Savi: i fatti della banda privi di matrice politica

Il capo della Uno bianca, che sta scontando l’ ergastolo nel carcere di Bollate: «Non mi si vuole dare voce, nonostante siano passati 29 anni»

di Agenzia ANSA


«La mia storia personale, risalente agli anni ’70, del tutto sconosciuta ai miei coimputati, nulla ha a che vedere con i fatti per i quali sono stato giudicato e condannato. Gli stessi non rivestono alcuna matrice politica. Le sentenze della Corte di Assise di Pesaro, Rimini e Bologna hanno fedelmente ricostruito la vicenda».

Lo dice all’Ansa Roberto Savi, capo della banda della Uno Bianca, attraverso il suo difensore, avvocato Donatella De Girolamo, dopo le notizie sulle dichiarazioni fatte ai pm un anno fa, in cui si attribuiva attentati a Rimini negli anni ’70, nell’ambito di un attivismo in movimenti di estrema destra.

«Tramite il mio difensore ho manifestato l’intenzione di rilasciare una intervista a Cantiere Bologna (qui la ricostruzione della richiesta). Il dottor Giampiero Moscato (direttore della testata online, ndr) ha inoltrato la richiesta alla Direzione del carcere, ma non ho avuto risposta. Nonostante siano trascorsi 29 anni dal mio arresto, con ogni evidenza non mi si vuole dare voce», ha aggiunto Savi.

L’ex poliziotto, detenuto a Bollate dove sconta l’ergastolo, è in carcere dal 1994 quando fu arrestato con gli altri componenti del gruppo criminale, tra cui i fratelli Fabio e Alberto: la banda uccise 23 persone e ne ferì oltre 100 tra Bologna, Romagna e Marche.


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