni da bolognesi e da migranti. Lo scopo è un coro multietnico, l’ideale sarebbe raggiungere le 400 persone.

Qual è l’idea alla base del coro?

Vogliamo celebrare un passaggio di civiltà dettato dai grandi cambiamenti in atto, da quello ambientale e climatico a quello migratorio. Sarà un rito collettivo intorno al tema della voce e le parole di questa grande partitura saranno della poetessa ugandese Carolyne Afroetry, dell’associazione “afrowomen poetry”. I temi della partitura sono legati al femminismo, ai diritti delle donne, ai cambiamenti di prospettiva economica e climatica. Il grande coro invaderà uno spazio pubblico interrompendone la quotidianità. L’idea è epica e rivoluzionaria: il coro come espressione della pluralità degli individui, della loro capacità di stare insieme in un atto unico e comune, mettendosi al centro di uno spazio pubblico.

Abbassiamo per un attimo il livello della discussione… e se una persona non sa cantare?

Chi se ne frega, siamo vivi come civiltà. L’ultima cosa è saper cantare. Il canto è qualcosa che impariamo per imitazione da quando siamo addirittura nella pancia della mamma. I laboratori sono pensati per essere inclusivi, per creare il senso di una nuova comunità intorno alla performance. Il canto è l’elemento facilitatore di questo processo, non deve essere elemento di difficoltà. E poi si tratta di un grande esperimento anche per noi. Mettere insieme tre stili diversi, tre regie, con persone che non si conoscono prima, è una grande sfida. Un’azione ad alto livello di sperimentazione.

Tutte le informazioni per partecipare all’impresa al link


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