Tra esoneri ed etica, il Bfc non decolla

«Ogni anno l’andamento è quello del male in peggio, obbligando di volta in volta a un campionato per la non retrocessione in B. Un esempio di questo andazzo è la discutibile gestione della direzione tecnica dovuta, forse, a un’impostazione priva di un’idea etica dello sport. Questo, che non esito a definire cinismo tecnico e manageriale, ha portato alcuni allenatori anche di caratura internazionale come Roberto De Zerbi a una decisa presa di posizione»

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Per i dirigenti le sconfitte del Bologna Fc sono incomprensibili, a loro dire non ne capiscono le ragioni. In realtà sono l’esito di un’idea distorta della proprietà e della direzione tecnica della squadra. Nelle prime tre partite, contro Empoli, Juventus e Sampdoria, il nuovo allenatore Thiago Motta non ha per ora risolto la crisi che aveva portato alla frettolosa sostituzione di Sinisa Mihajlovic, ormai un mese fa.

Già Paolo Zanetti, allenatore dell’Empoli, aveva commentato la vittoria contro il Bologna ricordando Sinisa, per lui un grande allenatore e uomo. Grandezza non apprezzata nell’ultimo anno dalla proprietà e dalla dirigenza della società Bologna Football Club. Va ricordato che il Club ha deciso di esonerarlo dall’incarico di allenatore rifiutando, nonostante i tre anni di onorata attività, la richiesta di Sinisa di poter avere tempo adeguato per il rilancio della squadra. In considerazione anche del fatto che, come giustamente sottolineato da Andrea Femia all’indomani dell’esonero del tecnico serbo (“Trovare il senso calcistico dell’esonero di Sinisa”) i migliori giocatori erano stati venduti e che gli acquisti non erano all’altezza delle sostituzioni.

Ogni anno l’andamento è quello del male in peggio, obbligando di volta in volta a un campionato per la non retrocessione in B. Un esempio di questo andazzo è la discutibile gestione della direzione tecnica dovuta, forse, a un’impostazione priva di un’idea etica dello sport. Questo, che non esito a definire cinismo tecnico e manageriale, ha portato alcuni allenatori anche di caratura internazionale come Roberto De Zerbi a una decisa presa di posizione.

Tanto Zanetti quanto De Zerbi hanno dimostrato di essere professionisti dai sani principi, che sanno fare dei valori una componente organica della loro attività sportiva. Sanno evidentemente che la squadra prima di schierarla in campo devi motivarla, devi fare i conti con la psicologia dei singoli giocatori, devi trasmettere a ognuno di loro sicurezza di ruolo e visione di gioco. E che occorre formare prima delle persone poi dei professionisti del pallone. Solo se l’allenatore sa fare tutto questo ed è un tutt’uno con la squadra in allenamento, in partita e fuori dal campo, riesce a creare un gruppo fortemente competitivo. Gli schemi tattici sono importanti e decisivi ma non quando s’impone ai propri giocatori di essere dei birilli o delle pedine dai movimenti automatici. Una squadra è fatta da persone uniche che vanno rispettate se si vuole formare un gruppo affiatato l’uno per l’altro e tale da dare la parte migliore di sé nella competizione.

Paolo Zanetti, Roberto De Zerbi e Sinisa Mihajlovic condividono queste idee del gioco del calcio, sono persone che si richiamano al rispetto umano e ai saldi principi etici, aspetti rari in un mondo dominato dal business di grandi gruppi industriali o finanziari, nazionali o stranieri. I tre allenatori, e gli altri pochi come loro, navigano controcorrente, lo sanno e non si allineano. Sono esempi di alta professionalità che difendono e vorrebbero fosse rispettata, anche da chi considera lo sport un affare, o peggio un mercato dove conta solo la voce del padrone e i provvedimenti dei suoi fedeli esecutori.

Photo credits: Repubblica.it


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