Referendum: preoccupa il sì di Bonaccini a una riforma inutile e forse dannosa

Contrariamente a quanto dice il presidente della Regione, mai nessuno a sinistra ha indicato il taglio dei parlamentari come obiettivo primario. Più sensato sarebbe stato l’addio al bicameralismo paritario, eliminando o trasformando il Senato come voleva la riforma Renzi-Boschi. Questo cambio di rotta nasce dal bisogno di inseguire l’M5S sul terreno dell’antipolitica, quella solita debolezza che portò i left a bombardare Belgrado e, inseguendo Bossi, ad approvare una riforma confusionaria delle Regioni

di Roberto Bin, costituzionalista


Dice il presidente della Regione che “è da 30 anni che il centrosinistra propone di ridurre i parlamentari”. Sobbalzo: milito nella sinistra da prima che Stefano Bonaccini nascesse e non ricordo che mai qualcuno indicasse la riduzione dei parlamentari come un obiettivo significativo o prioritario della mia parte politica. E perché mai dovrebbe esserlo?

Intervenendo alla Camera all’inizio dei lavori (29 aprile 2019) sulla riforma costituzionale per cui voteremo fra qualche settimana, Gennaro Migliore (allora Pd, oggi Italia Viva), relatore di minoranza, indicava la riforma come sintomo «della fine della stagione della democrazia rappresentativa intesa per come l’abbiamo conosciuta e per come l’hanno scritta i nostri Padri e Madri costituenti»; si tratta infatti di «un’operazione di contabilità, che è tutta in connessione con un racconto che si fa dell’istituzione parlamentare», racconto dominato dall’idea che la riforma “anti casta” sia auspicabile per tagliare i “costi della politica”.

Ecco il primo motivo per cui mi sembra necessario opporsi a questa riforma. L’idea che la politica non debba costare è semplicemente stupida e porta con sé il disastro. L’Italia è l’unico paese della Ue che non sostiene con danaro pubblico i partiti: è stato un Governo di centro-sinistra (Letta) ad abolirlo, per inseguire il M5S sul suo terreno, quello dell’antipolitica. È la solita debolezza della sinistra: quella che ha portato nel 1999 il Governo D’Alema a bombardare Belgrado, a far approvare la riforma costituzionale dell’art. 48 consentendo la riserva di seggi alle camere per gli italiani residenti all’estero, coronando il sogno di Mirko Tremaglia (An), ad approvare – inseguendo il “federalismo” della Lega di Bossi – una riforma confusionaria della disciplina costituzionale delle regioni.

Figli di un’idea così sbagliata sono la “discesa in politica” di esponenti della “società civile”, per sostituire la “casta” (Berlusconi ne è il loro capostipite), e l’“uno-vale-uno” che ha consentito al M5S di mandare in parlamento – e al governo – gente senza arte né parte, ben felice di conquistare uno stipendio da favola (a proposito dei costi della politica).

Che nella politica non si debba investire è un’enorme sciocchezza: nessuno farebbe gestire la sua piccola impresa dal primo preso per strada, possibilmente non pagandolo; e invece si pensa che questa sia una soluzione adatta a gestire il paese. È un’idea troppo stupida per non essere combattuta.

Però non ho ancora detto niente della riforma. Non credo che essa genererà conseguenze gravi nel funzionamento delle camere, anche se il pericolo è segnalato e motivato da molti “tecnici” che sostengono il “no”. Tutti i problemi si possono risolvere con un adeguamento dei regolamenti interni delle camere. E anche i problemi di rappresentanza dei territori potranno trovare una soluzione lavorando sulla legge elettorale. Ma il problema sta qui: per quale motivo bisogna generare problemi nuovi, che chiederanno tempo ed energie nei prossimi mesi, per una riforma che di problemi reali non ne risolve neppure uno? Perché questo è il punto.

Osservava Stefano Ceccanti, deputato Pd, all’apertura dei lavori della Camera che «affrontare i numeri come se i numeri fossero una variabile puramente indipendente non corrisponde palesemente ai problemi che sono aperti sulla struttura e il funzionamento delle Camere. Il bicameralismo ripetitivo è disfunzionale da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare, e non si capisce perché il problema dei numeri non dovrebbe essere assunto in relazione specifica a questo problema».

I problemi del malfunzionamento del nostro Parlamento – che sta funzionando davvero male – sono imputabili in primo luogo al “bicameralismo paritario”: cioè al fatto – unico al mondo – di due camere che hanno composizione più o meno eguali (e le piccole differenze ostacolano però la formazione di maggioranze stabili) ed esercitano le stesse identiche funzioni. Questo era il punto da cambiare.

Si poteva eliminare il Senato (con risparmi molto più consistenti di quanto si ottenga riducendo il numero dei parlamentari) o trasformarlo in qualcosa di diverso, in una “camera delle autonomie” come proponeva la riforma Renzi-Boschi. Concludeva Ceccanti, parlando a nome del partito, «la nostra preoccupazione non è che si cambi troppo, ma che si cambi poco e male. Questa è una riforma che cambia poco e male».

Ma questo avveniva nel 2019: il Pd, non guasta ricordarlo, ha votato contro la riforma nelle prime tre delle quattro votazioni richieste dalla sua approvazione. Nella quarta però, varata ormai la nuova maggioranza, l’accordo politico raggiunto con il M5S comportò un voto positivo. Ecco come Ceccanti ha illustrato la nuova posizione del partito: «Noi non abbiamo mai avuto una contrarietà di principio alla riduzione del numero dei parlamentari ed è difficile per qualsiasi forza politica dire di avere una contrarietà di principio, perché… chiunque si sia cimentato con le riforme costituzionali dal 1983 in poi ha sempre proposto la riduzione dei parlamentari. Quindi nessuno può esibire obiettivamente una contrarietà di principio».

Beh, la non-contrarietà di principio è cosa ben diversa da fare del taglio dei parlamentari la proposta di sempre del centro-sinistra. Potrebbe forse essere il complemento di una riforma che modifichi i punti critici del nostro sistema istituzionale, ma così come è scritta nella legge costituzionale per cui andremo a votare è e resta una stupidaggine inutile e probabilmente dannosa.

Photo credits: Manfred Heyde (CC BY-SA 3.0)


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