Sono emersi ritardi e inefficienze organizzative e gestionali. Oggi più che mai anche la parte di buona sanità va di nuovo rivoltata, rinnovando però l’intero sistema su criteri di medicina sussidiaria e di prossimità
di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore
Credo di ricordare bene le parole dell’ex presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani che, negli ultimi anni del suo governo, promise di rivoltare come un guanto l’allora Servizio sanitario regionale (Ssr) e il Welfare.
Già nel suo secondo mandato l’Assessorato alla sanità divenne Assessorato della Salute e dei Servizi Sociali. Un’unificazione dei due settori e una denominazione che volevano indicare la nuova dimensione nell’erogazione delle prestazioni sanitarie e sociali, puntando a livello territoriale sulla rete integrata dei servizi e sulla partecipazione dei cittadini, quali criteri di qualità del servizio pubblico.
Una peculiarità del Ssr che poneva la collaborazione con il privato profit e non profit all’interno della programmazione e del controllo del pubblico. Cooperazione che doveva rispondere al fabbisogno di servizi aggiuntivi sempre di utilità pubblica, come impone il diffondersi della pandemia, e non sostitutivi o alternativi (business del privato e delle assicurazioni).
Di quel disegno di politica della salute e del benessere sociale sembra rifarsi interprete l’attuale presidente Bonaccini. Che nel presentare il bilancio regionale di previsione del 2022-2024 prevede un fondo di circa dieci miliardi, con una buona fetta destinata ai servizi territoriali. Detto questo c’è da precisare che finora nel Ssr sono emersi ritardi e inefficienze organizzative e gestionali. Oggi più che mai anche la parte di buona sanità va di nuovo rivoltata, rinnovando però l’intero sistema su criteri di medicina sussidiaria e di prossimità.
Le linee su cui progettare la nuova sanità e il Welfare sono quelle indicate dal progetto di riforma del ministro Speranza e dal Pnrr del governo Draghi. Sia il Ministro sia il presidente del Consiglio indicano che occorre rafforzare la medicina preventiva e di vicinanza, potenziare ed estendere i servizi territoriali, istituire le Case di comunità, incrementare e abilitare l’assistenza domiciliare. I governi regionali sono così chiamati a realizzare prima possibile una rete integrata di elevata professionalità ospedale-territorio-assistenza domiciliare-servizio sociale. Una rete unica che mette in connessione l’assistenza primaria e quella di alta specializzazione (ospedale-domicilio), come diga di contrasto alla montante ondata della pandemia.
La stessa sollecitudine del governo Draghi di rispondere con urgenza alla gravità del diffondersi delle nuove varianti di Sars-Cov-2, accelerando la terza vaccinazione e adottando misure restrittive dei comportamenti individuali e collettivi, sembra essere affidata alle singole iniziative dei sindaci. Bene ha fatto il sindaco di Bologna a emettere un’ordinanza che impone ai cittadini la mascherina, il distanziamento, l’igienizzazione, il non raggruppamento. Bene farebbe Matteo Lepore a tenersi stretta la delega sulla salute e a intervenire per superare disfunzioni, mancanze ed errori di chi programma la sanità e di chi dirige le Ausl.
È davvero inconcepibile che una persona di Bologna per vaccinarsi debba andare al Centro di Casalecchio o di San Lazzaro. È davvero incredibile che l’Hub del Parco Nord prima sia stato chiuso e nei prossimi giorni sarà riattivato. È davvero insostenibile che si continui a impegnare letti nel pubblico a scapito delle altre attività e a convenzionarne altri con l’ospedalità privata.
Che fine hanno fatto le Usca? Perché non sono state generalizzate le esperienze di ricovero e cure domiciliare delle persone Covid-19 a bassa intensità sintomatica? A quali funzioni sono abilitate le Case di comunità? Perché i medici di famiglia e i pediatri convenzionati non sono stati responsabilizzati? Perché solo ora si chiede agli industriali di attivare Centri vaccinali, quando questa estate non è stata colta la loro disponibilità? È chiaro che una simile disorganizzazione fa lievitare i costi e aumentare le lamentele dei cittadini.
