«Il Tram ha perso 20 anni. Portiamo in piazza la carrozza San Ruffillo»

Nel 1963 prevalsero gli anti-tram. Lo stesso Dozza era incerto. Ci riprovò Vitali, ma la Sovrintendenza sostenne l’impossibile per bocciarne il ritorno.  Poi ci fu rifilato il “bidone” Civis. Irene Priolo, che ottenne i finanziamenti, fu “dirottata” in regione. Ora ci riprova Mazzanti. Urge una task-force, di cittadini, di esperti, di gente di spettacolo. Riportare quello splendido esemplare ora in mostra a Torino potrebbe aiutarci a vedere insieme passato e futuro del trasporto su binario

di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee”


Non voglio annoiare i lettori del Cantiere facendo le bucce al 95% delle inesattezze (spero dovute solo a non conoscenza) che da esponenti politici di centrodestra, e da qualche cittadino, vengono quotidianamente declinate contro la scelta tramviaria operata da Bologna: la cui responsabilità, caso mai, è di aver perso vent’anni.

Riannodiamo la bobina dei ricordi. Nel 1963, di fronte all’incipiente sempre maggiore mobilità privata, la rete tramviaria bolognese, per materiale rotabile e per tracciato dei binari, non era più sostenibile. Le opzioni erano solo due: o un grande investimento per il rinnovo dei mezzi, e della rete, o cancellare tutto e passare alla gomma.

La stessa Giunta era incerta: un vecchio comunista mi raccontò che anche il sindaco Giuseppe Dozza era dubbioso. Fece la differenza il gruppo dirigente dell’allora Atm, contrario al tram. Per amore della verità, nelle sue varie modifiche societarie l’Atm, poi Atc e Tper, è sempre stata, se non ostile, diffidente sul tema.

Ne è testimonianza la vicenda Civis. Infatti, vinte le elezioni del 1999, la nuova giunta di centrodestra, con i soldi già stanziati da Roma per il tram del sindaco Walter Vitali, con l’affettuoso aiuto di un parere esilarante dell’allora sovrintendenza (che negò l’evidenza: il tram infatti scarica il proprio peso sulle rotaie, le quali a loro volta sono isolate dal piano stradale, e provoca meno vibrazioni del passaggio di una utilitaria) passò al filobus Civis. Solo che la Commissione di collaudo ministeriale stabilì che il Civis era non idoneo a transitare nella pubblica via. Insomma, ci avevano rifilato un “bidone”.

Ci fu una inchiesta giudiziaria. Il buon Giorgio Guazzaloca, con la motivazione che non toccava a lui verificare la transitabilità del Civis, fu assolto. Ma lo furono pure i tecnici dell’allora Atc che erano andati in Francia a verificare ed erano tornati dicendo che tutto andava bene. Di chi fu la colpa? Non è dato a sapere. Intanto erano passati dieci anni, altri dieci furono persi dal centro-sinistra che per un periodo, tutt’altro che breve, esplicitamente sostenne che quello che ci voleva era solo un’estensione della rete filoviaria.

Va detto che la svolta avvenne con l’arrivo di Irene Priolo: grazie a lei, e all’allora ministro dei trasporti Paola De Micheli, arrivarono progetti e soldi. Forse per “premio” di quanto fatto – o per motivi misteriosi – Priolo sul più bello ha salutato tutti ed è andata in Regione. Oggi abbiamo Claudio Mazzanti, pupillo del sindaco Virginio Merola, che porta avanti con convinzione e determinazione il progetto tramviario: a lui si deve l’arrivo di finanziamenti per il progetto della linea 2.

Lo scenario sembrerebbe propizio per un cammino sicuro del tram ma – è una mia opinione: non certo per colpa di Mazzanti che, come al solito, cammina spedito – a mio avviso manca qualcosa. Anche i Quartieri si stanno muovendo: purtroppo da un po’ di tempo in questa città, dove sono nati, non è che contino molto, a causa di scelte “castranti” della Giunta comunale.

L’idea che qui propongo è quella di una task force – che affiancherebbe l’assessore o gli assessori competenti – fatta da cittadini, da uomini o donne di cultura, da storici ed esperti del trasporto pubblico (il tram è anche arredo urbano), da professionisti che colgano le ricadute sulle proprietà urbane lungo il tracciato. Ma soprattutto da gente di spettacolo per ideare eventi che accompagnino il progressivo avanzamento dell’opera.

Ho un’altra idea, mi rendo conto un po’ costosa, che si potrebbe attuare con l’aiuto di sponsor. A Torino, nel circuito dove nei giorni festivi circolano tram storici – alcuni ultra-centenari – circola pure, bello e rilucente, un tram classe 1934, modello a carrelli, uno di quelli che furono gli ultimi, nel 1963 a girare per Bologna. Nella mascherina c’è scritto “San Rufillo”. Se si riuscisse a portarlo a Bologna, in piazza Maggiore o nei pressi, intorno a quel tram si potrebbero organizzare eventi. Di memoria. E del futuro che guarda al nuovo tram in arrivo.

Photo credits: Associazione Torinese Tram Storici


3 pensieri riguardo “«Il Tram ha perso 20 anni. Portiamo in piazza la carrozza San Ruffillo»

  1. Sono una bolognese piuttosto interessata alle proposte di intervento sulla città. Sul progetto “tram”,che periodicamente riemerge nei piani urbanistici, non sono mai riuscita ad avere idee chiare. Responsabilità mia, certamente, ma anche il recente rilancio è poco documentato. Mi piacerebbe ricevere informazioni, piante del percorso, descrizioni, calendari dei lavori, cifre di costi e di risparmio energetico, incidenza di rumori e polveri sull’ ambiente. Sarebbe un bel modo di occupare il nostro tempo libero di confinati in casa.

  2. Le consiglio questa bella (e documentatissima) pagina Facebookhttps://www.facebook.com/groups/360127004064837

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