«È dovuto fuggire da un Paese distrutto dalle bombe, dove studiava Farmacia e si pagava gli studi facendo il cameriere e il taxista per aiutare i fratellini in Marocco. Lo ha fatto come tanti coetanei, accolti come si deve in altri paesi e, nonostante un vuoto normativo, anche in altre città italiane. Qui da noi non ha un codice fiscale: non può lavorare né studiare. La Commissione territoriale asilo ha respinto le sue istanze. Faremo ricorso, ma è depresso e non vuole più vivere. Aiutiamolo»
di Francesca Lenzi, architetto
Caro Cantiere, guarda cosa succede nella città di Bologna!
Ismail Azouzi, 23 anni, studente di Farmacia in Ucraina con permesso di soggiorno regolare, allo scoppiare della guerra viveva già una vita completamente diversa da quella che faceva in Marocco. Era riuscito a coronare i suoi sogni, in un paese che gli aveva dato molte opportunità.
In poco più di un anno, Ismail, che parla cinque lingue, si era già costruito un futuro promettente: oltre a studiare, lavorava come cameriere e faceva il taxista, avendo conseguito la patente internazionale. Era anche riuscito a comprarsi un’auto propria. I suoi genitori, per consentirgli una vita migliore, avevano sottoscritto un mutuo di ventimila euro, senza avere possibilità di altra restituzione se non eventualmente tramite il lavoro del figlio. Ismail, regolarmente, ogni mese, oltre a restituire la rata, mandava denari alla famiglia e soprattutto in aiuto ai due fratelli più piccoli.
Questo ragazzo, allo scoppiare della guerra, ha dovuto abbandonare tutto, come tanti altri ragazzi. I suoi coetanei, scappati insieme a lui e che si sono fermati in Francia, Germania e Spagna, sono stati inseriti nelle varie Università, sono stati accolti come si deve dai vari paesi. Anche in Italia. Ma non a Bologna. L’assurdità maggiore infatti è che altre città italiane, nonostante il vuoto normativo, hanno accettato studenti “esteri” come lui dandogli un codice fiscale e la possibilità di studiare o lavorare. Ismail è ben nove mesi che è a Bologna, la nostra città. Ma qui non può lavorare, né studiare. Non può fare nulla. Capirai, caro Cantiere, che ora versa in una profonda depressione. Anche perché gli sono state rifiutate dalla Commissione Territoriale Asilo di Bologna due diverse istanze. Proprio domani tramite un legale faremo il primo ricorso in Tribunale, denunciando l’ingiustizia di una legge che ha protetto solo i profughi ucraini, lasciando privi di tutela coloro che, come Ismail, vivevano regolarmente in Ucraina e sono stati costretti a scappare dalla medesima guerra.
Ismail parla cinque lingue, ripeto, ma non può iscriversi all’università in Marocco a causa di regole di quel Paese e dunque è costretto anche dall’Italia a lasciare perdere il suo percorso universitario in cui aveva riposto, insieme alla famiglia, molte e legittime speranze.
Vorrei dare voce alla sua storia, caro Cantiere. Vorrei dar voce anche a chi vuole far conoscere questo vuoto normativo italiano che ha qualcosa di assurdo e distrugge “cantieri” a ragazzi giovani, pieni di voglia di vivere, che della guerra sono solo vittime, e li trascina in un baratro profondo…
Ismail in questo momento sta mettendo in crisi anche la sua famiglia. Mi ha scritto un messaggio terribile. Mi ha scritto che non vuole più vivere. Aiutiamolo.
Si bisogna aiutarlo