Il 7 ottobre ricorre la “Giornata dei risvegli”, iniziativa europea nata nel 1999 sulla spinta dell’associazione “Gli amici di Luca”, che mette in rete in Italia e all’estero tante associazioni che hanno mosso i primi passi da dolorose esperienze personali
di Fulvio De Nigris, associazione “Gli amici di Luca”
“La Giornata dei risvegli per la ricerca sul coma” a cui abbiamo aggiunto “vale la pena” è una iniziativa che l’associazione “Gli amici di Luca” ha creato il 7 ottobre del 1999 e che da ventidue anni si celebra, lo stesso giorno, su tutto il territorio nazionale. È il giorno in cui Luca, figlio mio e di Maria Vaccari, presidente della nostra associazione, si svegliò dal coma in terra straniera, dopo un percorso tortuoso che inseguiva la speranza, il sogno di una ripresa totale, e che all’inizio, contro tutti e grazie ad una gara di solidarietà, ci portò in Austria.
Allora eravamo “digiuni di coma”. Sapevamo molto di come affrontare i problemi di salute di un ragazzo di 15 anni che sin dalla nascita, nonostante la sua intelligenza e simpatia, aveva seguito un percorso terapeutico tra l’Italia e la Francia che l’avrebbe portato ad una operazione risolutiva per la sua stabilità ed il suo percorso di vita adulta. Purtroppo non fu così. L’operazione davanti alla quale tutti, noi genitori e medici, andammo a cuor leggero, si rivelò disastrosa. Non subito fatale, ma tale da condurci in quella terra di nessuno, il coma, dopo “un’operazione perfettamente riuscita”.
Il percorso di quei mesi è stato duro ma altamente formativo. Ci siamo trovati in quel gruppo di familiari in rianimazione, tra attesa, ansia, speranza, disperazione e disillusione. Pronti ad alimentarci dei racconti degli altri, specialmente quando nelle loro parole c’erano segnali di risveglio. Ci siamo accorti di quanto eravamo disarmati, ma anche di quanta energia potevamo disporre se avessimo fatto rete con altre persone che come noi vivevano la stessa esperienza. Non potevamo soffrire il fatto che il corpo di nostro figlio ci fosse sottratto per ragioni mediche e cercavamo di contrastare il dolore della malattia accresciuto dal dolore dell’assenza. In quel periodo, scandito in rianimazione da soli due appuntamenti giornalieri di visita per poco meno di un’ora l’una, ricordo il mio sguardo fuori dalla finestra, alla ricerca di uno spazio aperto dove programmare il futuro. Un futuro che volevamo a tutti i costi, contro una sola parola che ci ripetevano e risuonava dappertutto: rassegnatevi!!! Contro la rassegnazione, cercammo una speranza su internet, la trovammo in Austria, facemmo venire a nostre spese uno specialista che ci diede quella speranza che tanto cercavamo.
E così si formarono “Gli amici di Luca”, aprimmo una sottoscrizione e cominciammo il nostro viaggio. In terra straniera, in un percorso condiviso di riabilitazione, Luca si svegliò dal coma e cominciò a muovere i primi passi (ricordatevi questo passaggio, poi ci ritorneremo). Tornammo a Bologna e, quando tutto sembrava andasse per il meglio, la mattina dell’8 gennaio 1998 Luca non si svegliò. Così come improvvisamente era andato in coma, così morì nel sonno. Ma tutto quello che avevamo vissuto, tutto quello che a nostre spese avevamo imparato, non poteva andare sprecato. Maria scrisse che era come “un motore a mille all’ora che non poteva spegnersi”. Aveva ragione e fu così.
Il resto è conosciuto. La nascita della Casa dei Risvegli dedicata a Luca, un borgo della speranza, un centro pubblico dell’Azienda Usl di Bologna, dove in una regione virtuosa come la nostra si coniugano professionalità cliniche e culture diverse tra “chi sa di coma” e “chi vive il coma”. La “Giornata dei risvegli”, da sei anni diventata europea, che si mette in rete in Italia e all’estero con tante associazioni che come la nostra hanno mosso i primi passi da esperienze personali. E molto spesso si parla di risvegli clamorosi (stimolati da persone famose), e molto spesso si parla di vita come prima.
Anche io ho scritto nelle righe precedenti “ Luca si svegliò dal coma e cominciò a muovere i primi passi”. Nel senso che mostrava di capire tutto, ma non parlava, riusciva a comunicare attraverso un dito che indicava le lettere su una lavagna trasparente, era in carrozzina, ma lo mettevano in piedi e sorreggendolo qualche passo riusciva a farlo. Per lui stavano studiano una carrozzina elettrica. Questo per dire che le parole spesso sono fuorvianti. Gli stessi titoli dei giornali lo sono. E i miglioramenti di Alex Zanardi, il risveglio recente della ragazza in coma grazie alla voce di Totti dicono la verità. Ma non è la verità che tutti quanti auspichiamo. È un’altra verità. Quella di chi vive condizioni estreme, di sofferenza, di disabilità, di percorsi che si fa fatica a condividere e sostenere perché si pensa sempre che sia “un mondo a parte” e non una parte del mondo.
Fin da piccolo mi è sempre piaciuta la prestidigitazione, la magia nel senso dell’illusionismo. Una delle grandi capacità dell’illusionista è la misdirection. Sviare l’attenzione di chi guarda per distrarlo dal trucco che si sta compiendo. Ecco molto spesso quello che viene comunicato distrae l’attenzione sui problemi principali che sono le difficoltà del vivere quotidiano in condizioni di estrema fragilità. E questo avviene anche per il dolore personale. A chi mi chiede: “Come fai a vivere sempre nel dolore”. Anch’io rispondo con la misdirection:”Cerco di non pensarci”.
Verissimo tutto, ma il coma lascia tracce indelebili anche se in apparenza non visibili. I miei 17 giorni di coma risalgono a dodici anni fa e anche ora se tutto procede e vivo un’esistenza normale e retta…è come il prestigiatore che fa distogliere lo sguardo dal trucco. L’apparente normalità e solo apparente.