Things Done Changed

Gli ultimi dati sulla delinquenza giovanile in città possono destare preoccupazione, ma sono anche il sintomo di un tessuto sociale ancora in salute: un cittadino che denuncia è un cittadino che crede nelle istituzioni e rifiuta lo status quo. Di questi tempi, è una bella notizia

di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB


«Back in the day
Things done changed on this side
Remember they used to thump, but now they blast, right?»

«Ai vecchi tempi
Le cose sono cambiate da questo lato
Ricordo che menavano, ma ora sparano, giusto?»

(The Notorious B.I.G, Things Done Changed)

Il problema delle statistiche, come mi insegnò qualche anno fa un amico docente di Economia comportamentale allo University College di Londra, è che sono assolutamente interpretabili.

Si discuteva allora dell’Indice di criminalità del Sole 24 Ore, che dal 2016 raccoglie «le denunce registrate relative al totale dei delitti commessi sul territorio nell’anno precedente» (qui), e che fin dagli esordi vede la nostra città costantemente ai primi posti della classifica nazionale.

L’assurdo, concludemmo, è che pur trattandosi di numeri – culturalmente considerati “esatti” – la loro lettura poteva condurre a due risultati diversi e non perfettamente collegabili: Bologna poteva infatti essere una città a forte presenza criminale, oppure una città i cui abitanti si fidano delle istituzioni e denunciano più facilmente un torto subito.

Conclusioni analoghe a quelle che si possono fare oggi, leggendo gli ultimi dati relativi alla delinquenza giovanile pubblicati pochi giorni fa sulla stampa locale. I più pessimisti, infatti, potrebbero pensare di vivere in una riedizione emiliana di Sin City o della Brooklyn sconvolta dalla crack epidemic a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, con tanto di baby gang allo stato brado dedite a furti, vandalismo e violenze di vario ordine e grado. I più ottimisti, invece, non dovrebbero avere difficoltà a riconoscere nell’alto numero di segnalazioni i sintomi di un tessuto sociale tutto sommato in salute, che non si arrende allo status quo e non si rifugia nell’omertà in cambio di un’esistenza apparentemente più tranquilla.

Certo è vero che, oltre ai numeri, ci sono le dichiarazioni delle autorità, che hanno definito la situazione «molto preoccupante». E del resto sarei più preoccupato e sorpreso io di sapere Questore e sottoposti disinteressati a risolvere quello che, al di là delle interpretazioni, resta un problema di pubblica sicurezza. Ma da semplice “uomo della strada” – e che strada, a proposito di percezione negativa – e contrariamente alle mie abitudini, devo ammettere di essere più favorevole all’ipotesi ottimista. Non fosse altro perché di violenza, tra i ragazzini, ce n’era parecchia anche ai miei tempi. E nonostante quello che sostengono alcuni comitati di genitori dei giorni nostri, le scuole che ho frequentato io non servivano utenze che si possano esattamente definire “difficili”.

Naturalmente non voglio minimizzare il problema, e men che meno sostituirmi ai tanti counselor, psicologi e pedagoghi che da anni studiano e si interrogano sulla violenza giovanile. Ma almeno per quanto riguarda i dati, con ogni probabilità la differenza tra ieri e oggi è che finalmente le vittime si espongono, mentre una volta, per risolvere i tuoi guai, dovevi assoldare un energumeno con rudimenti di Jujitsu o spingere il tuo persecutore giù da un autobus in corsa, approfittando del malfunzionamento dell’uscita posteriore. Scelte che comportano rischi individuali e collettivi maggiori dei benefici, soprattutto se il tuo molestatore diventa un eccellente pediatra. A riprova del fatto che – se lo ricordino giustizialisti e securitari di ogni colore – le persone cambiano e nessuno è irredimibile.

Per una volta, mi sento di dire che il merito di questa evoluzione, se c’è, è tutto nel sistema scolastico e nel grande investimento che, da anni, permette ad Arma, insegnanti e studenti di confrontarsi sul tema del bullismo e della violenza, spesso nella disattenzione più totale delle famiglie. In fondo, il primo compito della scuola sarebbe proprio quello di formare cittadini consapevoli…

Photo credits: Ansa.it


Un pensiero riguardo “Things Done Changed

  1. Vero, probabilmente oggi il numero di denunce è più elevato di una volta perché la gente si fida delle forze dell’ordine e perché c’è una maggiore presa di coscienza dei fenomeni sociali, ma non credo che questa maggior fiducia e presa di coscienza siano un’esclusiva della nostra città. I tempi e la coscienza civile si evolvono ovunque, anche a Milano, Roma, Torino, Bari e altrove. E quindi il “primato” resta, purtroppo. Con la nota positiva di una maggior propensione a segnalare, ottima cosa, ma resta.

Rispondi