Il 3 ottobre? Sarò via

Andare alle urne quando il giorno dopo è San Petronio? Meglio un lungo ponte, penseranno in molti, tanto l’esito è già scontato. I sondaggi su Lepore, la debolezza del centrodestra e la crescita dell’astensionismo. Sindrome da asfissia

di Massimo Gagliardi, giornalista


«Matteo Lepore viaggerebbe attorno al 57 per cento. E se la percezione di una gara già vinta dovesse deprimere un centrodestra arrivato incerto e diviso alla candidatura del civico Fabio Battistini…».

Così Silvia Bignami su Repubblica, citando stime e opinioni di vari sondaggisti. Si parla addirittura di un distacco di venti punti, e cioè di Battistini sotto il 40. Non saranno venti? Comunque potrebbero essere tanti. Quindi, onore a chi si batte da solo e con tanto coraggio contro un avversario descritto così forte.

Quello che ci interessa sottolineare, però, non è tanto la previsione, a volte fallace, quanto un rischio che è quasi una certezza: la diserzione delle urne.

L’ultima volta, per il Merola-bis, andò a votare il 59 per cento dei bolognesi. Più della media nazionale ma poco per Bologna. 

E il 3 ottobre? Lo scopriremo. Chi è più incline all’astensionismo, storicamente, è l’elettore di centrodestra, soprattutto quando sa che il suo non è un candidato forte.

Il caso “Bonaccini I” lo dimostra. Al suo primo mandato, l’attuale governatore fu votato da una percentuale davvero esigua, il 49 per cento del 37 per cento dei votanti, cioè 615mila su un totale di 1 milione 255mila. Il centrodestra candidava l’attuale sindaco di Ferrara, il leghista Alan Fabbri. Alle precedenti regionali si era recato alle urne invece il 68 per cento degli emiliano romagnoli. 

Quando non hai speranze non hai voglia di giocare la partita. Non ti impegni per l’altro, non c’è adrenalina insomma. E non vai a votare.

Tradotto: il 4 è san Petronio ed è un lunedì. «Da venerdì 1 ottobre a San Petronio è più di un week-end, è un lungo ponte – qualcuno già commenta – I figli non vanno a scuola e Lepore ha già vinto. Che senso ha perdere una bella gita per un esito già scontato?».

E allora via dalle urne, andiamo a goderci l’ultimo scampolo di mare o una città d’arte, una mostra in Veneto, o una biciclettata sui laghi. Ora, che siamo nel mezzo dell’estate, alla fuga di ottobre ci pensano in pochi, ma c’è già chi la chiama diserzione. Sbagliato.

Quella che è una fuga tradisce invece una triste voglia d’aria fresca, una fuga dall’asfissia di una città che, vista dall’altra metà del cielo, da quel 40 per cento dei suoi cittadini che non vota a sinistra, non cambia mai.

Di una città bella, ricca e produttiva, con verdi periferie, con donne e uomini di valore ma nella quale non c’è mai la gioia dell’alternanza, il sale della democrazia. Il che spinge queste persone a isolarsi, a rifugiarsi nelle nicchie del privato; «tanto vincono sempre loro». Peccato che la nicchia, se non è dorata, spesso è l’anticamera della depressione.

Non citerò Tocqueville, anzi il politico cinico mi dirà che queste belle frasi sul sale della democrazia si trovano solo nei trattati di scienze politiche, dove tutto segue la logica del pensiero tranne che il principio di realtà. 

Vero. Ma ostino a ritenermi un inguaribile ottimista.


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