Zan e oltre Zan: diritti e ribellione

Riconoscere le prerogative individuali, anche quelle relative alla sicurezza e all’integrità personale come fa il ddl Zan, allarga il perimetro del benessere e della libertà a chi non ha privilegi. Rivolta Pride, con lo slogan #moltopiùdizan, si colloca in un altrove in gran parte da scrivere ma che lascia intuire come sotto la pelle della società italiana ribollano bisogni e desideri, si mescolino sofferenze e insofferenze, linguaggi e corporeità eversive

di Beppe Ramina, giornalista


Bene fa Pier Francesco Di Biase a ricordare che “mettere i piedi sulla terra” deve significare occuparsi, assieme, di diritti individuali ed equità sociale. Chi li mette in contrapposizione – molta destra, certa sinistra – non coglie il fatto che l’estensione della sfera dei diritti individuali va in soccorso di chi è economicamente e socialmente più svantaggiato: chi detiene poteri possiede privilegi.

Il regista Franco Zeffirelli era contrario alle unioni civili e al matrimonio egualitario. Risolse la questione adottando i due uomini ai quali era legato sentimentalmente. Chi abbia denaro a sufficienza e decida di porre fine alla propria vita si reca in Svizzera e con diecimila euro può farlo.

Chi desideri un figlio attraverso la gestazione per altri (coppie eterosessuali, tante, e coppie omosessuali, poche) vola in California dove la pratica è ben regolamentata e con un esborso piuttosto consistente per la permanenza in loco, le spese mediche e il rimborso dei mesi di non lavoro alla gestante, torna in Italia con la prole avendola legittimamente riconosciuta negli Stati Uniti (per poi affrontare, nel caso delle coppie dello stesso sesso, una battaglia legale per il riconoscimento della doppia maternità o della doppia paternità).

Chi era ricco e aveva problematiche psichiatriche non finiva nei manicomi che abbiamo conosciuto fino agli anni Ottanta del secolo scorso quando la legge Basaglia iniziò a venire applicata – spesso veri e propri lager, nel migliore dei casi luoghi di contenzione dove trascorrere l’intera esistenza – ma  andava in cliniche private dove riceveva attenzioni più appropriate e gentili.

Chi era benestante non ricorreva alle cosiddette mammane per abortire, ma lo faceva in luoghi e mani sicure, magari all’estero, comunque tenuta al riparo dai danni dell’aborto clandestino. Chi voleva mettere fine a un matrimonio che provocava sofferenza e disagio e aveva buoni agganci si rivolgeva alla Sacra Rota. E per secoli la chiesa cattolica, fino allo scisma anglicano, causato proprio da una questione matrimoniale, e a quello luterano, ha detenuto in Europa il potere di benedire oppure no le unioni e le alleanze tra casati monarchici e di sciogliere tali vincoli. Un potere enorme.

Riconoscere i diritti individuali, anche quello alla sicurezza e all’integrità personale come fa il ddl Zan, allarga il perimetro del benessere e della libertà alle persone che ne sono escluse. Ed è un riconoscere diritti già stabiliti con la Costituzione Italiana ma inapplicati, non la graziosa concessione di privilegi a sudditi.

Infine, qualche annotazione su Rivolta Pride. Al di là dei numeri, comunque molto abbondanti (noi vecchie attiviste, incrociandoci, non facevamo che dire quanto sia cambiato da quelle prime manifestazioni di 40 anni fa, quando si era cento o duecento da tutta Italia – ma gli abbigliamenti si somigliavano), Rivolta Pride ha visto in strada giovani e giovanissime, tantissime donne e una esplicita carica di ribellione che si è espressa anche nei modi di vestire e di svestire, di mescolare e ridisegnare i generi e nel legame dichiarato tra le lotte per le libertà individuali e l’insofferenza verso le disuguaglianze e le ingiustizie sempre più vistose che la pandemia ha accentuato. E in parti delle quali ancora bruciano gli sgomberi effettuati dall’amministrazione comunale, capace di sprechi sociali e culturali enormi, di realtà come XM24 e Atlantide.

Il Pride-sfilata degli anni scorsi, comunque molto significativo e incubatore di pensieri nuovi, si collocava in un ambito più prevedibile. Rivolta Pride, anche con la scelta di non accettare sponsorizzazioni di imprese e presenze istituzionali o partitiche, si colloca altrove, un altrove in gran parte da scrivere ma che lascia intuire come sotto la pelle della società italiana ribollano bisogni e desideri, si mescolino sofferenze e insofferenze, linguaggi e corporeità eversive che del tutto improbabilmente – dissento in questo da Di Biase – questa sinistra italiana, impregnata com’è dei dogmi neoliberisti e di una visione “perbenina” delle società, potrà cogliere ed accogliere.

Photo credits: Ansa


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