Le svolte di cui abbiamo bisogno

Bologna rischia di vivere sospesa tra due desideri: essere una città progressista e accontentarsi di ciò che si ha. Se la comunicazione prevale sulla politica, se l’artificio retorico prevale sulla ricerca della verità, il rischio più concreto che corriamo è che prevalga l’immobilismo. Servono vere svolte, forse non rivoluzionarie per la politica, ma risolutive per la vita di tante persone

di Marco Lombardo, segretario provinciale di Azione, già assessore del Comune di Bologna


Come abbiamo visto, la direzione di marcia della nuova giunta è pienamente nel solco della continuità con la giunta precedente. Non potrebbe essere altrimenti, visto il ruolo che l’attuale sindaco ricopriva nei mandati precedenti. Questo però non significa che, in futuro, non ci possano essere elementi di novità e di grande innovazione nel governo della città.

Le prossime sfide richiederanno un alto tasso di creatività e originalità, perché saranno inedite. Dovremmo tutti insieme essere impegnati nella ricostruzione della città post-covid, perché quando (speriamo il prima possibile) saremo definitivamente usciti dall’emergenza della pandemia, dovremo essere consapevoli che ci sarà un prima e un dopo. Da qui l’invito ad abbandonare in fretta la strada della propaganda (da campagna post-elettorale) e muoversi sulla via del riformismo pragmatico. Ci sono alcune svolte che saranno decisive per il futuro della nostra città.

La svolta demografica

La demografia è il primo problema strutturale della nostra città (e del nostro Paese). Con meno di 3000 nati all’anno e un tasso di longevità cosi alto, il nostro equilibrio demografico non è sostenibile. Non a caso, il piano europeo si chiama Next Generation Eu. Ma se continuiamo a costruire cabine di regia su cabine di regia, forse dovremmo chiamarlo “Last Generation Eu”.

La domanda da porsi allora è: come invertire la rotta dello squilibrio demografico? Con un investimento forte su alcuni elementi chiave: casa, lavoro, donne. Oggi a Bologna è più facile trovare lavoro che non trovare casa! I soldi del Pnrr vanno spesi tutti e bene per riqualificare l’offerta di alloggi residenziali in tutta l’area metropolitana.

Sul lavoro, Bologna ha i tassi di occupazione femminile tra i più alti d’Europa, nonostante l’impatto del covid abbia colpito molto di più le donne rispetto agli uomini. Si può fare di più, estendendo la Rete Capo D a tutte le imprese del territorio e sostenendo chi investe seriamente nel diversity management, con un piano di forti incentivi e defiscalizzazioni. Ma soprattutto, alleggerendo le donne dai doveri di cura dei figli e dei genitori anziani. È importante riconoscere gli asili nido come “scuola” e dunque renderli gratuiti per tutti (il costo stimato è di 30 milioni di euro che, su un piano di risorse di 2,2 miliardi del Pnrr, sono pochi spicci). Contestualmente, è urgente ripensare a un nuovo modello per le case residenziali anziane e riconnetterle alle nuove centralità urbane perché le esigenze di cura e di socialità degli anziani di domani non saranno mai le stesse degli anziani di oggi.

La svolta ecologica

Tutti parlano di transizione ecologica, ma pochi dicono come. Se abbandoniamo la propaganda e evitiamo di dire che il Passante sarà “l’esempio della transizione ecologica”, possiamo indirizzare la priorità delle risorse del Pnrr sul potenziamento del Tpl, trasformando il Servizio Ferroviario Metropolitano in una vera Metropolitana di superficie, con un cadenzamento di 7 minuti massimo di attesa ad ogni fermata. Un sistema intermodale con un biglietto integrato tra Sfm, tram e autobus è un’opzione programmatica di vero incentivo al trasporto pubblico locale.

