Un viaggio del Cantiere nelle direzioni artistiche e al loro impegno per la nuova stagione. Prima tappa con il Comunale Laura Betti di Casalecchio, che simbolicamente ha riaperto la scena con un atto “folle”, la danza della cometa di Halley dalla piazza al palco, gli spettatori in attesa a seguirlo in una sorta di cerimonia laica
di Cristian Tracà, docente
Il teatro riparte, tra peripezie e nuove forme. In queste settimane cercheremo di raccontarvi il modo in cui le direzioni artistiche dei vari enti del territorio bolognese stanno pensando alla nuova stagione. Cominciamo da Cira Santoro, responsabile per la progettazione del Teatro Comunale Laura Betti di Casalecchio.
Ciao Cira, cosa vuole dire ricominciare quest’anno?
Significa riprendere dei fili che si sono spezzati, rimarginare le ferite che il lockdown ha provocato in tutte le fasce di pubblico fragile, i bambini, gli adolescenti, gli anziani, ricostruire coesione e comunità con la città che ha avuto, e ha, altro a cui pensare. Il teatro deve ricominciare come parte del discorso pubblico, mettendo a disposizione il suo spazio per creare occasioni di elaborazione collettiva e coesione sociale.
Che cosa ha imparato il mondo del teatro dall’esperienza del lockdown. Ci racconti come avete passato i mesi di chiusura forzata?
Per noi di Ater Fondazione è stato un momento straordinario, grazie alla nuova presidente, Patrizia Ghedini che, insediatasi a gennaio 2020, ha avuto la capacità di costruire una progettualità nuova che ci ha permesso, per la prima volta, di mettere in rete i teatri gestiti. Io ho coordinato il progetto Teatri di vicinanza che ha cercato di mantenere viva la memoria del teatro presso il suo pubblico. Abbiamo creato uno storytelling fatto di ricordi, emozioni e testimonianze legate alle esperienze dei singoli spettatori. Abbiamo costruito un sito in cui, per la prima volta, sono raccontati i teatri di Ater. Anche se a distanza abbiamo lavorato insieme quotidianamente con un sistema di comunicazione integrata e un pensiero condiviso sulla promozione del pubblico.
Avete riaperto in maniera simbolica…
Sì, al Teatro Laura Betti abbiamo riaperto con una piccola follia. Non sapevamo neanche fino a che punto sarebbe stata praticabile. Quando Fabrizio Favale mi ha parlato del progetto The Solo Halley, ispirato all’omonima cometa, ho pensato che fosse la cosa giusta. La cometa, presagio di un nuovo inizio, avrebbe attraversato gli spazi del teatro sotto forma di danza. Vincenzo Cappuccio, il bravissimo esecutore delle coreografie di Favale, ha lavorato sull’apparizione: dalla piazza al palco, il pubblico lo ha aspettato e seguito lungo un percorso che ha attraversato tutto il teatro, in una sorta di cerimonia laica che ha riportato spettatori e artisti tra le mura del teatro.
Che tipo di stagione dobbiamo aspettarci?
Una stagione divisa in due parti, come la maggior parte dei teatri. Quella su cui stiamo lavorando, specie nella prima parte, è una stagione “di comunità”: come facciamo già da diversi anni per il Capodanno, mettiamo a disposizione le nostre competenze teatrali per celebrare momenti significativi per la collettività casalecchiese e metropolitana. Oltre a Politicamente Scorretto, stiamo costruendo un evento teatrale importante per commemorare il trentennale della strage del Salvemini.
Uno dei vostri pilastri è la collaborazione con le scuole e con i docenti. Nella scuola che cambia come vi state riorganizzando?
Apriamo con un ciclo di seminari per i docenti che vuole riflettere sulle visioni: da quelle andate on line durante il lockdown alle forme di innovazione che quel periodo ha prodotto nel teatro e che pensiamo possano potenziare la cultura teatrale e la formazione del pubblico a prescindere dall’assenza di teatro. Pensiamo che questo periodo, al di là delle tragedie che ha prodotto, debba essere occasione di rinnovamento dei linguaggi teatrali e del modo di fare teatro. Sarà un’occasione per metterci in ascolto della scuola e concordare insieme le azioni da fare nell’immediato, inventando un teatro scuola che non esiste e che forse servirà a smuovere le acque di un teatro dato troppe volte come scontato e di routine.
Si arriverà mai ad usare stabilmente il palcoscenico come aula didattica?
Stiamo preparando delle lezioni teatrali per tutta la stagione 20/21. Comincerà il Teatro delle Ariette, a novembre, con un ciclo di lezioni su cibo e biografia per gli studenti dell’Istituto Alberghiero Veronelli. Sperimentiamo uno spostamento dalla ristorazione e gastronomia alla narrazione e costruzione di identità. L’idea non è semplicemente di far fare lezione agli artisti ma di portare nella scuola il punto di vista degli artisti collocati nello spazio teatrale. La nostra proposta, quest’anno, si riassume nel titolo: “Il teatro è la scuola”.