Intervista alla presidente dell’organizzazione di volontariato Cfu-Italia, riminese di nascita e bolognese d’adozione, che dal 2016 rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali dei soggetti affetti da questa sindrome cronica invalidante
di Barbara Beghelli, giornalista
Subdola. È la sindrome che colpisce tre milioni di italiani, al 90% donne, con dolori cronici muscolo-scheletrici diffusi e associati a molti altri sintomi, spesso invalidanti come affaticamento costante, tensione e rigidità muscolare, alterazione dell’umore e disturbi del sonno. È la fibromialgia.
La sua patogenesi è un argomento tuttora molto discusso: non esistono dati definitivi, anche se molti studi cercano di approfondire l’interazione dei tanti fattori che ne stanno alla base. Nella sola città metropolitana di Bologna, oltre un milione di residenti, vivrebbero nell’invisibilità di questo male oltre 50mila persone; succubi, oltretutto, di una malattia che non è riconosciuta nei Lea, i livelli essenziali di assistenza.
La Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla fibromialgia e Mcs (sensibilità chimica multipla) sarà quest’anno il 12 maggio a Roma, giornata-evento interattiva con talk-show e importanti relatori scientifici, all’Acquario Romano. A Bologna si anticipa di due giorni (10 maggio) con “Piantiamo la Salute!”, l’iniziativa che Cfu-Italia odv (Comitato Fibromialgici Uniti – Italia) organizza assieme a Vas (associazione Verdi ambiente e società onlus) col patrocinio dei Comuni italiani e la collaborazione dell’Arma, di cui fa parte il Comando delle Unità Forestali, ambientali e agroalimentari: verranno offerte dai Carabinieri delle piantine e il Comune destinerà il luogo per la loro messa a dimora (in tutti i capoluoghi).

L’organizzazione di volontariato Cfu-Italia rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali dei soggetti affetti da sindrome fibromialgica dal 2016, Ehs (elettrosensibilità), Cfsn (sindrome da fatica cronica) encefalomielite mialgica. Conta 1.200 iscritti.
Attualmente Il Ddl 299/2018 rappresenta l’essenza della battaglia portata avanti in Parlamento dalla piddina Paola Boldrini, senatrice e vice presidente della Commissione Sanità, che l’ha ritenuta una «malattia di genere» (casi si registrano a partire dall’adolescenza). A dicembre, con l’emendamento Boldrini, sono stati destinati 5 milioni alle ricerche e cure della fibromialgia, mentre ad oggi Cfu-Italia odv ha consegnato al ministero della Salute 70mila firme autografe della petizione per il riconoscimento e inserimento della fibromialgia nei Lea.
La presidente nazionale di Cfu è Barbara Suzzi, sposata con Francesco e madre di due figli, Federico e Davide, di 22 e 28 anni, originaria di Rimini ma residente a Bologna fin dai tempi della scuola interpreti. Una vita intensa, la sua. Appena diplomata nel 1988, la chiamata in un’azienda del Bolognese che produceva pneumatici e importava i primi prodotti per l’agricoltura biologica, impresa che la spedì presto in Thailandia e Cina.
Cosa ricorda di quei tempi?
Avevo l’albergo a Hong Kong e in diverse zone di quella parte d’Oriente non c’era la corrente elettrica: un altro mondo. È stata una bellissima esperienza, mi ha aperto la mente a 360°, l’incoscienza dei 23 anni ha fatto il resto. E stavo benissimo.
Ha mangiato pipistrelli e insetti vari?
(Ride) No quelli no, ma i serpenti sì, anche se non è che mi piacessero tanto… Dopo qualche anno sono tornata a Bologna dove ho aperto un ufficio di consulenza. Ero una contoterzista: aziende come La Perla cercavano materiali da ricamo che in Italia non si trovavano e io glieli fornivo. Poi mi sono sposata e mio marito è venuto a lavorare con me, fino al 2010.
Poi è cambiata la sua vita
Sì. Dopo una mammografia e l’operazione collegata, tempo un anno e non riuscivo più a camminare. Sono sorti problemi muscolari e ossei, mal di testa, mal di denti, allergie. Il medico pensava a un esaurimento o che fossi ipocondriaca, mi diceva di rivolgermi al neurologo o allo psichiatra. Era anche la risposta che si sentivano dare le altre donne colpite da questa sindrome cronica invalidante.
Il ddl 299/2018 è fermo al Senato. Quindi?
Per ora sì, ma speriamo si sblocchi. Nel frattempo abbiamo ottenuto leggi regionali anche in Basilicata, Abruzzo, Marche. In Valle d’Aosta e Sicilia hanno accettato l’identificativo della malattia, il cosiddetto “codice” della fibromialgia: significa che l’hanno riconosciuta. Ma finché non c’è inserimento nei Lea noi non avremo raggiunto l’obiettivo. La ricerca, poi, è fondamentale, oserei dire di vitale importanza: unitevi alla nostra battaglia.
Per chi lo desidera, tutte le informazioni in merito alle iniziative del 10 maggio sono reperibili sulla pagina Facebook e sul sito web di Cfu-Italia.
Un pensiero riguardo “Fibromialgia: una «malattia di genere» ancora poco riconosciuta”