Un memoriale in onore di Graziella Fava, vittima del terrorismo

Era una domestica, rimase soffocata il 13 marzo ‘79 in un attentato incendiario dei “Gatti selvaggi” al sindacato dei giornalisti. Un’associazione lavora da anni alla riqualificazione del giardino nei pressi di via Milazzo che porta il suo nome. Che però pochi ricordano, nonostante l’impegno anche dell’Associazione Stampa. Dry Art lancia un bando perché il suo sacrificio per salvare l’anziana che accudiva sia ricordato insieme alle fatiche di tante donne che come lei si prendono cura degli altri

di Associazione Dry Art


Spesso frequentiamo i luoghi senza interrogarci sul nome che è stato loro assegnato, sono lettere infilate una dietro l’altra che siamo soliti pronunciare distrattamente, cui raramente diamo un valore, associamo un viso, una storia. La toponomastica è una cosa seria, che impegna i cittadini e le cittadine a uno sforzo mnemonico, a una sollecitazione di conoscenza storica, sociale, emozionale. Se una via, una piazza, una corte rievocano un avvenimento o un personaggio particolarmente vicino (spazialmente e temporalmente) alla vicenda della città, del quartiere, della strada, quel nome assume connotati particolari perché riattiva emozioni ancora vive, pulsanti.

Da anni lavoriamo alla riqualificazione del Giardino Graziella Fava, sin da subito ci siamo attivati e attivate per dare un senso a questo nome, a delinearne idealmente il volto, con un processo che ricorda i moderni sistemi computerizzati di ricostruzione facciale a partire dai teschi dei primitivi. Così, seppellita sotto l’oblio di 40 anni, abbiamo ritrovato Graziella. La mancanza di memoria rimuove le tragedie e le relega in un cantuccio tra tante altre cose inutili. È anche così che prolifera il degrado, nella dimenticanza. Eppure la volontà di dedicarle un giardino sarà partita da un desiderio, un’emozione, un progetto, una storia da raccontare.

Da questo convincimento è nato il nostro impegno, a partire proprio dal riscatto del nome, della vicenda di una donna che lascia un figlio, altri affetti e che, soprattutto, somiglia a tante altre donne che noi quotidianamente incontriamo, anche in quel giardino. Donne che rivolgono la loro vita al benessere altrui e che per questo impegno non vengono mai abbastanza ricompensate, riconosciute, rappresentate nell’immaginario collettivo e ringraziate. È il paradosso del lavoro di cura, così indispensabile e così umiliato.

Chi era dunque Graziella Fava? In pochi ricordano quanto avvenuto. Il 13 marzo 1979 un incendio doloso, di origine terroristica, divampa negli uffici dell’Assostampa (oggi Aser), sede del Sindacato dei giornalisti, all’epoca in Via San Giorgio a Bologna. I terroristi rinchiudono due persone presenti in ufficio in una stanza, poi appiccano il fuoco. Dopo lo spegnimento delle fiamme, al piano superiore accanto all’ascensore è trovata morta, intossicata dal fumo, Graziella Fava, una donna di cinquant’anni, che prestava servizio come domestica in un appartamento dello stabile. In serata avranno luogo altri due attentati: verrà appiccato il fuoco ai portoni di due giornalisti. Il gruppo di estrema sinistra Gatti Selvaggi rivendicherà le azioni. Le indagini sui responsabili della morte di Graziella Fava non porteranno a nessuna conclusione.

Oggi in quel giardino si incontrano tanti ragazzi che giocano a basket, provenienti da tutto il mondo e tante donne, spesso migranti, che svolgono lavoro domestico. A loro vogliamo dedicare l’idea di un memoriale a Graziella Fava, perché il suo impegno e la sua figura siano ricordati come meritano. Per realizzare questo progetto, abbiamo quindi pensato ad un bando che è possibile consultare cliccando qui o visitando il sito dell’associazione, www.dry-art.com.

Graziella è morta accudendo una anziana disabile che cercava di proteggere dall’incendio doloso dell’attentato. Un esempio da custodire e onorare, perché sia ricordato l’eroismo quotidiano di chi si prende cura degli altri e nello stesso tempo di tutta una comunità.


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