Covid-19: come curare con pochi posti letto? La difficile etica delle scienze della vita

Va definita una cooperazione interregionale tra Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto per il pieno utilizzo dei posti esistenti nei reparti di terapia intensiva e sub-intensiva. La nomina di Venturi a Commissario dell’emergenza si spera vada in questa direzione

di Giovanni De Plato, psichiatra


È da più di un decennio che il mondo sta cambiando nelle sue fondamenta e nelle sue sovrastrutture. Una nuova fisiologia regola il funzionamento del sistema glocal. I fenomeni economici e sociali che chiamiamo crisi, emergenze o eccezionalità, in realtà sono i nuovi tratti della globalizzazione. La norma è l’interazione e la regola è la interrelazione.  I territori, le regioni, gli stati e i continenti sono fra loro interdipendenti. Sono connessi e ogni aspetto generale ha ricadute a livello locale e ogni aspetto locale si riverbera a livello generale.

Una vera rivoluzione, la cui rapidità di sviluppo ha fatto emergere una totale impreparazione della classe politica e dei modelli esistenti di democrazia governante. Non si è stati capaci di cogliere che stava avvenendo una mutazione ontologica e antropologica del mondo, e ci si è rassegnati a non saper esprimere una guida globale con il più assoluto smarrimento nel governo locale.

È bastata la diffusione di un nuovo virus nella specie umana, comparso in un angolo remoto del pianeta, per rompere il funzionamento dell’intero sistema glocal. La geopolitica fa scoprire che chi governa le grandi potenze mondiali e chi un piccolo territorio locale in via di sviluppo stanno esibendo la stessa inettitudine e impotenza. Sono incapaci di vedere il sommovimento in atto, i grandi marcano la loro potenza distruggendo ponti ed elevando barriere, i piccoli vivono la loro subalternità ribellandosi al recinto in cui sono stati relegati. Anche nella locomotiva del Nord-Est italiano le tre regioni più evolute e meglio dotate d’infrastrutture, sono state messe a tappeto dal colpo di un virus, un ko da cui per ora non riescono a risollevarsi. Nonostante che siano le regioni dotate di Servizi sanitari regionali da primato a livello nazionale e internazionale. Perché qui il coronavirus ha trovato il terreno più fertile per attecchire e diffondersi? Perché qui i migliori dirigenti della sanità pubblica stanno fornendo prova di una confusione comunicativa che non aiuta le persone a ridurre lo stato di ansia e di panico?

È chiaro che si registra un problema enorme, drammatico e inedito, che per non piegare ulteriormente una comunità già duramente provata dalle norme di contenimento del disagio, richiederebbe coraggio e competenze, che tardano a farsi linee di governance della salute dei cittadini. Si sta parlando della drammatica mancanza di posti-letti dei reparti di terapia intensiva negli ospedali e dell’aumento dei malati che avrebbero bisogno di questa impegnativa terapia salvavita. Il personale ospedaliero è duramente stressato, fiaccato da turni di lavoro al limite della umana resistenza, e i suoi dirigenti non sempre riescono a reggere con dovuta responsabilità i corretti compiti di informazione e comunicazione con le persone contagiate, i familiari e l’opinione pubblica.

L’Asl di Reggio Emilia è stata costretta a denunciare per procurato allarme chi sulla stampa locale ha fatto circolare la falsa informazione sulla mancanza di posti letto in terapia intensiva degli ospedali e sull’assunzione del potere da parte dei medici di decidere il ricovero del malato in tale servizio. Che si tratti di una fake news sarà vero nella città emiliana. Invece nella sanità lombarda una simile notizia è incredibilmente vera ed è sostenuta e motivata da un medico anestesista, che nell’intervista a tutta pagina rilasciata al Corriere della Sera di lunedì 9 marzo avrebbe affermato: “Dobbiamo scegliere chi curare e chi no come in ogni guerra”, specificando che “se una persona di 80-95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi… Ormai è andato”.

A voler pure ammettere che siamo in una guerra sanitaria, non si capisce perché un medico rinunci a combattere, ad armarsi di una possibile anche se complicatissima risposta invece di arrendersi sacrificando la vita di chi avrebbe più bisogno di cure e ha meno anni da vivere.  Per chiarezza va espressa tutta la gratitudine a quegli operatori sanitari che sono in prima linea e stanno dando prova di abnegazione di servizio e di grande professionalità. Per responsabilità va espressa la comprensione, anche se difficile da dirsi, a chi con crudo realismo solleva problemi gravi e urgenti di carenze che andrebbero rapidamente risolte da chi dirige o governa la sanità pubblica. Sarà poco ma sicuramente sarebbe di grande utilità sociale se si riuscisse a mettere in rete la sanità pubblica, privata e militare. Sarà poco ma sarebbe certamente una risorsa aggiuntiva se si riuscisse a definire una cooperazione interregionale tra Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto per il pieno utilizzo dei posti esistenti nei reparti di terapia intensiva e sub-intensiva. E a creare nuovi posti letto in strutture centralizzate e dedicate come articolazione di un piano nazionale. È sperabile che la nomina da parte di Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna e della Conferenza Stato-Regioni, di Sergio Venturi a Commissario dell’emergenza vada nella direzione prima indicata.


Rispondi