Con una strategia personale compatta partiti e partitini di centrosinistra, sconfigge sonoramente Salvini, propone il modello emiliano per conquistare la maggioranza nel paese, cambiare il governo, riformare il Pd: ma produce una giunta double face
di Giovanni De Plato, psichiatra
La vittoria del centrosinistra e il successo personale di Stefano Bonaccini alle regionali del 26 gennaio sono avvenuti oltre ogni ottimistica previsione. Il presidente, eletto per il secondo mandato, ha condotto una campagna elettorale su una strategia del tutto personale, è riuscito a compattare i partiti e partitini del centrosinistra, ha indovinato tutte le mosse contro l’avversaria del centrodestra, alla fine ha sonoramente sconfitto il leghista Salvini.
Si può dire che Bonaccini è stato capace di comporre una linea riformista del governo regionale con un largo schieramento del centrosinistra coinvolgendo le diverse espressioni della società civile. Nella recente intervista rilasciata ad Aldo Balzanelli e pubblicata su Cantiere Bologna, si lascia andare a considerazioni che spostano la sfida politica dall’ambito locale al piano nazionale. Nella direzione del Pd lo stesso Bonaccini ha richiamato la necessità di ritornare ad affrontare i temi urgenti del paese e delle persone, e a non perdersi in artificiose polemiche su questioni poco rilevanti in questa fase di crisi industriale e occupazionale.
Il successo elettorale gli ha permesso di avanzare l’idea che il prossimo congresso del Pd si apra al contributo delle elaborazioni e delle esperienze della società, puntando su quelle nuove figure di dirigenti provenienti dalle buone pratiche dei territori. Rivendicando il primato del modello emiliano, come alternativa vincente al populismo di Salvini, ha indicato la via alla sinistra per conquistare la maggioranza nel paese. In sintesi Bonaccini pensa di avere le carte in regola per aprire la stagione del cambiamento nel governo nazionale e per riformare il Pd e la politica del centrosinistra. Tentativo arduo, ma che lui ritiene possibile rafforzando l’unità del Pd regionale e la compattezza di quel fronte di centrosinistra che val dal riformismo al radicalismo. E da questa base far scattare la spinta al cambiamento della politica nazionale.
In questo senso si spiega l’alchimia con cui ha composto la sua nuova giunta. Le nomine degli assessori e la distribuzione delle deleghe sono state fatte non solo sui criteri di “competenza, esperienza e capacità di lavoro sul campo”, come aveva promesso in campagna elettorale. Ma in buona parte con un’ottica tutta politica, in qualche caso stridente con la competenza. È venuta fuori una giunta double face. Una faccia di prestigio e d’alto profilo con personalità di comprovata esperienza. E un’altra faccia di compromesso con i partiti, le correnti, i feudi e il familismo.
C’è da chiedersi: quanto finora dichiarato e predisposto dal presidente Bonaccini sarà sufficiente a trasformare il Pd e a competere per una nuova leadership del centrosinistra? In altre parole, si vuole ristrutturare questi partiti della sinistra o avviare un processo costituente capace di generare un nuovo soggetto riformista e di governo? L’impressione è che le vicende nazionali e locali siano più complicate di quanto si possa pensare e che sbrogliare la matassa annodata dei partiti è davvero un’impresa da coraggiosi, dote che a Bonaccini non manca.
La sua strategia, però, può risultare anche questa volta vincente se non si ferma alla tradizionale linea del rinnovamento nella continuità. Il rinnovamento politico sicuramente ha bisogno d’idee e aperture alla società, ma questo non basta. Deve avvenire sulla discontinuità da una storia che oggi rende questa politica della sinistra del tutto inadeguata ad affrontare la pesante crisi italiana, non permettendo di cogliere le novità indotte dalla globalizzazione e dalle tecnologie digitali. La vera questione rimane quella di come si possa operare una strutturale riforma della politica e avviare un reale processo di rigenerazione della sinistra.
Questo disegno di una nuova politica del centrosinistra diventa possibile se i democratici, progressisti e riformisti sapranno essere uniti per unire anche tutte le forze sane che si muovono nella società civile.