Ma si può fare ancora di più. Come dimostrano diverse sperimentazioni in aree urbane simili alla nostra, l’utilizzo combinato dell’intelligenza artificiale con l’avvento dell’elettrico sta cambiando radicalmente il trasporto pubblico locale, rendendolo molto più efficiente e confortevole rispetto all’utilizzo dell’auto privata. Per fare una vera “svolta” bisognerebbe renderlo gratuito per tutti o, almeno, per tutti gli under18 e per quelli che scelgono di muoversi con i mezzi pubblici, dismettendo le vecchie auto inquinanti. Con un nuovo trasporto pubblico intermodale e i 6 parchi urbani (promessi in campagna elettorale), il volto della città sarebbe davvero più verde. Per i giovani sarebbe un messaggio serio di concretezza rispetto all’emergenza climatica. Una risposta concreta nel tempo presente, non più rimandata al tempo futuro.

La svolta digitale

Bologna ha una potenzialità enorme con il Tecnopolo e la Big Data Valley. Il Data Center dell’Ecmwf è stata una delle conquiste più importanti della nostra città negli ultimi 10 anni. Ma cosa ce ne facciamo di una capacità di supercomputing così imponente al livello mondiale se poi non riusciamo a condividerla con il nostro tessuto urbano? Se non riusciamo a metterla a terra per il nostro tessuto economico e sociale? La fondazione Big Data Technopole (iFAB) dovrebbe diventare un nodo nevralgico della transizione digitale, non un corpo estraneo alla città. Nella tensione tra tecnocrazia e umanesimo, tra etica e digitale, tra algoritmo e tutela dei dati (diretti e inferiti), si gioca una sfida decisiva per la nostra democrazia.

La svolta etica

Dobbiamo rivedere il nostro contratto sociale, l’accordo che stabilisce il punto di equilibrio tra cittadini, governo, imprese e terzo settore, per il benessere del territorio. Non solo la logistica deve essere etica: tutti i comparti produttivi devono essere dentro il nuovo contratto sociale. Ma attenzione. Non è la proprietà o il totale controllo pubblico che, di per sé, determina l’eticità di una produzione o il benessere di un territorio. È il punto di equilibrio tra la libertà individuale e la giustizia sociale. È la capacità di tenere insieme i diritti ed i doveri.

Se vogliamo tutelare la leale concorrenza tra le imprese e difendere la capacità produttiva del nostro territorio dobbiamo essere in grado di dire dei “no” a tutte quelle attività economiche che si insediano nel nostro territorio con una mera funzione estrattiva del valore del lavoro. Da un lato, il dumping sociale nell’economia tradizionale e, dall’altro, l’economia degli algoritmi rischiano di schiacciare la concorrenza al ribasso sul costo del lavoro. Portare la solidarietà della politica ai lavoratori nelle aziende in crisi è molto importante, ma non basta. Bisogna intervenire prima. Per questo bisogna stringere una nuova alleanza tra impresa e lavoro che vada anche oltre lo schema tradizionale del patto per il lavoro, nella consapevolezza comune che la ricchezza per essere distribuita deve essere prima prodotta.

La svolta della conoscenza

Lo sviluppo dell’economia nell’era digitale sarà sempre più basata sul mix tra processo tecnologico e fattore umano. Un’economia basata sulla conoscenza richiede un nuovo patto strategico tra la città e la sua università. Un’alleanza per la cura della zona universitaria contro il degrado, ma anche un’alleanza per l’attrazione di talenti e giovani ricercatori da tutto il mondo. Dobbiamo essere in grado di trattenere tutti coloro che ogni anno scelgono di venire a studiare nella nostra città, offrendogli un percorso di vita anche dopo il completamento degli studi accademici.

Queste sarebbero vere “svolte”. Forse non rivoluzionarie per la politica, ma risolutive per la vita di tante persone.

In conclusione, l’area metropolitana di Bologna rischia di vivere sospesa tra due desideri: essere una città progressista e accontentarsi di ciò che si ha. Se la comunicazione prevale sulla politica, se l’artificio retorico prevale sulla ricerca della verità, il rischio più concreto che corriamo è che prevalga l’immobilismo. Fuori dalle classiche liturgie della politica, Azione vuole essere un elemento di aggregazione di tutti i riformisti, liberi e indipendenti, che vogliono costruire, con proposte serie e concrete, un argine contro l’immobilismo e il conservatorismo.


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