Dobbiamo decidere se continuare a reagire ciclicamente alle sfide abitative o adottare un approccio diverso. La seconda strada richiede una collaborazione tra Comuni limitrofi, oltre San Lazzaro e Casalecchio di Reno, e la creazione di collegamenti veloci e snelli, oltre a una visione a lungo termine per lo sviluppo urbano, che aumenti le possibilità abitative e crei nuovi indotti economici
di Nicolò Labanti, dipendente del Comune di Bologna
Come ormai sappiamo, Bologna insieme ad altre città si trova da tempo ad affrontare un’emergenza abitativa che coinvolge tutti senza distinzione, diventando così un problema sociale che colpisce i più deboli.
Le problematiche da affrontare sono diverse e tutte richiedono una particolare sensibilità e attenzione. Il turismo, in senso generale, è un motore economico cruciale per la città ma è importante valutare come questo settore influisca sulla vita dei residenti. La sfida sta
nell’equilibrare i benefici economici del turismo con la qualità della vita dei cittadini.
Personalmente non sono contro il turismo ma servono regole che vadano oltre gli appartamenti per affitti brevi, regole che aiutino a non perdere l’unicità che possediamo come cittadini e città.
I regolamenti edilizi comunali dovrebbero diventare un aiuto a chi compra casa o a chi l’affitta. Ad esempio si potrebbe sviluppare un piano più ampio per il riutilizzo dei volumi o essere meno severi quando si parla di monolocale, «che non può avere superficie inferiore a 50 mq, laddove e per come indicato dall’azione 2.4a Pug», mentre la normativa nazionale richiede superficie minima di 28 mq.
I costi legati all’edilizia sono in costante aumento, compresi i prezzi dei materiali, i tassi di interesse dei mutui e i costi dei lavori edili. Questo pone una sfida significativa per chi cerca di acquistare una casa o affittarne una.
Negli ultimi anni la città di Bologna è diventata sempre più una città attrattiva per i cosiddetti “nomadi”, come gli studenti universitari o i lavoratori che si spostano da una metropoli all’altra. Questo fenomeno ha un impatto sul tessuto sociale ed economico della città. Dobbiamo valutare attentamente come integrare questa popolazione in modo che possa contribuire positivamente alla comunità.
Oggi la politica locale sta lavorando, cercando nuovi modi di affrontare il problema, come per esempio “Il Piano per l’abitare” che avrà un impatto importante ma che si sviluppa nei prossimi dieci anni, rischiando quindi di non essere sufficiente.
La scelta nel presente è quella di decidere se continuare a reagire ciclicamente alle sfide abitative o adottare un approccio diverso. La seconda strada richiede una collaborazione tra comuni limitrofi, oltre San Lazzaro e Casalecchio di Reno, e la creazione di collegamenti veloci e snelli, oltre a una visione a lungo termine per lo sviluppo urbano, che aumenti le possibilità abitative e crei nuovi indotti economici.
Può suonare strano, per un Bolognese, uscire dalle mura che ci hanno protetto così bene, per così tanto tempo, ma oggi abbiamo il compito, come i nostri antenati prima di noi, di “riedificare” oltre quei confini, che sembrano difficili da valicare, ma chissà magari un domani, per i nostri figli, sembreranno normali.
Photo credits: la Repubblica
Trovo l’articolo di Labanti molto attuale e pienamente condivisibile. In effetti la superficie minima di 50 mq va ridotta ai 28 previsti a livello nazionale. In Francia è di 12 mq, purchè
l’alloggio sia “confortevole”. Ho verificato di persona che a Bologna, approfittando della grande richiesta insoddisfatta di camere o di appartamenti, gli studenti, specie gli Erasmus,
sono vittime di truffe di tipo diverso, dalla richiesta di anticipi di denaro per alloggi inesistenti o, anche da agenzie immobiliari, la richiesta di denaro (nel caso che ho verificato 250 euro)
semplicemente per effettuare una ricerca che non garantisce alcun risultato.