Pd: c’è da “vergognarsi” anche a Bologna

Se a Roma Zingaretti sbatte la porta e Letta si insedia con un’unanimità che cela l’ombra dei 101 affossatori di Marini e Prodi, sotto le due torri è scontro durissimo tra Merola e due assessori, tra cui Aitini: anziché scegliere tra lui e Lepore, la direzione deve rinviare ancora. La fortuna di una destra senza un rappresentante credibile resiste. Ma se scendesse in campo un nome credibile dal centro o dal campo progressista la ripartenza Dem sarebbe tutta in salita

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Il buon Nicola Zingaretti motivò le sue dimissioni inaspettate da segretario nazionale del Pd con queste parole: «Mi vergogno di appartenere …», una motivazione che gli ha procurato critiche da molti lati, interni ed esterni al partito. L’impressione di chi non è iscritto al Pd, ma che finora l’ha votato, è che non si è voluto capire quanta amarezza ci fosse in quella frase da parte di chi aveva dato tutto se stesso a fare di quel partito, ereditato al minimo storico dei suoi consensi elettorali, una forza popolare al servizio del paese e del bene generale.

Un generoso e apprezzabile impegno che è stato sistematicamente sabotato da quei capi corrente che fanno politica solo nel loro personale interesse di carriera e di poltrona. Il nuovo segretario Enrico Letta, nel segnare un’insperata discontinuità da quella storia fratricida del Pd, ha parlato al suo insediamento: «Voglio unità e non unanimità». La risposta della mastodontica Assemblea nazionale è stata l’unanimità, lasciando capire che la verità non è per una buona parte una parola “nobile”. I famosi 101 o 112 serial killer fanno capire che sono ancora lì e che hanno le armi sempre cariche, pronti a far fuori chi ostacola la loro bramosia di potere e visibilità.

Sarebbe una politica preventiva e cautelativa dalla faida interna se il nuovo segretario chiedesse ai suoi attuali parlamentari di dichiarare pubblicamente chi non è stato uno degli esecutori dell’affossamento della candidatura a presidente della Repubblica prima di Marini e poi di Prodi. Ma questo non avverrà e i soliti ignoti continueranno a tramare all’ombra dell’unanimismo. L’autorevole Letta avrà molto da lavorare, se eviterà trabocchetti e agguati, in particolare dovrà riportare il Pd nelle periferie delle città, nei territori delle province e tra la gente.

Nella federazione del Pd di Bologna è drammaticamente urgente che arrivi la svolta Letta e la sua mano di risanamento, mettendo fine allo spettacolo di questi mesi dei radicati e inamovibili capi e capetti delle tessere. Con Zingaretti mi permetto di dire che mi vergogno di quello che sta succedendo nell’interminabile percorso d’individuazione nel Pd locale del candidato a sindaco di Bologna.

Poco prima che si riunisse la sospirata direzione giovedì 18, da mesi sistematicamente rinviata nella ricerca della famosa unanimità sul futuro candidato, è arrivata la doccia fredda dell’ennesimo scontro tra dirigenti “blocca tutto”. Il sindaco uscente Virginio Merola ha usato parole più pesanti di quelle di Zingaretti contro gli attuali assessori della sua giunta Alberto Aitini e Davide Conte, il primo reo di aver usato i risultati della sua buona amministrazione per la personale campagna elettorale, schierando a suo favore l’assessore al Bilancio. Li ha apostrofati senza giro di parole con «vergognatevi» e «sleali». Le assenze dell’inviperito sindaco e dell’offeso Aitini non hanno permesso alla direzione di discutere sull’idea di città di Matteo Lepore e dello stesso Aitini, rinviando ancora una volta il dibattito e la scelta. Il massacro inestinguibile tra le correnti e i loro capi sta davvero facendo crollare la loro casa, se di casa si può parlare.

La fortuna di questo indecente Pd bolognese è l’assenza di una destra dotata di un’idea di città e di un rappresentante credibile. Però, la fortuna massima è che nella società civile nessuno dei suoi consistenti e apprezzati movimenti progressisti o di centro abbia la voglia e il coraggio di scendere in campo. Se avvenisse, la partita sarebbe tutta da giocare e non è detto che non possa essere vinta.

Il Pd non può portare all’estremo la contesa correntizia, perché se la fortuna finisse e uno degli autorevoli dei movimenti o della società civile si decidesse a candidarsi sindaco, per il partito di Letta a Bologna la ripartenza sarebbe tutta in salita.


3 pensieri riguardo “Pd: c’è da “vergognarsi” anche a Bologna

  1. ma scusate a quei tempi nel 2013 mi pare si fosse identificato ci fosse REnzi dietro ai “” famosi 101 o 112 serial killer fanno capire che sono ancora lì e che hanno le armi sempre cariche, pronti a far fuori chi ostacola la loro bramosia di potere e visibilità.”””

    adesso che e’ fuori dal PD orami da un pezzo e’ ancora colpa sua ? o nel frattempo ha fatto proseliti?

  2. Sottoscrivo ogni parola, virgole comprese.
    Si potrebbe tranquillamente sostituire la parola “Bologna” con “Rimini” e la sostanza non cambierebbe.
    Qualcosa dobbiamo pur avere fatto per meritarci questo

Rispondi