Lunga è la strada per i diritti dei migranti

L’ultimo Decreto del Ministero dell’Interno è un timido passo avanti, ma bisogna fare di più. Servirebbe una revisione complessiva della legislazione vigente che preveda anche un aggiornamento della legge sulla cittadinanza e la cancellazione degli accordi con la Libia

di Annamaria Margutti, delega immigrazione Cdlm Cgil Bologna


Nonostante la discontinuità sbandierata in questi mesi dal governo, con il cosiddetto “Decreto Immigrazione” (D.L. 130/2020) poco cambia sulle misure in materia d’immigrazione rispetto ai “Decreti Salvini”, e in particolare rispetto alla possibilità per le persone immigrate provenienti dai paesi extra Ue di regolarizzare la propria condizione. 

Le modifiche apportate restano infatti nel solco del Testo Unico dell’Immigrazione del 1998, così come modificato dalla legge Bossi-Fini del 2002, che sarebbe necessario superare per permettere la regolarizzazione di chi non ha un permesso di soggiorno e diventa, suo malgrado, irregolare. La legislazione infatti non è adeguata rispetto agli attuali flussi migratori.

Parliamo di un fenomeno che ha un grosso impatto sul nostro territorio. Secondo il Report immigrazione Emilia-Romagna 2020 sono 420.312 i cittadini extra Ue con regolare permesso di soggiorno in regione, dei quali 133.067 con permessi diversi rispetto al Permesso di lungo periodo Ue, e cioè che si devono rinnovare ogni uno o due anni circa. Nella sola area della Città Metropolitana di Bologna, i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nel 2020 erano 78.016. Impossibile stabilire con certezza il numero di quelli irregolari.

Le modalità di entrata previste dall’attuale legislazione creano esse stesse irregolarità, rendendo le persone dipendenti da caporalato, delinquenza e sfruttamento. Il visto per entrare nel nostro Paese, infatti, deve essere coerente con la tipologia di permesso richiesto. L’entrata o la permanenza per lavoro sono quasi impossibili, perche collegate ai “Decreti Flussi”, limitati negli anni e nel numero di permessi per lavoro, oppure alle modalità definite dai Decreti per la sanatoria, anch’essi eventi eccezionali. L’ultima sanatoria era prevista da giugno ad agosto del 2020, a circa 9 anni dall’ultima, e le categorie ammesse erano solo quelle del lavoro domestico, dell’assistenza familiare e del lavoro agricolo, previa volontà di regolarizzazione del datore di lavoro. 

La novità del “Decreto Immigrazione” riguarda innanzitutto l’istituzione del permesso di protezione speciale (ex permesso umanitario) esteso anche ai casi in cui l’allontanamento dello straniero comporterebbe una violazione del diritto alla sua vita privata e familiare, tenendo conto del suo effettivo inserimento sociale.

Il permesso di protezione speciale per il cittadino straniero che vive stabilmente in Italia, magari con la famiglia, è un riconoscimento di un diritto importante  e attiene anche al fatto di non essere espulso e rimpatriato. Un permesso rivolto ai settori più marginali della società, a coloro che non riescono ad avere un rapporto di lavoro stabile ma che non hanno più legami con il paese di origine. Purtroppo le Circolari Ministeriali in merito alle modalità di presentazione della domanda si sono rivelate contraddittorie tra loro e rispetto alla legge, rendendo complicata l’effettiva esigibilità di questa tipologia di permesso politicamente rilevante.

Un altro elemento molto apprezzabile del Decreto è l’ampliamento della possibilità di convertire alcuni permessi di soggiorno in permesso di lavoro, come ad esempio il permesso di protezione speciale, per assistenza minori (concessi dal Tribunale ai genitori con figli inseriti nel percorso scolastico), per attività sportiva e lavoro artistico, per motivi religiosi  e per residenza elettiva. 

È stata inoltre ripristinata con chiarezza la possibilità di iscrizione della residenza per i richiedenti asilo, che consente l’esigibilità della tessera sanitaria e di tanti altri diritti, risultato anticipato dalla sentenza della Corte Costituzionale, da molte intese sottoscritte dalla Cgil di Bologna con alcuni Comuni della Città metropolitana, e da vertenze patrocinate dall’associazione Avvocato di Strada.

Per quanto riguarda le Ong le multe sono state ridotte da 1 milione a 50.000 euro, ma rimane l’obbligo di rivolgersi alla guardia costiera libica se competente per area. In sostanza rimane l’ingiusta penalizzazione dell’azione delle Ong come denunciato dalle reti dell’associazionismo e dalla stessa Cgil.

Nota positiva anche il ripristino dell’accoglienza diffusa e dei servizi d’integrazione (insegnamento dell’italiano, mediazione culturale, ecc.) aboliti dai “Decreti Salvini”, che avevano buttato sulla strada e nell’irregolarità decine di migliaia di persone (dai richiedenti asilo ai titolari dei permessi umanitari) tagliando i finanziamenti rivolti alle attività di integrazione. Questo Decreto ripristina l’accoglienza diffusa, sebbene a “invarianza di spesa” e con l’adesione al Sistema di Accoglienza e Integrazione ancora volontaria da parte  dei Comuni che, senza risorse aggiuntive, di certo non saranno incentivati ad aderire. 

Resta la legge sulla cittadinanza è da rivedere, così come la legislazione complessiva che regola l’immigrazione. Infine ci sono gli accordi con la Libia da cancellare, per evitare che i migranti siano riportati nei centri di detenzione e tortura libici.

Insomma qualsiasi cosa si pensi di questo Decreto sul tema dell’immigrazione, pur migliorato anche grazie all’intervento della Cgil, c’è ancora moltissimo da fare.


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