E perché mai il cinema “co-stretto” in piazza Maggiore non potrebbe sbarcare al PalaDozza? Il giocatore di basket ricordato all’ingresso del Madison cittadino aveva sbancato pure Hollywood vincendo un Oscar con il suo corto intitolato “Dear Basketball”. Una nuova partita per lo storico impianto
di Luca Corsolini, giornalista
Piazza Azzarita: non c’è un posto a Bologna dove si avverte meglio, più netto, il peso di quello che ci è successo negli ultimi mesi. Quattro lettere su due file ci ricordano l’ultima emozione collettiva, e persino planetaria, la morte di Kobe Bryant, prima che il Coronavirus facesse calare un sipario mondiale sugli eventi, lo sport, la cultura, il turismo, tutte emozioni che al PalaDozza stanno di casa. Sì anche il turismo, perché prima di quel sipario eravamo pure in marcia verso l’apertura nel 2021 del Museo del Basket, una cartolina di Basket City buona per l’Italia e l’Europa dei canestri, e pure per quel marchio globale che è l’Nba.
Le quattro lettere che compongono il nome di Kobe non ricordano più solo la scomparsa di quel personaggio che è stato Bryant, un lutto che sembra lontano secoli e invece sono solo mesi, pochi. Sono anche il sipario, triste, sul basket in quello che è stato il Madison, il più bello degli impianti, di sicuro il migliore per vedere, da ogni punto, un gioco che adesso il Coronavirus spedirà lontano dal centro.
Un virus, non altro, ha spento le luci del PalaDozza; la Virtus tornerà in Fiera, la Fortitudo andrà all’Unipol Arena, ed entrambe sull’autocertificazione per allontanarsi dall’indirizzo più comodo scriveranno che cercano un impianto di capienza sufficiente per accogliere, con le regole del distanziamento fisico, quanta gente ospitavano al Palazzo, abbonati paganti, la vera forza di Basket City.
Ma proprio parlando di forza dei luoghi, e non elencandone solo le debolezze, viene un’idea: cinquemila posti ( sarebbero anche di più, ma per l’idea possiamo e dobbiamo rinunciare al parterre ), possono essere almeno duemila anche nell’epoca giustamente severa del Coronavirus. Duemila persone per antica abitudine cittadina, tramandata di padre in figlio, si metterebbero a cercare meraviglie guardando in basso. E invece le dovremmo convincere, non sarebbe nemmeno troppo difficile, a guardare in alto, lo sguardo della speranza, per vedere sui quattro lato del maxi schermo, definizione molto appropriata, i film messi in cartellone dalla Cineteca che oltre tutto abita poco lontana da Piazza Azzarita.
Era il più bel cinema del mondo piazza Maggiore, era il più bell’impianto per il basket il PalaDozza: potrebbe essere ancora, provandoci, non sarà facile ma nemmeno impossibile, una vetrina per un gioiello bolognese come il Festival del Cinema ritrovato.
E se invece dovrà calare il sipario, almeno cominciate levando quelle quattro lettere così cariche di rimpianto che ci ricordano, straordinaria sintesi, un giocatore tra i più bravi che seppe conquistare anche Hollywood vincendo un Oscar con un corto intitolato “Dear Basketball”