Sì alle chiusure, ma servono vaccini e ristori diffusi

Basta proclami sui social: l’Emilia-Romagna è al collasso, le persone andrebbero vaccinate “con la cerbottana” e invece tutto procede a rilento

di Stefano Caselli,  infermiere


Dove sono i vaccini? Questa è la vera domanda. Domanda che non dovremmo essere noi a porre ma che dovrebbe in primis porre il Presidente della Regione, nonché della Conferenza Stato – Regioni. 

E invece sui canali social e nei salotti televisivi, Bonaccini si limita a report acritici dal sapore di campagna elettorale. Peccato che la sua campagna elettorale sia finita ormai da mesi, al contrario della pandemia che, invece, sembra destinata a durare ancora parecchio tempo. 

L’area metropolitana di Bologna è tornata in zona rossa perché la diffusione dei contagi e il numero dei ricoveri stavano diventando insostenibili per il Sistema Sanitario, ma è quasi offensivo non leggere alcuna presa di responsabilità da parte di chi governa questa Regione e che, solo una settimana fa, appoggiava insieme a Salvini le riaperture serali dei ristoranti.

La politica è in ritardo ed è inutile ora «battere i pugni sui tavoli in Europa» e parlare di abolizione dei brevetti sui vaccini. Perché dell’abolizione dei brevetti se ne parlava già a inizio marzo 2020 – quando India e Sud Africa la proposero durante il primo General Council del WTO – e in questi mesi, nonostante le proteste e la nascita della campagna Europea No profit on pandemic, la presa di posizione di molti governi, compreso quello italiano, è sembrata più attenta agli interessi di Big Pharma piuttosto che alla salute della cittadinanza.

Non si può gestire una pandemia a suon di post su Facebook o, se proprio lo si vuole fare, che siano almeno post chiari, che si assumano le responsabilità (e le colpe) di certe scelte e che forniscano alla cittadinanza le coordinate per districarsi in mezzo al marasma di disinformazione che ha caratterizzato quest’anno di pandemia. 

Non vi è stata alcuna campagna di sensibilizzazione della cittadinanza per agevolare la vaccinazione e, in mezzo all’attuale infodemia, è aumentata a dismisura la diffidenza nei confronti del vaccino, soprattutto verso quello di AstraZeneca. Questo dato trova riscontro, ad esempio, nel mondo dell’istruzione dove l’inserimento del corpo docente all’interno delle categorie con priorità alla vaccinazione ha suscitato non pochi scetticismi. Ad oggi, sulle 60.000 dosi di Astrazeneca dedicate al personale scolastico della Regione, solamente 7.000 sono state somministrate (in due settimane). 

Dall’altra parte ci sono poi intere categorie – forse anche più esposte rispetto al corpo docente, visto il ritorno alla DAD – escluse dalla campagna vaccinale, come gli operatori e le operatrici di comunità per minori, centri di accoglienza di vario tipo, CAS, SIPROIMI (ex SPRAR) e strutture residenziali.

A questa “dimenticanza” si aggiunge poi il vuoto normativo che riguarda tutte le attività del terzo settore che si occupano di educazione e cura. La politica degli slogan ha infatti lasciato a piedi anche tutte quelle realtà di mutualismo che si sono auto-organizzate o rafforzate proprio in questi mesi di crisi socio-sanitaria in risposta alle evidenti mancanze sistemiche e sistematiche in termini di welfare di comunità, intercettazione dei bisogni e capillarità delle azioni.

Le attività di volontariato e di mutualismo sono ad oggi vittime di un vuoto amministrativo che le blocca quando il loro operato si fa invece sempre più essenziale. È davvero così difficile vedere quante persone e famiglie, in questi ultimi mesi, siano sempre più vulnerabili sotto il profilo economico, sociale, educativo e sanitario?

Anche il sistema “a colori” ha dimostrato tutte le sue falle senza però, di nuovo, alcuna presa di responsabilità da parte di chi decideva di settimana in settimana cosa aprire e cosa chiudere. Gli effetti sono stati devastanti e non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di impatto psicologico e sociale sulla popolazione, generando un ulteriore senso di spaesamento, rabbia e sfiducia, che rende ancora più difficile e amaro questo ritorno in zona rossa.

Se però, visti i dati sulle ospedalizzazioni e sull’andamento dei contagi, è innegabile la necessarietà di questa nuova chiusura, altrettanto indispensabile è l’organizzazione di “ristori sociali” e diffusi, che ragionino non più per categorie, ma che partano dalla capillarità e la specificità dei territori così da non escludere nessun*.

Giusto analizzare cosa non ha funzionato in quest’anno di pandemia, ma ancora più urgente e imprescindibile pretendere un cambio di rotta e un governo, Regionale così come Nazionale, che abbia in primis il coraggio di prendersi le proprie responsabilità e, a partire da questa consapevolezza, mettere in campo soluzioni concrete volte a risolvere questa situazione emergenziale: non può esistere zona rossa senza un sistema capillare di ristori, così come non può esistere zona rossa senza che il Governo cominci, stavolta sì, a battere i pugni sui tavoli ogni giorno per pretendere l’arrivo di tutte le dosi di vaccino necessarie, così come era stato pensato in origine col piano COVAX previsto dall’OMS.


2 pensieri riguardo “Sì alle chiusure, ma servono vaccini e ristori diffusi

  1. È bene che la politica si prenda le sue responsabilità, ma allo stesso modo anche noi cittadini dovremmo imparare a prenderci le nostre.
    Per combattere l’infodemia non possiamo sempre evocare l’intervento di un qualche “deus ex machina” che faccia una “campagna”: per spiegarci che il vaccino è utile, il tram è utile, l’euro è utile, le piste ciclabili sono utili… di fronte a persone che, comunque si ponga la questione, rispondono alle argomentazioni serie con la faccina del clown: 🤡🤡🤡
    Dovremmo essere noi i primi a bandire dalla nostra quotidianità, e da quella dei nostri familiari più vulnerabili (per esempio gli anziani), la disinformazione.
    Ci inoltrano un articolo di Repubblica che allude allo scandalo perché una persona già vaccinata si è – toh! – infettata? Rispondiamo a muso duro che condividere roba del genere è sbagliato.
    Un amico ci invia una catena su WhatsApp? Lavata di capo.
    Durante un’intervista a Cottarelli, Fazio fa intervenire la Littizzetto per buttarla in vacca? Spegniamo la tv e facciamo un puzzle.
    Altrimenti non se ne esce.

    1. Giustissimo , peccato che questo riguardi solo persone con capacità di giudizio e risorse culturali elevate, mentre per la maggior parte della cittadinanza l’assunzione di responsabilità è materia sconosciuta; e se comunque chi amministra usasse meno slogan e più serietà ammettendo errori e mancanze sarebbe un bel esempio per tutti

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