Intervista a Caterina Garone, professoressa Unibo e segretaria della cellula bolognese dell’Associazione Luca Coscioni, che in queste settimane è impegnata nella campagna di raccolta firme in favore di una legge regionale che garantisca il diritto a procedure e tempi certi per accedere al suicidio medicalmente assistito
di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB
Il 29 marzo scorso l’associazione Luca Coscioni ha dato inizio a una raccolta firme che, ogni fine settimana, vede volontari e tavoli impegnati in tutta l’Emilia-Romagna. L’obiettivo minimo, ormai quasi raggiunto, è raccoglierne 5.000 – possono votare soltanto i residenti – per sostenere una proposta di legge regionale di iniziativa popolare che garantisca procedure e tempi certi per accedere al suicidio medicalmente assistito (qui).
La data di avvio non è stata casuale, coincide infatti con il giorno in cui si è discussa davanti al Gip di Bologna la richiesta di archiviazione del procedimento penale a carico di Marco Cappato, Virginia Fiume e Felicetta Maltese, a seguito di un’autodenuncia per l’accompagnamento in Svizzera di una donna malata di Parkinson che ha chiesto il suicidio assistito. Subito dopo l’udienza, Marco Cappato e i responsabili locali dell’associazione hanno tenuto una conferenza stampa in cui è stata annunciata la proposta di legge.
Caterina Garone, professoressa del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e segretaria della cellula cittadina dell’associazione Luca Coscioni, già prima firmataria di una petizione per il “diritto di scienza” depositata in Senato il 20 dicembre scorso, è tra le tre promotrici dell’iniziativa insieme alla Dottoressa Sonia Bellini e all’Avvocata Iole Benetello.
Qual è stato l’iter che vi ha portato alla raccolta firme?
Abbiamo depositato la proposta di legge regionale “Liberi Subito” a dicembre, insieme a circa 350 firme. A febbraio, la Consulta di garanzia statutaria ha definito la proposta di legge ammissibile e il 29 marzo è partita la raccolta firme. Abbiamo deciso di associare l’inizio della campagna con la data di celebrazione dell’udienza perché la proposta di legge riguarda soltanto un ristretto numero di pazienti: chi ha una malattia irreversibile, con sofferenza fisica o psichica ed è tenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale (nutrizione o respiratore). In mancanza di tale ultimo requisito la sentenza della Corte Costituzionale non potrebbe operare pur permanendo tutte le altre condizioni. Per questo, azioni di disobbedienza civile come quella di Marco Cappato si rendono ancora necessarie.
La campagna nazionale di raccolta firme per una legge sull’eutanasia del 2022, nonostante il successo ai banchetti, si concluse con polemiche sulle firme digitali e una chiusura da parte delle Istituzioni. Come vengono neutralizzate le possibili obiezioni a questa nuova proposta di legge regionale?
La Consulta di garanzia statutaria, nel rendere parere favorevole, ha dichiarato la proposta di legge “semplice, chiara e ben definita”. Per quanto riguarda la raccolta firme, proprio per evitare ogni strumentalizzazione, si è optato per il metodo tradizionale in accordo con le regole regionali, con tavoli e volontari su tutto il territorio, e moduli divisi per Comune con i certificati elettorali. Questo consente uno stretto contatto con i cittadini da parte dei nostri volontari, che sono sempre pronti a fornire ogni spiegazione richiesta e che vogliamo ringraziare pubblicamente. Senza il loro impegno questa campagna non sarebbe possibile.
E la politica? In che modo si è posta?
Di pari passo con la raccolta firme, abbiamo cercato un contatto e una collaborazione con gli amministratori locali, soprattutto i consiglieri regionali. Ci siamo rivolte a tutti i consiglieri della Regione, indipendentemente dal partito di appartenenza, chiedendo un incontro conoscitivo e un eventuale confronto sulla proposta di legge. Fatta eccezione per i consiglieri di Lega, Azione e Italia Viva, siamo state ricevute da tutti i capigruppo e alcuni consiglieri hanno già firmato.
Da anni, per non dire da decenni, a livello nazionale la politica stenta a prendere l’iniziativa sui diritti civili. Per ovviare a questa empasse pensate che le leggi regionali di iniziativa popolare possano essere uno strumento utile anche sul medio-lungo periodo?
Inizialmente questa proposta di legge doveva essere estesa a tutte le Regioni, ma non si è potuto fare anche in ragione della peculiarità degli statuti. Sicuramente ci sono territori più ricettivi, in cui il percorso è ben organizzato e c’è più predisposizione all’ascolto. L’Emilia-Romagna senza dubbio brilla in questo e, soprattutto, è una regione in cui sul tema sanitario c’è attenzione massima da parte di cittadini e istituzioni. Auspichiamo quindi che anche la politica ci dia una risposta favorevole come sta accadendo nel vicino Veneto.
Ci teniamo a sottolineare che stiamo chiedendo alla nostra Regione di disciplinare le modalità per esercitare un diritto già acquisito, che non si sta parlando di eutanasia e che l’oggetto della proposta di legge prescinde dai percorsi di cure palliative.