Colera, 1855: flagellò il Pratello ma risparmiò via Paradiso

Il primo caso del “morbo asiatico” che colpì duramente la città di Bologna (allora occupata dalle truppe austriache) fu riscontrato proprio nella via che dopo 165 anni sta affrontando una nuova crisi sanitaria: al netto della crisi economica attuale, quella volta c’erano molti meno strumenti per affrontare un’epidemia

di Giancarlo Dalle Donne, archivista


A fine maggio di quell’anno tal Francesco Mariotti, un ortolano di Massa Lombarda, arrivò in città con il suo carico di frutta, con la speranza di venderlo al mercato (versioni alternative: era venuto per partecipare a una lotteria; era venuto per assistere a una corsa di cavalli ai Prati di Caprara: cambia poco). Una sua collega, Carlotta Vaccari, anche lei venditrice di frutta, l’aveva ospitato nella sua casa di via del Pratello.

Il 29 maggio Francesco avvertì i primi sintomi del colera: morì pochi giorni dopo; stessa sorte toccò a Carlotta, e furono infettati anche alcuni vicini di casa. La malattia fu facilmente riconosciuta perché non era la prima volta che faceva la sua comparsa in città.

Già nel 1849 si erano verificati diversi casi (con alcuni morti); nel 1854 altri quattro in via del Pratello, tra i quali Giovanni Vitali, facchino di 54 anni, che “abitava in una delle case più malsane della via”. Tre di loro morirono.

Erano stati ricoverati all’Ospedale (ed ex convento) dei SS. Lodovico e Alessio (l’attuale Istituto penale minorile del Pratello), allora caserma, temporaneamente convertito in lazzaretto. Fu riaperto il 29 maggio 1855: in quell’anno accolse 1.158 colerosi, 854 dei quali morirono. Inutile dire che a essere maggiormente colpiti furono i ceti popolari.

Il Pratello fu dunque uno dei luoghi centrali dell’epidemia: vi si verificarono i primi casi, ospitava il principale lazzaretto della città, e inoltre i morti, prima di essere portati in Certosa sui “cataletti” (nottetempo, per evitare di turbare la cittadinanza), sostavano per un periodo di tempo nella camera mortuaria allestita presso la chiesa di San Rocco (santo protettore della peste, tanto per stare in tema), in fondo alla strada.

E quindi alcuni abitanti della zona (via del Pratello, via S. Isaia, Borghetto S. Francesco) si lamentarono con le autorità inviando una petizione, soprattutto perché, in quelle condizioni, per la continua “vista poco grata de’ trasporti de’ vivi, e de’ trapassati”, avevano difficoltà ad affittare le loro abitazioni, chiedendo perciò lo spostamento del lazzaretto, “sperando che in sito più discosto dai fabbricati ed in sito spazioso venisse stabilito anzicchè fra tante case abitate”.

I più ricchi abbandonarono la città, diremmo oggi per evitare assembramenti, trasferendosi nelle loro abitazioni di campagna.

Naturalmente, in quella situazione, non potevano mancare le fake news, secondo le quali, come riferiscono le cronache dell’epoca, si trattava in realtà di “avvelenamento e di progetti di togliere dal mondo i poveri”.

Nel 1855 nella città di Bologna morirono di colera 2.759 persone.

Una statistica del 1857 individua le contrade maggiormente colpite, situate principalmente nella zona del Canale del Reno e del Porto. Non era un caso: i canali erano ancora scoperti e sudici, cosicché “l’acqua, per secoli la grande ricchezza di Bologna, si trasformò in strumento per diffondere la morte”. Via San Felice deteneva il triste primato (183 casi, 127 morti), e via del Pratello non era da meno (142 casi, 88 morti).

Via Paradiso collegava – e collega tuttora – le due strade, ma risultò essere esente dal contagio. Una lapide che si trova al n. 6 (collocata sotto l’edicola votiva della Madonna di San Luca, del 1738) ricorda questo fatto “miracoloso”: “Gli abitatori di questa via immune nel MDCCCLV dal morbo asiatico che desolò la città tutta quanta riconoscono da te o divina la grazia e piamente t’adorano”.

Attualmente via Paradiso è uno dei principali, e più frequentati, pisciatoi della città.

La Bologna che cambia.

Photo credits: Storia e Memoria di Bologna


4 pensieri riguardo “Colera, 1855: flagellò il Pratello ma risparmiò via Paradiso

    1. Rileggendo, non posso che darti ragione. La chiusura è banalmente idiota, e non c’entra niente. Chiedo venia…

  1. Il primo caso non fu in via del Pratello, si veda la mostra 1855 Cholera morbus dell’Archiginnasio, con la riproduzione di documenti, da cui si trae questo brano:
    Nel registro del Lazzaretto compare il primo caso di colera a Bologna nel 1855: Francesco Mariotti, di anni 48, ortolano di Massa Lombarda (RA) viene ricoverato il 29 maggio e muore il giorno dopo. Era ospite di un’altra ortolana, abitante in via Caprarie 1257 (sul registro è via Zibonerie 1257, una laterale di via Caprarie ora scomparsa, corrispondente all’area dell’attuale Galleria del Leone). Il registro fornisce informazioni di importanza fondamentale per conoscere ad esempio le zone di maggior diffusione dell’epidemia, le classi sociali più colpite, e i tassi di mortalità in base al sesso e all’età.

    1. Giusto, Maurizio, chiedo scusa. Ho confuso Francesco Mariotti (caso del 1855) con Giovanni Vitali, primo caso del 1854. Grazie

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