Uno stadio grande come la regione

Terapia anti coronavirus: immaginare qualche soluzione originale per quando il Bologna non giocherà al Dall’Ara impegnato nei lavori di ristrutturazione. E se giocare in casa volesse dire giocare in Emilia-Romagna? Poi, l’ultima tentazione: lo stadio temporaneo. Bologna può essere… fiera del calcio?

di Luca Corsolini


Indipendentemente da quando cominceranno i lavori, identificato il costruttore, ovvero chi materialmente si occuperà della ristrutturazione del Dall’Ara, il Bologna cerca già casa per un suo prossimo futuro, campionato 21/22 o seguente, che determinerà un trasloco temporaneo. Il trasloco di una squadra di calcio è un business tutt’altro che banale: turismo sportivo, visibilità su tutti i media, finestre di sponsorizzazioni che devono essere garantite agli sponsor residenti della squadra ma anche a quelli temporanei.

Non si vuole fare qui i conti in tasca al Bologna. Ma solo avanzare qualche proposta, senza nemmeno avere la pretesa che siano vincenti, anche perché nel business di cui sopra contano fattori intangibili come la passione dei tifosi (che tanto intangibile non è, chiedere al cassiere del club per conferma). Con l’impegno però di proporre idee out of the box, originali insomma. Per quanto possono esserlo, nel senso di praticabili, al tempo del coronavirus.

1 – Stadi invece di stadio. Il Bologna è di Bologna, va da sé. Lascia Bologna perché obbligato. Ma proprio perché obbligato, su questa necessità il Bologna può costruire un piano di comunicazione che aggiunga dei valori al fatturato e non semplicemente che limiti le spese (o i minori ricavi). In un futuro prossimo tanto quello del trasloco rossoblù, e non se ne abbiano a metà tifosi e addetti ai lavori della Spal, in regione ci saranno tre squadre di serie A, le stesse che ha la Lombardia, a dire quanto ce la stiamo passando bene. Impossibile andare a Reggio, dove il Mapei Stadium ha già due squadre inquiline. Difficile pensare di andare a Parma. Restano, al netto delle migliorie necessarie, gli stadi di Piacenza, Ferrara appunto, Ravenna, Modena, Cesena, forse pure San Marino. Perché nell’elenco mettiamo anche gli estremi nord e sud, Piacenza e San Marino? Perché l’idea è quella di un Bologna squadra della Regione. Scelto uno stadio principale per le partite di cartello, e per i derby, le altre partite, che nel calcio di oggi non sono mai minori, basta vedere quanti giapponesi seguono oggi Tomyasu, si possono giocare in posti diversi, facendo diventare un evento anche la sfida all’ultima in classifica. Certo, ci sarebbe parecchio da lavorare, ma si tratterebbe di un’operazione epocale. La sfida: il tutto esaurito ovunque.

2 – Lo stadio temporaneo. Il coronavirus ha chiuso prima del previsto la Segafredo Arena aperta in Fiera, ma i padroni di casa, la Virtus e la Fiera appunto, hanno già detto che l’impianto riaprirà nella prossima stagione. Il basket ha avuto bisogno di un rodaggio brevissimo, solo una partita, poi nei successivi quattro appuntamenti è sempre aumentato il pubblico, ed è sempre cresciuta la festa. Se c’è un interlocutore, per spazi, infrastrutture necessarie e dimostrata progettualità, per uno stadio temporaneo quello è proprio la Fiera che oltre tutto ha già consegnato alla città un altro disegno che vale come suggerimento: Mario Cucinella sta lavorando a un impianto indoor da 16 mila posti che si affacci su uno spazio open capace di contenere fino a 30 mila spettatori per ingrandire il business espositivo (che pure il coronavirus sta minando). Se parliamo semplicemente di metrature, a leggere certe cifre, ci siamo, oltre tutto si tratterebbe di uno stadio cittadino come il Dall’Ara, con il vantaggio di essere ancora più facilmente raggiungibile per i non residenti grazie a un casello autostradale dedicato. E dall’esperienza della Segafredo Arena si potrebbe ricavare poi l’altro suggerimento di uno stadio salotto a cui si arriva attraversando un portico non nobile come quello che porta a San Luca ma indubbiamente interessante per i partner e sufficientemente credibile per essere un biglietto da visita per la città.

Ovviamente, questa soluzione sarebbe molto onerosa, forse pure rischiosa. Ma, come detto, non si tratta di progetti precisi, quanto piuttosto di idee lasciate sul tavolo per allargare un dibattito che il Bologna potrebbe anche chiudere benissimo subito, con pieno diritto, e che però rappresenta anche una opportunità di comunicazione che, libera da vincoli di classifica, garantirebbe ai rossoblù e alla città un primato quasi europeo.

L’articolo è stato scritto e messo in coda di pubblicazione il 3 marzo scorso quando l’emergenza Covid-19 non era ancora esplosa. Chiaramente lo scenario ad oggi è molto cambiato. Lo pubblichiamo comunque, come riflessione su un tema che tornerà di attualità.


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