Francesco Stabili, dal 1320 al 1324, insegna all’università di Bologna filosofia, medicina e astrologia, scienza amata dai re e dai papi ma invisa a Dante. Nel 1324 cade in disgrazia mettendoci del suo: fa l’oroscopo di Gesù e dice che era destinato a nascere in grotta e a morire in croce (ma va?). Processato a Bologna ritratta e si salva la vita ma poi compila in Toscana un altro oroscopo che disturba ancora di più il pontefice Giovanni XXII: viene bruciato vicino all’Arno il 16 settembre 1327
di Alberto Candi, già Avvocato generale di Bologna
Gli storici lo conoscono tutti. Gli altri in generale non sanno chi sia, a eccezione dei cittadini di Ascoli Piceno, per i quali è un vero e proprio idolo. Il suo nome era Francesco Stabili ma, siccome si sa poco o nulla di lui, è noto con il diminutivo del nome di battesimo e della città d’origine: Cecco d’Ascoli.
La sua storia si intreccia con quella di Bologna perché nell’università felsinea sviluppò la conoscenza della filosofia, della medicina e dell’astrologia. Quest’ultima materia, all’epoca di cui parliamo – ovvero il secondo decennio del 1300 – era una vera e propria scienza ed era un tutt’uno con l’astronomia. Avrebbe continuato a costituire materia d’insegnamento universitario per molti anni ancora. I re e persino il Papa avevano il loro astronomo, che consultavano regolarmente prima di decisioni importanti.
Dante condanna astrologi e indovini all’inferno e li mette tra gli eretici con grande indignazione di Cecco. Fin dopo la morte di Dante, infatti, fino al 1326, la Chiesa non ha considerato la divinazione del futuro come un’eresia. Cecco, poi, non stima Dante: lo taccia d’essere un visionario che nel cammino verso la verità ha abbandonato la scienza per affidarsi alla Fede.
Stabili insegna all’Università di Bologna tra il 1320 e il 1324, prima filosofia e medicina, poi astrologia. Il 1324 è l’anno della caduta in disgrazia. Cecco ce ne mette del suo. Innanzitutto compila l’oroscopo di Gesù Cristo sostenendo che, dati i transiti degli astri al momento della nascita, il figlio di Dio era destinato a venire al mondo in una grotta, a vivere da povero e a morire sulla croce. Inoltre, prendendo spunto dal trattato “La Sfera” di Giovanni Sacrobosco, astronomo di grande fama, e dai “Principî di astrologia” dell’Alcabizio, un arabo messo al bando dalla Chiesa, sostiene che gli astri governano il destino degli uomini, a meno che non sia Dio a intervenire per modificarne il corso. Quando gli angeli ribelli caddero dal cielo, qualcuno di loro – divenuto demone – si insediò nel mondo sublunare e coi suoi poteri è in grado d’influenzare il destino dell’uomo.
Capite bene che queste tesi non potevano andar bene alla Chiesa. Altri astrologi le avevano già sostenute, prima di Cecco. Ma quando il nostro si pronuncia i tempi sono cambiati, anche se lui non vuole rendersene conto. È cambiato innanzitutto il Papa. Ora c’è Giovanni XXII, un Papa geloso del potere temporale della Chiesa che, in questo momento, deve combattere contro la tesi della povertà di Cristo e dei suoi discepoli che sta dividendo il mondo francescano, contrapponendo i frati cosiddetti “spirituali” ai “conventuali”. Giusto l’anno prima (1323) Giovanni ha condannato come eretica quella teoria. Essa avrebbe, tra l’altro, coinvolto il Vicario di Cristo in terra, delegittimando l’esistenza dello stesso Regno temporale del Papa nonché il lusso sfrenato della corte. Giovanni non può permetterlo. L’epoca comunale, poi, è verso la fine e i bolognesi stanno per consegnarsi alla signoria del Legato papale, Bertrando del Poggetto. A Bologna, dunque, né il Papa né le dottrine ortodosse vanno toccati.
L’inquisitore della Lombardia, competente per Bologna, è un domenicano che si chiama Lamberto da Cingoli. Mette sotto processo Cecco accusandolo di determinismo (negazione del libero arbitrio) e di aver sostenuto la teoria del pauperismo infrangendo la bolla papale del 1323. All’esito del processo, Cecco ritratta e si salva la vita. Lamberto, però, lo interdice dall’insegnamento e gli confisca i libri su cui studia e quelli da lui scritti, compreso il commentario alla “Sfera” del Sacrobosco. Passati alcuni mesi, tuttavia, forse per la benevolenza delle autorità civili, forse su pressione degli studenti, Cecco viene riammesso all’insegnamento.
Nel 1326 arriva a Bologna Bertrando del Poggetto, invocato dai bolognesi dopo la disfatta subita nella battaglia di Zappolino a opera dei ghibellini modenesi. Non è più aria per Cecco, che deve abbandonare la città. Inesperto di politica e, forse, mal consigliato, accetta l’incarico di medico e astrologo del duca Carlo di Calabria, signore di Firenze, figlio di Roberto d’Angiò e alleato del Papa. Dalla padella alla brace… Su richiesta del duca, Cecco compila l’oroscopo di Ludovico il Bavaro, dicendolo destinato ad arrivare a Roma incontrastato e a essere incoronato imperatore. Un oroscopo inviso a Giovanni che, di Ludovico, non ne vuol proprio sapere. Così l’inquisitore fiorentino, il francescano Accursio Bonfantini, fa arrestare e mette sotto accusa Cecco. È il luglio 1327. Cecco ha tutta la corte contraria, a iniziare dal cancelliere del duca, Raimondo de Mausaco, fiero oppositore delle idee di Cecco.
Accursio richiama le carte del processo bolognese per eresia. Arrivate queste, il procedimento fiorentino dura pochissimo. Il 15 settembre viene emessa la condanna. Cecco, a Firenze, si è richiamato alle teorie del Sacrobosco, ma anche il confezionamento dell’oroscopo del Bavaro costituisce eresia: tra la fine del 1326 e l’inizio del 1327, Giovanni ha posto al bando anche la divinazione magica. C’è fretta di dare l’esempio: Ludovico infatti si è mosso da Milano e marcia su Roma; gli amici del Bavaro vanno ammoniti! Il giorno dopo la condanna, il 16 settembre, nei pressi dell’Arno e non distante dal centro, è allestito il rogo; e Cecco d’Ascoli è bruciato tra le fiamme.
In copertina: il monumento a Francesco Stabili di Ascoli Piceno (Photo credits: Istituto Superiore di Studi Medievali “Cecco d’Ascoli”)
