«Perché Wolf Bukowsky sbaglia sul 25 aprile al Pratello»

Nel libro del giornalista del collettivo Wu Ming ci sono affermazioni discutibili come quando contesta la scelta di parlare di Liberazione e insieme di lotta alla mafia: «Si straparla di legalità nel giorno in cui si fa memoria dei banditi che hanno coraggiosamente infranto la legge nazifascista». Nulla di strano: fascismo e mafia sono endogeni ma, per fortuna, combattuti. Non c’è incitazione a violare l’ordine. I partigiani si battevano contro l’orrore nazifascista, oggi vige la Democrazia

di Stefano Cavallini, cittadino


«Il Comune inizia a considerare la festa indecorosa, e le forze dell’ordine staccano multe ai pochi che, non trovando un bagno, come può accadere in una situazione tanto affollata, fanno pipì in una siepe o in un angolino; viene poi criminalizzato l’inevitabile accumularsi di bottiglie di birra e rifiuti».

La citazione è tratta dal libro di Wolf Bukowsky “La buona educazione degli oppressi – piccola storia del decoro”. Si tratta di un ottimo libro, che mette in rilievo come l’ideologia del decoro sia un dispositivo neo-liberista per emarginare i poveri e creare disuguaglianza. Tuttavia alcune affermazioni sono discutibili, come quelle sul 25 aprile festeggiato al Pratello. Consideriamo il passo sopra citato: siamo stati a due edizioni del 25 aprile al Pratello. Tutte le volte, come tutti, abbiamo bevuto e fatto pipì. Non abbiamo mai dovuto attendere più di un quarto d’ora per accedere al bagno, è bastato cercare i locali meno affollati. È vero che il Comune avrebbe almeno potuto piazzare dei bagni chimici, ma non c’è stato nessun bisogno di orinare “in una siepe o in un angolino”. Secondo, l’accumularsi di “bottiglie di birre e rifiuti” non è “inevitabile”, neanche in occasione di feste con grosse folle. Basta portarsi uno zaino da casa e infilarci le bottiglie finché non si trova un bidone vuoto. Oppure, addirittura, lo si può portare fino a casa e svuotarlo lì.

È vero che la gestione della spazzatura è un fatto collettivo, ma la sua produzione è personale. Qui Bukowsky sembra compiere un’apologia della sporcizia, perché i concetti di polizia e ordine sarebbero borghesi e quindi da rigettare. Lo sporco cioè, significherebbe libertà. Inoltre, dire che l’accumularsi di rifiuti è inevitabile, significa avere un’opinione bassa delle classi popolari, dipinte come incapaci di essere contemporaneamente vitali e divertirsi mantenendo la città pulita, di fatto incoraggiando lo stereotipo caro alle destre neo-liberiste secondo cui i poveri, a causa di “behavioural problems”, come dice Douglas Murray, sarebbero naturalmente sporchi e dediti al vandalismo. Vediamo un altro estratto dal libro:

«Va in scena il Venticinque aprile istituzionale. Non è solo ingessato e noioso, ma […] diventa vieppiù un racconto non della sconfitta del fascismo, ma della legalità. Si inizia tirando in ballo la mafia […]. Così, complice forse l’assonanza tra Libera e la liberazione, si esorcizza la criminalità organizzata in un’occasione in cui si dovrebbe ricordare altro […]; si straparla di legalità nel giorno in cui si fa memoria dei banditi che hanno coraggiosamente infranto la legge nazifascista».

Primo, è ovvio che un 25 aprile istituzionale sia ingessato, visto che i rappresentanti delle istituzioni non possono ballare, suonare e ubriacarsi come in una festa popolare. Comparare due cose così diverse per sminuire la prima a vantaggio della seconda non ha senso. Bukowsky condanna il fatto che la festa del 25 aprile diventi la festa della legalità. Ci sarebbe cioè un complotto delle istituzioni per educare i cittadini all’obbedienza all’autorità attraverso la scusa della lotta alla mafia, giocando tra l’assonanza tra Libera e Liberazione. Qui si palesa il vizio storico della sinistra radicale, che è la tendenza al complottismo. Una volta era lo Stato Imperialista delle Multinazionali di Eco, oggi è Libera.

Noi non vediamo nulla di strano che nella giornata del 25 aprile si parli di mafia, perché come il fascismo è un fenomeno endogeno all’Italia, creato da italiani e da essi combattuto. I parallelismi ci sono, dunque ben venga il parlarne. Secondo, non si può incitare la folla a infrangere la legge solo per emulare i partigiani, anche perché la legge dell’epoca era quella nazifascista, mentre l’odierna è quella di un paese democratico.

In definitiva, ci sembra che la visione di Bukowsky sia troppo viziata da una retorica ideologica massimalista e drammatizzata. Detto questo, viva il 25 aprile e il Pratello, che resti per sempre una festa popolare.


2 pensieri riguardo “«Perché Wolf Bukowsky sbaglia sul 25 aprile al Pratello»

  1. Molto ben detto Stefano, pienamente d’accordo.
    Non siamo animali con la necessità e l’istinto di marcare il territorio.
    I nostri rifiuti sono una nostra responsabilità individuale, chi abbandona una bottiglia per strada reca offesa alla città, a me e a tutti e accolla un costo per la sua rimozione anche a chi si sentirebbe in colpa nel non raccogliere uno scontrino scivolato dalla tasca.
    Dunque, per pudore, non si parli di criminalizzazione!
    Se finalmente fossero applicate sanzioni, anche minime, ma sistematiche e costanti, per i diffusi comportamenti incivili, potremmo godere senza magoni della bellezza straordinaria di questa città, che ci viene offerta a gratis, solo passeggiando e rimirando.
    Senza puzza di urina, senza tag e imbrattamenti insensati, senza veicoli (da bici e monopattini in sù) incuranti dei pedoni, senza i cumuli di cartoni non schiacciati dai commercianti, senza spargimento mattutino dei postumi notturni, senza le auto di alta gamma dei furbetti parcheggiate impunemente, tipo accanto al prezioso portico di San Giacomo in via Zamboni, e chissà in quanti altri luoghi delicati e interdetti.
    Siamo italiani (e non solo), da sempre avvezzi a cercare una raccomandpazione, una propria scappatoia individuale. L’assenza di controlli ormai abituale degli ultimi 20/30 anni è una vera pacchia per i furbetti…. quasi quasi mi faccio furbetta anch’io!

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