Gianluca, Andrea, Alberto, Ursula, Elisabetta, Matteo, Emily…

Nomi? Nel centrosinistra sembrano ancora prevalere i programmi, grazie al cielo e pure alla terra. Quei nomi indicano idee e progetti comuni, non personalismi: le liste in nome di qualcuno, immaginato sempre come salvifico, quasi sempre finiscono nel nulla, se non in farsa o in tragedia. A Bologna questi nomi nei fatti indicano due possibilità: una giunta che guardi al centro e ai ceti moderati; un’altra di sinistra pura, che quasi solo a queste latitudini può provare a governare

di Giampiero Moscato e Aldo Balzanelli, giornalisti


Romano Prodi, quando ha lanciato l’idea di una “coalizione Ursula”, forse non immaginava (ma chi può dirlo?) che attorno a Mario Draghi, al soglio di Roma, si sarebbe seduta addirittura la Lega di Matteo Salvini. Qualcosa di più che un’anomalia. Un corpo estraneo rispetto ai partiti che al Parlamento europeo sostennero l’elezione della von der Leyen quale nuova presidente della Commissione: Pd, M5s e i Popolari europei, tra cui alberga l’ex vituperata Forza Italia. A questi, e a qualche partito di contorno come Leu e Calenda, pensava il padre dell’Ulivo.

Gianluca Galletti, ex assessore nella giunta di Giorgio Guazzaloca e poi ministro nei governi Renzi e Gentiloni, invece immagina un Governissimo anche sotto le due torri. Uno schema “Draghi alla petroniana” che a suo dire confermerebbe ciò che sostiene da tempo: che anche in questa città sia naturale che destra e sinistra (e il centro “ballerino”) mettano in campo una coalizione dei migliori, una squadra dei sogni che si formi prima di pensare al sindaco e che superi gli steccati ideologici. A detta dell’ex ministro dell’Ambiente, nome grosso vicino alla Bologna Civica di Giancarlo Tonelli, se Roma piange Bologna ha poco da ridere. Eppure proprio da Forza Italia, per bocca di Valentina Castaldini, arriva uno stop: «Invocare Ursula è una scusa per andare a sinistra da parte del centro. Qui il governo dei migliori è piuttosto un’alternativa alla sinistra. E poi Matteo Lepore non è Mario Draghi».

Eppure, anche a sinistra, sono in molti a pensare che Galletti abbia ragione, con la sua logica di un rassemblement delle competenze che come Wolf risolva i problemi: la coalizione larga – fino a pochi giorni fa si sarebbe detta “alla Bonaccini” – è quella che nel Pd sposano il parlamentare di lungo corso Andrea De Maria e l’aspirante sindaco Alberto Aitini, che se proprio dovesse scegliere rinuncerebbe alla Coalizione Civica di Emily Clancy per non fare a meno di Tonelli e dei ceti moderati, a suo dire poco rappresentati. Qualcuno ipotizza pure un ritorno sulla scena, alla guida di una coalizione Orsola (omaggio alla bolognesizzazione del nome), della parlamentare europea Elisabetta Gualmini, che pure si era auto-sfilata dalla corsa a sindaco in cui qualcuno l’aveva inserita, senza che lei vi si sottraesse. Ora sarebbe forte del vento europeo che soffia grazie a “Eolo” Draghi.

Al di là delle diverse concezioni del mondo, ci sono logiche diverse all’interno dello stesso Pd e alla sinistra del partito di maggioranza. A sinistra, in questa città – tornata a sembrare meno contendibile dalla destra di quanto non lo fosse la Regione appena un anno fa – in tanti vedono la possibilità di vincere senza problemi pur rinunciando al centro ma rilanciando temi tipici come ambiente, giustizia sociale, diritti, difesa dei ceti deboli. In pratica, provare a guidare la città con le proprie forze, magari in tandem tra quel Matteo Lepore che sembra rafforzare le sue chance quale candidato del Pd anche grazie all’endorsement finalmente pubblico del sindaco uscente Virginio Merola, e quella Emily Clancy che da molti è indicata come candidata indiscussa dell’area rossoverde in caso di Primarie di coalizione. Tanti ipotizzano e suggeriscono che infatti non dovrebbe affatto andare alla conta ma piuttosto allearsi con l’attuale assessore alla Cultura: un ticket tutto di sinistra per rilanciare Bologna come laboratorio di politiche progressiste.

Insomma l’alternativa in ballo – se da Roma non arrivano brutte notizie – è interessante: due modi di intendere la Bologna futura entrambi plausibili e per molti versi allettanti. Da un lato una coalizione che pende al centro e ai ceti medi (da sinistra qualcuno li chiama “poteri forti”), una soluzione che probabilmente placherebbe molte ansie di alcune aree dell’elettorato e che verosimilmente creerebbe qualche problema in più alla coalizione di centrodestra, al cui elettorato attingerebbe. Dall’altro un’alleanza tra una parte consistente dell’elettorato del Pd, della cooperazione – a partire dal colosso Unipol, per molti uno dei veri “poteri forti” della città, e non solo –, dell’associazionismo con la sinistra più movimentista e radicale, ambientalista e in molti suoi tratti antagonista: perderebbe voti al centro, recupererebbe probabilmente una gran parte dei reduci di una sinistra che fu e che ora galleggiano nella disillusione.


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