Costruire un’Europa democratica a partire dal contrasto alle mafie

Solo attraverso la costruzione di una rete internazionale dal basso – a cominciare dai rapporti politici tra città gemellate in Europa – che si faccia promotrice di coscienza, strumenti e buone pratiche e rimarchi l’imprescindibilità di un’alleanza istituzionale tra Bruxelles e gli enti locali, sarà possibile un’azione globale e corale di contrasto al crimine organizzato

di Giulia Carati, responsabile del Gruppo Europa di Libera Bologna


All’inizio degli anni Novanta, Giovanni Falcone affermava che “la lotta alla mafia si fa a Palermo, ma la si vince a Roma”. Oggi, parafrasando le sue parole e attualizzando le sue intuizioni, dobbiamo osare dire che “la lotta alla mafia la si fa a Roma, ma la si vince a Bruxelles”.

Parallelamente al globalizzarsi dell’economia e dei traffici commerciali, anche la criminalità organizzata ha travalicato i confini nazionali, diventando sempre più flessibile, fluida e permeabile. L’evoluzione delle rotte del traffico, l’espansione globale dei mercati, la diffusione di mezzi di pagamento virtuali e, non da ultimo, la pandemia sono solo alcuni degli elementi che hanno fornito nuove opportunità per reti criminali di dimensioni transnazionali.

Stimati intorno ai 5mila dal report 2020 della Commissione Europea, i gruppi criminali hanno infatti dimostrato un’infinita capacità di trasformarsi e cooperare a livello internazionale, operando simultaneamente in diversi mercati illeciti; tra gli altri: traffico di stupefacenti, cybercriminalità, frodi finanziarie, traffico di migranti, tratta di esseri umani, traffico di armi, contraffazione, gioco d’azzardo illegale, estorsioni e usura. Soltanto nel 2019, si stima che i proventi delle attività illecite dei principali mercati criminali ammontassero all’1% del Pil dell’Unione Europea, ossia a 139 miliardi di euro, rappresentando un’evidente e grave minaccia per i cittadini, le imprese e le istituzioni europee.

D’altra parte, di fronte a un fenomeno che ha perso la sua portata tradizionalmente nazionale facendosi globale, la frammentarietà e le differenze in materia di legislazione, ordinamento giuridico e strategie politiche tra gli Stati membri dell’Ue rendono ardua l’elaborazione di risposte efficaci e corali da parte delle istituzioni sovranazionali.

Nondimeno, alcuni importanti passi sono stati mossi in questa direzione. La Convenzione di Palermo, sottoscritta nel novembre 2000 da 190 stati membri delle Nazioni Unite,  rappresenta l’unica – ma cruciale – base giuridica attualmente esistente a livello sovranazionale per il contrasto alla criminalità organizzata. Essa rende infatti possibile ottenere a livello internazionale l’esecuzione all’estero del sequestro e della confisca di prevenzione, strumenti chiave dell’ordinamento italiano per il contrasto patrimoniale alle mafie.

Con l’approvazione nell’ottobre 2020 della “Risoluzione Falcone” (Onu), tale misura è stata poi implementata in maniera determinante: il documento incoraggia infatti gli Stati membri a introdurre nelle rispettive normative nazionali il riutilizzo sociale dei beni confiscati come modello efficace non solo di contrasto alle mafie, ma di promozione della giustizia sociale. Tali orientamenti politici delle Nazioni Unite riflettono a livello internazionale alcune importanti e precedenti direttive dell’Unione Europea (Direttiva 2014/42/Ue, Regolamento Ue 2018/1805), relative al sequestro e alla confisca dei beni e al mutuo riconoscimento di tali provvedimenti di prevenzione emessi nei diversi Paesi, anche in assenza di condanna penale. Infine, un importante passo in materia di cooperazione giudiziaria transnazionale si è registrato con l’istituzione della Procura Europea (Regolamento Ue 2017/1939), organismo – operativo dal giugno 2021 – incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

Come associazione nazionale impegnata quotidianamente nell’antimafia sociale – anche attraverso la rete internazionale di Libera Chance (Civil Hub Against orgaNised Crime in Europe) – sappiamo però bene quanto sia imprescindibile affiancare alla lotta giudiziaria al crimine organizzato un lavoro culturale e sociale sul territorio.

Di fronte alla pressoché totale assenza di consapevolezza e coscienza collettiva sulla pervasività e diffusione del fenomeno mafioso nell’Unione Europea, appare evidente la necessità di mobilitazione dal basso di territori, cittadinanza e associazioni dell’antimafia sociale. Ed è in quest’ottica che lo scorso 6 aprile, in collaborazione con la sezione cittadina del Movimento Federalista Europeo, si è tenuto l’incontro “Costruire un’Europa democratica, a partire dal contrasto alle mafie”, che ha visto tra gli intervenuti anche la vicepresidente della Regione Elly Schlein e il consigliere comunale Maurizio Gaigher, presidente della commissione Antimafia del Comune di Bologna.

Solo attraverso la costruzione di una rete internazionale dal basso – a partire dai rapporti politici tra città gemellate in Europa – che si faccia promotrice di coscienza, strumenti e buone pratiche e rimarchi l’imprescindibilità di un’alleanza istituzionale tra Bruxelles e gli enti locali, sarà possibile un’azione globale e corale di contrasto al crimine organizzato.

Lo dobbiamo alla tenuta e alla salute della democrazia dell’Unione Europea. Lo dobbiamo soprattutto a Daphe Caruana Galizia e Ján Kuciak, giornalisti assassinati per aver denunciato traffici, corruzione e riciclaggio di fondi europei che ricordiamo ogni 21 marzo tra le vittime innocenti delle mafie, la cui memoria deve diventare condivisa e collettiva a livello europeo.


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