Riprendiamoci il tempo rubato alla Polis

Ritmi produttivi cinici hanno tolto ai lavoratori anche la forza di prepararsi e la voglia di partecipare: un pericolo per la democrazia, un’arma in più in mano ai populisti

di Marco Morales


Le giornate più belle di un lavoratore sono quando può scegliere i momenti di partecipazione politica, di libertà: quelle in cui riesce a togliere la tuta da operaio, la divisa del commesso o il grembiule del cameriere per rivestire gli abiti del cittadino attivo nei riti collettivi di un territorio in fermento per impegno civile, attività culturali e solidaristiche a favore dei concittadini (indipendentemente dal possesso dei documenti) più svantaggiati. Più la città offre spazi di democrazia partecipata, più l’università, i musei e le biblioteche aprono ai cittadini, più scopri che è questo che manca alla vita. La frustrazione nasce non tanto dal salario o dalla mansione, dalla lontananza dalla famiglia o dalla terra d’origine, quanto dall’impossibilità di essere, oltre all’uomo che produce, la persona che pensa, partecipa e studia per costruire una società migliore, fondata non solo sul lavoro ma anche sulla sussidiarietà: le istituzioni e le amministrazioni fianco a fianco del cittadino attivo nella costruzione della città ideale.

Altro aspetto preoccupante della mancanza di tempo per la Polis è accorgersi di un certo analfabetismo di ritorno che ti affligge quando ascolti un intellettuale che con poche parole riesce a esprimere un pensiero che non sai più articolare e che eppure è anche il tuo: manca il lessico, talvolta pure la voglia per esprimere le proprie idee. Accade perché da vent’anni ti sei adeguato a un sistema spregiudicato e ai ritmi cinici della produzione, rinunciando all’esigenza primaria della democrazia, la partecipazione, e dell’animo, la conoscenza.

Quando Marco Damilano, presentando “Cantiere Bologna”, afferma che la politica deve tornare anche ai giorni feriali, un po’ commuove, un po’ fa riflettere: poi ti arrabbi.  Ricorda che negli anni ‘70 i tempi della partecipazione erano modulati su quelli della fabbrica e allora speri che possa tornare a essere così. Perché così non è più: nelle fabbriche a ciclo continuo e nemmeno nei negozi sempre aperti. In questi anni di continue crisi e di emergenza, al lavoratore è richiesta una  disponibilità oraria che frammenta il suo tempo in maniera tale da rendere spesso impossibile la  partecipazione. Diventa difficile occuparsi appieno di se stessi, della famiglia, degli amici, diventa impossibile occuparsi degli altri. Se è vero che gli altri, i diversi, anche quelli più lontani sono semplicemente altri noi, ecco che non potersene occupare significa non occuparsi nemmeno della propria vita. A meno che non ci si accontenti di partecipare da casa attraverso social network o forum.

Ma abbiamo visto come nuove  opportunità di espressione possano portare a derive pericolose rispetto ai più essenziali aspetti democratici come l’espressione del voto, la solidarietà, la libera espressione del pensiero. Certo ci sono categorie professionali come le forze dell’ordine, i medici, i pompieri che lavorano sempre. Ma a loro, talvolta per demagogia, almeno è riconosciuto un ruolo sociale, un valore intrinseco che può ripagare il sacrificio compiuto. È importante quindi riconoscere un ruolo anche all’operaio o al commesso come al fattorino che col proprio lavoro raggiungono quegli obbiettivi economici che paiono così importanti per l’evoluzione (o involuzione?) del pianeta. Quando poi è evidente che tanto più il lavoratore riesce a essere attivo nella pratica di uno sport, nella frequenza di un corso teatrale o nella partecipazione politica, tanto più riuscirà a essere produttivo e proattivo nello svolgimento del proprio compito e nelle dinamiche di gruppo. Accade perché quei lavoratori che si impegnano in attività extracurricolari sono in modo naturale portati a mutuare i metodi democratici e inclusivi propri dei gruppi culturali civili anche in azienda, dove spesso il clima sociale è deprimente. Se dentro alle attività si sta male poi anche al di fuori non si sta bene. A tutto vantaggio delle realtà virtuali, dove proliferano populismo, qualunquismo e revisionismo storico.

Una moltitudine di lavoratori sente esigenza di difendere i meccanismi democratici dello Stato e l’equilibrio delicato del pianeta in bilico tra la difesa della natura e lo sviluppo industriale e tecnologico. Per l’operaio di quarto e quinto e sesto livello, lì dove contratti alla mano il tempo per esprimersi è ridotto all’osso, la voglia di stendersi a letto diventa molto più forte che stare in piedi in piazza e impugnare la propria bandiera. Spesso si arriva addirittura a pensare di aver meno valore degli altri. Più spesso diminuisce la stima in sé stessi. Anche la retribuzione e i contratti precari inducono il lavoratore a impiegare il proprio tempo libero nel lavoro straordinario, supplementare e talvolta in nero, non solo per far fronte alle spese vive ma anche per mantenere il proprio posto di lavoro e sperare un giorno in un contratto a tempo indeterminato.  Una massiccia “umanizzazione” dei turni di lavoro, una riorganizzazione del settore commercio e turismo offrirebbe un duplice vantaggio: creare lavoratori più felici e produttivi e cittadini migliori, in quanto liberi di esprimere la propria personalità nelle formazioni sociali più opportune per sé stessi.

Nella Costituzione è scritto tutto, cosa è successo nel frattempo? Non tutto mi è chiaro, a parte che il movimento delle 6000 Sardine ha respinto l’ondata di una destra per nulla liberale e nemmeno cristiana, ma piuttosto un po’ neofascista che voleva occupare la regione. Mattia Santori assieme a tanti compagni del Pd e delle formazioni di sinistra ha dimostrato che anche i lavoratori impegnati in organizzazioni complesse possono, attraverso una buona organizzazione, portare al raggiungimento di un risultato elettorale, ma anche civile, come l’alta affluenza alle urne. Allora il lavoro da fare è creare per tutti le stesse possibilità di fare politica, di acculturarci, anzi prima di acculturarci e poi di fare politica che così viene sicuramente meglio.


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