Giovani Dem, quel pasticciaccio brutto al seggio di Pieve di Cento

Dietro all’annullamento dell’elezione a segretario nazionale della molisana Caterina Cerroni, c’è anche un esposto di scrutatori della sua mozione contro le operazioni di voto in quel comune: «Sede spostata senza avvertire, 24 voti dalla grafia uguale tutti a favore dell’altra mozione prima che arrivassimo, poi non si è visto più nessuno. Strano, no?». La replica: «Sono voti veri. Quei signori proposero di aggiustare i numeri, scriviamo contro-esposto». Ecco a cosa porta la guerra per bande che avvelena il Pd

di Aldo Balzanelli, giornalista


C’è una piccola storia che riguarda i Giovani Democratici di Bologna, l’ex Fgci per intenderci, che racconta meglio di tante analisi cosa rischia di diventare il Partito Democratico se non si arresta la deriva correntizia e di guerra per bande che lo caratterizza da qualche tempo. Per la verità non si tratta di un fenomeno del tutto nuovo. Molti anni fa, per metter fine alle liti interne, la federazione del Pci, che allora era la più grande dell’occidente, dovette essere “commissariata” dai modenesi che inviarono sotto le Due torri Renzo Imbeni. Per non parlare della storica sconfitta del 1999, anch’essa figlia delle lotte intestine del partitone.

Oggi quel partitone è diventato un partitino, che continua a raccogliere percentuali importanti alle elezioni, ma che in termini di iscritti sembra sia sceso a 3.500 tessere in città e in termini di lotte intestine non si fa mancare nulla.

Ma torniamo alla nostra storia.

All’inizio di agosto i Giovani Democratici devono eleggere il loro segretario nazionale. In lizza ci sono due mozioni: una che fa capo a Caterina Cerroni, molisana, l’altra a Raffaele Marras, toscano. I bolognesi sembrano propendere per quest’ultimo e quindi i sostenitori della Cerroni mandano loro rappresentanti di lista a controllare la regolarità del voto. Da Bergamo partono due ragazzi con destinazione Pieve di Cento, uno dei comuni dove si poteva votare per il segretario. “Quando siamo arrivati all’indirizzo del seggio, la sede del Pd, abbiamo trovato le porte chiuse”, racconta Gabriele Giudici, uno dei due rappresentanti di lista, segretario dei Gd della sua città. “Abbiamo cominciato a telefonare e così abbiamo scoperto che la sede delle votazioni era stata spostata senza dir niente a nessuno. Quando, dopo pochi minuti, abbiamo raggiunto la nuova sede, c’era una sola persona presente e tuttavia dai documenti risultava avessero già votato 24 iscritti, tutti per la mozione Marras. Ci siamo insospettiti e controllando le schede abbiamo notato che la calligrafia di tutte le firme era molto simile. Per tutto il restante tempo che siamo rimasti lì non si è più presentato nessuno. Un po’ strano no?”.

A questo punto i due rappresentanti di lista hanno presentato un esposto alla Commissione regionale di garanzia, che lo ha ritenuto fondato e inviato alla Commissione nazionale, congelando in sostanza l’esito delle votazioni, anche perché altre irregolarità erano state segnalate un po’ da tutta Italia.

Michele Migliori, il dirigente bolognese dei Gd che ha gestito il seggio di Pieve di Cento, nega tutto. “I voti sono veri e le persone sono disposte a testimoniarlo. Quei signori (dice proprio così parlando dei suoi compagni di partito, ndr) volevano militarizzare il congresso e a un certo punto mi hanno proposto di ‘aggiustare’ i numeri, spartendoci il risultato. Non ho difficoltà a dirlo perché l’ho dichiarato anche nel contro-esposto che abbiamo fatto”.

Insomma un brutto pasticcio che tocca ora alla commissione di garanzia nazionale sbrogliare. I Giovani democratici contano meno del due di briscola, si dirà. Vero. In tutta l’Emilia per il segretario hanno votato solo 249 iscritti e per questo i 24 voti di Pieve di Cento, considerata una roccaforte dell’ex segretario di Bologna Francesco Critelli e dell’assessore comunale Alberto Aitini, sono decisivi perché spostano l’equilibrio da una lista all’altra. Senza i voti contestati vincerebbe Cerroni, in caso contrario prevarrebbe invece Marras.

Ma al di là dei numeri, la vicenda getta una luce obliqua sulle dinamiche elettorali interne al Pd. Anche qui non si tratta di una novità assoluta. Un paio di anni fa un durissimo scontro si verificò al circolo Galvani, dove l’ex segretario Andrea Forlani denunciò l’inserimento last minute tra gli iscritti di persone che non risiedevano nel quartiere. In un caso addirittura con l’indirizzo in un palazzo in costruzione. Anche in quel caso in ballo c’era un’elezione: quella per la riconferma dell’ex segretario Critelli, che alla fine ottenne il successo con una maggioranza risicatissima.

Il caso di Pieve di Cento, senz’altro marginale nelle sue dimensioni, mette però in evidenza che anche nel Pd bolognese le esasperate dinamiche correntizie qualche volta spingono in una direzione che rischia di sconfinare oltre la linea del lecito confronto politico, introducendo metodi decisamente discutibili in un territorio che, a differenza di altre zone del Paese, spesso ostaggio dei signori delle tessere, a queste cose è sempre stato poco abituato.


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