Il fascino discreto della Feria d’agosto

Le città appaiono vuote. A Bologna l’immagine apparente è di silenti strade e di piazze deserte. Un muto splendore almeno nella dimensione medioevale. Ma i Comuni della area metropolitana, d’agosto, sono vivi. Così è per la ‘pianura’, per la ‘cintura’ e per quella che impropriamente chiamiamo ‘montagna’. È un momento dell’estate ben descritto da Pavese e incarna il mito della civiltà contadina verso la quale siamo tutti debitori

di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico


In agosto le città sono vuote; meglio: appaiono vuote. Tante solitudini si nascondono; anche nella nostra città, a Bologna. Ma l’immagine è di vuote strade e di piazze deserte. Un muto splendore almeno nella dimensione medioevale.

Ma i Comuni della area metropolitana, d’agosto, sono vivi. Così è per la ‘pianura’, per la ‘cintura’ e per quella che impropriamente chiamiamo ‘montagna’. La Feria d’agosto, descritta da Pavese prima dell’avvento della Repubblica, incarna il mito della civiltà contadina. Bologna capoluogo è debitrice storica della civiltà contadina nelle sue varie forme storiche.

Ma c’è dell’altro. Ogni Comune è un insieme straordinario di Borghi, di frazioni, di luoghi nascosti di vita. E poi ci sono le sagre e le Fiere, alcune molto famose. Tante piccole città, vissute frazioni, compongono e animano le Città-paesi.

È una vitalità che andrebbe riscoperta e rilanciata. E poi ci sono le feste delle Parrocchie, molto diffuse e partecipate. Non da ultimo ci sono poi le feste dell’Unità che furono pensate e volute dal Pci quando decise di farsi partito di massa e di popolo; il suo segreto: quello della ‘via italiana al socialismo’. Una scommessa non ambigua.

La ‘Feria’ è stata per Pavese il ‘mito’ che è di tradizione, valore grande per la civiltà materiale. La realtà bolognese d’agosto ha anche questi connotati; ha questo fascino profondo, non effimero.

Photo credits: Ubaldo Bitumi


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