Nuovo sindaco, è arrivato il primo alt

Per Stefano Bonaccini non esistono candidati “predestinati” alla successione di Merola. Almeno lui è presente dove serve e ha una visione del dopo pandemia. Gli altri dirigenti esistono? Se sì, battano un colpo, anzi mille. Il problema politico decisivo per vincere non è tanto l’alleanza con i Cinque Stelle, ma la partecipazione e la mobilitazione dei cittadini democratici e progressisti che sanno rendere il governo locale una democrazia governante

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Nella compagine ancora informe del centro-sinistra è arrivato il primo “No”. Secondo il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, non esistono candidati ‘predestinati’ nel Pd alla corsa a sindaco di Bologna nelle elezioni amministrative del 2021. L’ha detto nell’intervista rilasciata al sindaco di San Lazzaro, Isabella Conti, presentando il suo libro ‘La destra si può battere’.

Bonaccini si ritiene ormai un esperto collaudato di come si possono vincere le elezioni anche quando si parte da sfavorito, come nel suo caso alle regionali del 2019. A Bologna si parte favoriti, ma secondo il suo dire, si può anche correre il rischio di perdere se non si fanno i passi giusti con le persone giuste, come successe con il candidato Guazzaloca del centrodestra. Anche se il centrodestra a Bologna oggi brilla poco ed è ancora lontano dall’identificare un candidato o una squadra in grado di poter competere.

Va dato atto a Bonaccini che è l’unico politico del centro-sinistra presente su ogni evento pubblico, piccolo o grande, importante o secondario che sia, riuscendo sempre a dare una corretta visione di ciò che si muove nella dopo pandemia. Cosa che non si vede e non si sente da parte dei dirigenti locali dei partiti di sinistra.

Ma questi dirigenti esistono? Se sì, battano un colpo, anzi mille colpi. Sono tempi che esigono idee, visioni, programmi e leader attivi nel territorio con iniziative rivolte a coinvolgere quei cittadini che hanno voglia di dare un contributo o ad animare quelli che aspettano di essere ascoltati. Giustamente il presidente regionale insiste nel dire che occorre costruire da qui al 2021 un’alleanza larga. Noi di Cantiere Bologna ci permettiamo di aggiungere un’alleanza larghissima capace di coinvolgere l’intera società civile e tutti i movimenti organizzati o meno che praticano opere di bene al suo interno.

Un esempio della Bologna futura che vorremmo è quello della confluenza di Cantiere Bologna, Cucine popolari, Movimento delle Sardine e Associazione dei familiari del 2 agosto 1980 nel progetto autofinanziato di una giornata della memoria del 1° agosto, alla vigilia del quarantennale della strage della stazione. Una giornata per non dimenticare la minaccia del terrorismo e della violenza fascista, per non stancarsi di chiedere la verità giudiziaria e per costruire una comunità altamente pacifica, aperta e solidale.

Il problema politico decisivo per vincere non è tanto l’alleanza con i Cinque Stelle, ma la partecipazione e la mobilitazione dei cittadini democratici e progressisti che sanno rendere il governo locale una democrazia governante. Senza dimenticare di dare voce a quella parte sociale che, colpita dalla crisi e disillusa dalla politica, ha deciso di starsene in casa o peggio di cambiare schieramento.  E ritornando al tema del candidato della sinistra, il termine ‘predestinato’ di Bonaccini è un’allusione che va chiarita. Se si vuol dire che il candidato a sindaco non può essere scelto dall’alto e dall’esterno della coalizione di centro-sinistra, va bene ed è del tutto condivisibile. Se si vuole, invece, lanciare un messaggio a chi vorrebbe preconfezionare il percorso per arrivare alla scelta già individuata, bisognerebbe dirlo a chiare lettere. Altrimenti ci si muove a livello regionale e comunale per vie che poi non s’incrociano, creando davvero quella confusione che non aiuta a presentare un percorso trasparente e aggregante.

Il sindaco uscente di Bologna Virginio Merola, in un articolo pubblicato su questa rivista il 19 giugno 2020, aveva rivendicato che nei due mandati il buon governo dell’amministrazione era stato garantito da una squadra di giovani ‘bastardi’. Alcuni assessori, come Aitini, Conte, Lepore e Lombardo, hanno fornito prova in questi anni di ottima competenza, capacità, esperienza a servizio del bene pubblico. È chiaro, anche se non è detto, che tra questi giovani sarebbe del tutto legittimo, e non ’predestinato’, se uno o più di loro decidesse di candidarsi a sindaco sulla base di quanto già di buono realizzato e di quale programma innovativo si fa garante. Come sarebbe altrettanto auspicabile che dall’area democratica e progressista potessero candidarsi altre autorevoli figure, che darebbero lustro a Bologna e alla sua collocazione di Città metropolitana dell’Europa. Questa auspicabile ricchezza di persone e di candidati non andrebbe sacrificata.

Per non farlo, occorre uscire dalla triste alchimia degli accordi a basso valore all’interno dei partiti e tra di essi, puntando sull’aperta, vera e trasparente competizione tramite le primarie dei cittadini, che vanno  stimolati a partecipare attivamente alla costruzione di una nuova comunità della Metropoli bolognese, scegliendo un programma di smart city e smart people, un leader di visione internazionale e una squadra di giovani che sappia anticipare il futuro.


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