Ad Antonio Aldini vanno riconosciuti i molti meriti che ebbe per il “progresso” della città. Ma con l’acquisto a prezzi di molto favore dei beni ecclesiastici, bisogna riconoscere che ebbe anche non pochi meriti verso se stesso. Coerente con quella sua attività “imperiale”, alla caduta di Napoleone preferì finire i suoi giorni all’ombra dell’Imperial Regio Governo Austriaco
di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee”
La ristrutturazione e restituzione a Bologna di Villa Aldini è una gran bella notizia, e vanno ringraziati tutti quelli che da anni se ne sono occupati. Ma andiamo alle origini.
Nel 1805 Napoleone, oramai Imperatore, si trovava a Bologna. Risiedeva a Palazzo Caprara, oggi sede della Prefettura, con la consorte Giuseppina. Il 24 Giugno, dopo essere andato di buon mattino fuori porta San Felice verso quelli che, già allora, si chiamavano Prati di Caprara, per tre ore passò in rivista le sue truppe, poi, in compagnia dell’Imperatrice, con un tiro a sei cavalli si è recò a Mezzaratta, su per la strada dell’Osservanza, ospite a pranzo del già Senatore (Napoleone soppresse il Senato bolognese) Marescalchi.
Anche se non esiste documentazione scritta – nemmeno il “Diario bolognese” (1796 – 1818) di Giuseppe Guidicini ne parla – una diffusa tradizione orale riporta che da villa Marescalchi Napoleone sarebbe salito fino all’erta del colle. A quel tempo vi era lì una piccola chiesa con annesso convento, la Madonna del Monte. Questa chiesa era presente sin dal 1116, ampliata fra il XV e il XVI secolo, vi dimorò per breve tempo anche San Domenico. Giunto alla sommità del colle e espressa meraviglia per il panorama della città che da quel luogo si ammirava, avrebbe esclamato “Qui ci starebbe bene una villa!!”.
Dell’augusta compagnia dell’Imperatore faceva parte anche l’Avvocato Antonio Aldini, a quel tempo già Ministro di Napoleone. Udito quest’auspicio, appena Napoleone se andò da Bologna (dove non sarebbe mai più tornato) l’Aldini non perse un minuto. Per evitare faticosi trasbordi di materiale, procedette a tambur battente e, dopo aver sloggiato i frati, atterrò il convento e la chiesa della Madonna del Monte e buona parte del vicino convento di San Paolo in monte detto comunemente, ancora oggi, dell’Osservanza. Alla fine il risultato fu un’eccellente costruzione, appunto Villa Aldini, che ancora oggi rappresenta una dei migliori esempi di architettura neoclassica a Bologna.
Poi Napoleone cadde, e l’interno rimase in gran parte incompiuto. l’Architetto fu Gaspare Nadi, il rilievo del timpano che rappresenta Giove nell’Olimpo (allusione evidente a Napoleone) è di Giacomo De Maria (non credo avo dell’attuale On. De Maria, inventore dei “campi larghi”). Delle strutture originali si salvò soltanto l’antichissima rotonda romanica, alle spalle della villa, pure quella bisognevole oggi di restauri.
In quest’occasione, riguardo alle passeggiate napoleoniche in quel 1805 a Bologna vorrei ricordare un pericolo scongiurato per la chiesa e il convento di San Michele in Bosco. Pochi giorni prima della salita all’Osservanza, Napoleone si trovò ai piedi del colle di San Michele in Bosco, dove l’attuale via Codivilla inizia la salita. L’Imperatore, fra l’ammirazione del suo seguito, che però si guardò bene dall’imitarlo, s’inerpicò a cavallo sulla ripida salita del colle e giunse così sul piazzale accanto della chiesa, dalla quale uscì un pretino cui Napoleone diede una cospicua elemosina.
Il grandioso edificio del Convento, dopo la cacciata dei monaci e la razzia di tutto quello che era asportabile, comprese opere e arredi della chiesa, fu trasformato in carcere, maschile e femminile, e vi furono ospitati più di mille detenuti. I grandi ideali rivoluzionari portarono anche un forte aumento delle incarcerazioni. Ma a differenza di quello che accadde sul colle dell’Osservanza, Napoleone era giunto in vetta da solo e non espresse a nessuno la propria meraviglia per il bel panorama che pure si vedeva dall’altura di San Michele in Bosco. Fu dunque scongiurato il pericolo che lo stesso Aldini o qualche altro nobile al seguito procedesse a buttar giù anche chiesa e convento di San Michele in Bosco , per poi farci un’altra villa…
Ad Antonio Aldini è attribuito il suggerimento che convinse Napoleone, sin dal 1796, all’esproprio di tutti i beni, conventi, palazzi, chiese e tenute agricole di proprietà ecclesiastica, in parte poi utilizzate come caserme ma in misura maggiore vendute all’arrembante borghesia in ascesa, per far soldi da destinare alle spese belliche. Mi pare un’accusa eccessiva: la spoliazione dei beni alla Chiesa, opere d’arte comprese, fu una caratteristica di tutta l’occupazione francese in Italia, ma anche in tutti gli altri Paesi conquistati. Non può dunque essere attribuita solo a un suo Ministro quale era Aldini.
Come Ministro di Napoleone, ad Aldini vanno riconosciuti i molti meriti che ebbe per il “progresso” della città. Ma con l’acquisto a prezzi di molto favore dei beni ecclesiastici, bisogna riconoscere che ebbe anche non pochi meriti verso se stesso. Alla fine della tempesta napoleonica, che certo ebbe anche esiti positivi, Antonio Aldini preferì abbandonare la città e finire i suoi giorni all’ombra dell’Imperial Regio Governo Austriaco, spegnendosi all’età di quasi settantuno anni a Pavia.
In copertina: Giacomo De Maria, Ritratto di Antonio Aldini (ca. 1805). Photo credits: Genus Bononiae