Date una certificazione ai ristoranti con cucina

Bologna solo 28a nella classifica delle cucine tradizionali stilata da TasteAtlas. Perché troppi offrono cibo “industriale”

di Aldo Balzanelli, giornalista


È passata abbastanza inosservata la notizia che nella classifica del portale TasteAtlas sulle migliori cucine tradizionali nel mondo, Bologna sia posizionata soltanto al 28. posto. La classifica è stilata sulla base delle recensioni dei clienti su Google.

Ma come? La patria della gastronomia e del buon cibo penalizzata disonorevolmente in fondo alla classifica? Considerando che le prime due posizioni assolute sono conquistate da altre città italiane: Firenze e Roma. Ma davanti alle Due torri ci sono anche Napoli, Milano, Venezia e Genova.

Insomma non siamo affatto la capitale della tavola, ovunque sembra si mangi una cucina tradizionale migliore della nostra. E ciò nonostante, sempre nella classifica di TasteAtlas, l’Emilia-Romagna risulta invece prima per il mangiar bene.

Qual è la spiegazione di questo poco onorevole posto in classifica? Come mai lasagne, tortellini, tortelloni e mortadella non hanno conquistato i favori di chi ha cercato su Google dove consumare un pranzo o una cena?

A pensarci bene la spiegazione non è poi così difficile. La grande maggioranza dei turisti che ormai da qualche anno ha scelto Bologna come meta, è concentrata nel centro storico. In questa stessa area sono sorti in rapida successione decine e decine di locali che offrono le “specialità bolognesi”. Gran parte di questi locali tuttavia non sono dotati di una vera e propria cucina, ma offrono comunque piatti caldi. Come è possibile? Perché tagliatelle e lasagne sono in realtà prodotte da attività esterne. Il locale si limita a riscaldarle e portarle in tavola. Questo non va ovviamente a vantaggio della qualità, anche se spesso il prezzo è invece in linea con un ristorante tradizionale. Il turista è convinto di mangiare in una delle “mitiche” osterie bolognesi (che non ci sono quasi più) un piatto “tipico” con la sfoglia tirata a mano nel retro, ma non è quasi mai così.

Normale, si dirà. È quello che succede in una città baciata improvvisamente da un boom turistico forse non del tutto previsto, al quale si è risposto come è stato possibile.

Occorre dire che alcuni ristoranti, anche del centro storico, continuano a offrire piatti di qualità, realizzati secondo i crismi della tradizione. Come distinguerli dunque dai “mangimifici”? Una proposta potrebbe essere questa: prevedere all’esterno dei locali un cartello che indichi “qui si serve pasta fatta in casa”, una vera e propria certificazione di qualità che potrebbe essere garantita dalla Camera di commercio. Così il turista (ma anche il bolognese distratto) potrebbe scegliere con serenità e distinguere agevolmente tra chi offre una cucina tradizionale fatta in casa e chi invece si affida a un prodotto industriale.

Potrebbe essere un modo per cercare di recuperare qualche posizione nella prossima classifica di TasteAtlas e far tornare lasagne e tortellini made in Bo ai vertici della gastronomia italiana. 


2 pensieri riguardo “Date una certificazione ai ristoranti con cucina

  1. Ma chi non è “nativo bolognese” sa che “grassa” (l’appellativo che tradizionalmente qualifica Bologna) non è affatto sinonimo di buona cucina, purtroppo! A Bologna difficilmente si mangia bene, e ora si punta tutto sul cibo spazzatura da offrire a un turismo di basso livello.

  2. Mi viene il dubbio che chi “recensisce” su Google eviti pigramente ma accuratamente di leggere le recensioni sulle trattorie e i ristoranti in cui si mangiano piatti di qualità. Al contrario chi le legge forma le file dei fine settimana, come ad es. da Sfoglia Rina in via Castiglione

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