Città Metropolitana, quanti danni da un moralismo anti politico

Dal 2014 è in vigore un enfatico Statuto della città metropolitana che si sovrappone al reticolo istituzionale lasciandolo immutato: i consiglieri e gli organi esecutivi sono costretti a far “volontariato”. Chi si impegna va elogiato ma è inevitabile che la conoscenza del territorio sia pari a zero: la dimensione metropolitana è ininfluente. Ci sono eccellenze ma è il “contesto” a turbare, per riprendere un’intelligente locuzione di sintesi nel centenario della nascita di Leonardo Sciascia

di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico


Le considerazioni critiche che seguono non ledono la stima verso i dirigenti e funzionari della Regione, dalla Provincia e dei Comuni che hanno cercato di misurarsi con le astrusità della legge 56 del 2014 cosiddetta Legge Del Rio.

Aldo Balzanelli prima (Pilastro, il valore dei Quartieri) e Angelo Rambaldi poi (Per rafforzare le comunità, recuperiamo i Quartieri) hanno svolto riflessioni interessanti. Le assumo come stimoli utili.

Da fine dicembre 2014 è in vigore lo Statuto della città metropolitana, che ha addirittura rango costituzionale. Uno Statuto enfatico che si sovrappone al reticolo istituzionale lasciandolo immutato: i consiglieri e gli organi esecutivi fanno “volontariato” in virtù di un moralismo anti politico.

Ne consegue che la conoscenza della città metropolitana bolognese è pari a zero. Il che non significa che i territori della pianura, della montagna, della cintura non siano vitali; ma vivono di luce propria nel bene e nel male. Qualificato è il tessuto produttivo con punte di eccellenza internazionale, vive sono le attività culturali, di volontariato e religiose. Ma la dimensione “metropolitana” è del tutto ininfluente.

Nella città capoluogo i “quartieri” sono disegnati male, in modo burocratico. La dimensione comunitaria va per conto suo, nei rioni, nei borghi, in spontanei luoghi di aggregazione. Ciò determina una sorta di “spaesamento” istituzionale del tutto incomprensibile alla gente, ai cittadini e alle cittadine.

Sia chiaro: chi si impegna in questi compiti va elogiato; per la dedizione che offre alla comunità; però rischia di girare a vuoto. Nel complesso, nel dopo Covid, tutto è più complicato. Le sofferenze aumentano con le diseguaglianze sociali e fenomeni patologici connessi all’immigrazione. Non parliamo poi delle movide note e meno note.

Un disagio profondo percorre la nostra realtà anche perché non c’è più la “politica” come dimensione superiore di vita collettiva e di speranza individuale. I partiti, anche il Pd, sono organismi burocratici percorsi da “trasformismi” spettacolari e ingessati in clientele chiuse in se stesse, particolari e a volte truccate da presunte Agorà.

Sono pessimista? Sì… Almeno per il prossimo futuro della nostra dimensione istituzionale; so anche che ci sono le scuole, l’università, molti centri di ricerca, una sanità di prim’ordine. Ma è il “contesto” che mi turba, per riprendere una intelligente locuzione di sintesi nel centenario della nascita di Leonardo Sciascia.


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