Caro Lepore hai un gran da fare per restituire qualità, efficienza e appropriatezza al Ssr e comunale. Sull’immediato l’intervento dovrebbe riguardare lo sblocco del turnover, le mancanze di personale sono gravi e occorrono assunzioni di medici di base, di specialisti e infermieri. La medicina del territorio è l’unica risposta alle liste d’attesa, perché permette di prendere in carico i pazienti cronici e i malati con lievi sintomi, tramite il rafforzamento delle cure domiciliari. A medio e lungo termine, caro Sindaco, l’intervento dovrebbe permettere di elevare il modello universalistico ad una qualità superiore e prevedere un management capace d’integrare nel Distretto sanitario le Ausl e le aziende sociali (Asp), anticipando la medicina del futuro, che non potrà che essere d’iniziativa, preventiva, integrata e partecipativa.
Una delle “mission” richiamate e’ “…estendere i servizi territoriali…”. e proprio a questo scopo vengono create le “Case della salute”. Peccato che accada che vengono create in zone fuori mano, poco servite da mezzi pubblici e con poca possibilità di parcheggio nelle immediate vicinanze e vengani chiusi punti di assistenza centrali e facilmente raggiungibili (sto pensando alla scomoda Casa della salute alle spalle del palazzo del Comune di piazza Liber Paradisus, in cui sono stati trasferiti i servizi, in primis il punto prelievi sangue, precedentemente erogati nella centrale e ben raggiungibile via Montebello, a pochi metri da numerose linee di bus.
La Casa della salute Navile ha parcheggi infiniti e autobus… Montebello comoda? Forse per lei….
Sono completamente d’accordo
Purtroppo sono tanti i disservizi, in parte causati dal COVID, I medici di base aiutano per le ricette ma ad esempio per visite domiciliari non esistono più e per anziani è molto problematico. Le prenotazioni delle visite in tempi abbastanza brevi si possono ottenere solo in località veramente impossibili (Castiglione dei Pepoli, ecc,) quindi spesso, troppo, si ricorre al privato con costi per
i pensionati, e non solo, abbastanza esosi, oltre tutto con la nuova proposta IRPEF per i redditi
fino a 15.000 NESSUN BENEFICIO (alla faccia di aiutare la povertà che avanza).
Altra difficoltà è ad esempio il FASCICOLO SANITARIO dove se non si possiede 2 telefoni abilitati
per le app. non è possibile. In una famiglia di pensionati per limitare i costi si ha soltanto un cellulare ma per il coniuge del titolare del cellulare NON E’ PIU’ POSSIBILE entrare nel Fascicolo.
MI SEMBRA DAVVERO ASSURDO.
Quindi non solo rivoltarlo come un guanto, ma a volte basterebbe ragionare con la testa. Grazie dell’ospitalità.
Rispondo soprattutto a Gianni De Plato facendo polemica con lui visto che il covid ci nega la possibilità di farlo direttamente negli aperitivi del martedi e lo faccio ponendogli una serie di domande.
Primo : cosa intendi con medicina preventiva ? A meno che tu non intenda inserire nei problemi sanitari la salubrità dell’aria o la sicurezza sul lavoro la prevenzione vera, non la diagnosi precoce, dipende soprattutto da comportamenti individuali che possiamo consigliare ma non imporre per legge.
Spiegamelo con esempi reali perchè non capisco.
Secondo perchè parlare di Case di Comunità, nebuloso ente del del futuro, quando le ben più necessarie Case della Salute ancora non esistono a Bologna (C’è solo quella del Navile con anche un parcheggio decente). Terzo: è più economico andare a fare un esame “gratuito” a S. Giovanni in Persiceto o Castiglion dei Pepoli o spendere molto meno a farlo in un privato comodo a Bologna?
Mi fermo qui. Una cosa che invece sarebbe da sottolineare è la esigenza di costruire una Scuola di Specialità in medicina di base o di famiglia che al momento è molto sotto alle necessità. Vedi Confronti europei deprimenti.