«Un NO deciso alla strategia del rifiuto delle “nomine di serie B”»

Donne e Governo: «Penso a quanto hanno fatto nel Conte 2 Sandra Zampa e Francesca Puglisi e credo che hanno inciso molto e bene nell’azione di governo in un momento difficile della nostra storia. Non condivido l’invito a non accettare incarichi di secondo rango dopo l’assenza di nomi femminili nell’Esecutivo Draghi. Pensando anche che a breve a Bologna ci sarà un importante appuntamento elettorale, credo sia invece il momento di invitare non solo il Pd a garantire uguaglianza nelle candidature»

di Alessandra Caporale, counselor e business coach


Dopo la delusione di parte dell’elettorato del Pd sulla scelta di non indicare donne per il governo Draghi, leggo da più parti un invito a non accettare “nomine di serie B” per manifestare marcatamente questo dissenso e lasciare gli uomini del partito soli davanti alle loro responsabilità. 

Penso subito a Sandra Zampa e a Francesca Puglisi, due donne di Bologna e del Pd, e alla competenza che hanno dimostrato al governo Conte 2 nei ruoli di sottosegretaria alla salute e di sottosegretaria al lavoro e alle politiche sociali. Erano posti di serie B, secondo questo schema, tuttavia la loro competenza e la dedizione al bene comune hanno inciso nella complessiva azione di governo, in un momento molto difficile della nostra storia.

Da donna, elettrice del Pd e iscritta al partito mi sono chiesta se una strategia del rifiuto corrisponda a ciò che desidero. Dopo molte riflessioni, e fatti i conti con la mia indignazione che vibra accanto a quella di generazioni di donne nella storia, la mia risposta è stata: NO.

No, tenendo conto anche del fatto che la nostra città si confronterà a breve con un importante appuntamento elettorale, e penso di interpretare sentimento e auspici di molte e molti di noi nell’invitare il Partito democratico e tutte le forze politiche a porre l’attenzione sui processi decisionali e garantire l’uguaglianza tra donne e uomini nelle candidature, rendendosi protagonisti di un cambiamento concreto, accettando la rottura di schemi consolidati di potere patriarcale e – a tratti – oligarchico, che ostacolano l’inclusione e la valorizzazione delle competenze di tante donne.

La cultura patriarcale, per quanto pervasiva e radicata nella notte dei tempi, non è un destino ineluttabile. Superarla è una sfida che riguarda tutte e tutti e nei prossimi mesi, a partire da Bologna, possiamo dimostrarlo.

Uomini e donne, in modi molto diversi, sono entrambi vittime di una concezione patriarcale che ridimensiona pregiudizialmente la “visione femminile” del mondo, della realtà e delle relazioni. Una concezione che ostacola la piena evoluzione dei contesti che viviamo, che ci porta ad abitare il mondo in modo incompleto e che priva, con dinamiche diverse, entrambi della libertà di esprimersi in modo autentico in quanto intrappolati in una suddivisione rigida di ruoli che utilizza le differenze in modo strumentale, anziché farne elemento di ricchezza.

Un vero cambiamento passa attraverso la consapevolezza e l’azione. Uscire dagli stereotipi è la sfida di ognuno, un atto incessante e senza tempo che si tramanda nelle generazioni e che rappresenta un processo di integrazione necessario per vivere la crescente complessità nella quale siamo immersi.

Se guardiamo alla storia dell’umanità, le radici di questa visione sono molteplici e hanno attraversato l’evoluzione nei secoli: è per questo che ritengo urgente partire e ripartire – ogni giorno – da una nuova educazione, in ogni luogo deputato a sviluppare l’identità personale e sociale di uomini e donne. Un’educazione che rimetta al centro, in modo radicale, la capacità di comprendere e sentire il valore della libertà, dell’uguaglianza e delle differenze.

Quest’operazione non può prescindere dall’attenzione a rinnovate forme di intelligenza emotiva e sociale, una competenza che agevola la conoscenza del proprio mondo emotivo e la capacità di riconoscere quello degli altri e che consente di muoversi nelle relazioni e nei contesti con maggiore attenzione ed empatia. Il passo successivo, è quello di orientare questa consapevolezza verso azioni concrete nelle nostre comunità per scongiurare il rischio che libertà, uguaglianza e inclusione restino solo concetti astratti come spesso, purtroppo, accade anche nei sedicenti luoghi del progressismo.

La condizione delle donne in politica – e più in generale nei luoghi di potere ad ogni livello – è ancora minoritaria in gran parte del mondo e una visione molto accurata la offrono i diversi osservatori esistenti (ad es. www.unwomen.org) che propongono politiche attive di empowerment femminile e monitorano le evoluzioni concrete di queste azioni in termini di incremento della rappresentanza nei diversi Stati.

Mi auguro che si possa andare oltre la tentazione di arenarsi sulle legittime rivendicazioni e che si continui a incidere in modo importante sulle cose che possiamo già cambiare, per dare piena voce alle differenti sensibilità e narrazioni del mondo, un processo indispensabile per crescere come comunità e per rendere vitale il concetto di pari opportunità rispetto alle differenze di genere e non solo.


Rispondi