Bononia docet: al Rizzoli un premio per la cura dei tumori ossei

Il “Blue Ribbon” assegnato dalla rivista Orthopedics a uno studio sul trattamento del Tumore a Cellule Giganti che ha evidenziato tra l’altro come il trapianto di osso, tecnica che ha reso celebre l’Istituto, sia il trattamento di scelta da un punto di vista ricostruttivo, contribuendo a un’informazione scientifica utile per i pazienti di tutto il mondo. Abbiamo intervistato Costantino Errani, che fa parte del team di specialisti che ha fatto la ricerca che rilancia il nome di Bologna

di Cristian Tracà, docente


Dottor Errani, come ci si sente da bolognese a far parte di un’eccellenza cittadina come il Rizzoli? Storicamente i bolognesi non amano andare al Rizzoli. È opinione comune che “se vai al Rizzoli ti ingessano anche se non hai una frattura”. Fino a quando non è stato chiuso i bolognesi preferivano andare al Traumatologico, in centro. Ho scoperto il Rizzoli alla fine di Medicina. Ritenendomi più dotato per una professione che richiedesse doti manuali, scelsi di salire all’Istituto per diventare un medico che “faceva i gessi per curare le fratture”. Era la fine del secolo scorso: sono meno i gessi che ho fatto che gli anni passati in Istituto.

Come comincia l’avventura con la cura dei tumori ossei?

Ricordo ancora il primo incontro col direttore della scuola di specialità di ortopedia, Mario Campanacci, che mi accolse come frequentatore. Era il direttore della Clinica ortopedica che si occupava della cura dei tumori ossei, patologia all’epoca a me sconosciuta ma che aveva contribuito a far conoscere il Rizzoli nel mondo.

Da dove nasce l’eccellenza oncologica del Rizzoli?

I sarcomi ossei sono neoplasie molto rare che al Rizzoli diventavano frequenti in quanto l’Istituto ne rappresentava il centro di cura. Nei suoi archivi il primo caso clinico di un tumore maligno dell’osso, un osteosarcoma, è datato 1900. Prima della seconda guerra, Vittorio Putti, uno dei primi direttori, attraversava l’oceano in nave per recarsi al congresso americano di ortopedia invitato per una comunicazione sui tumori ossei. Nel 1955 Federico Goidanich fondava il centro scientifico dei tumori dell’apparato locomotore. Oggi l’archivio oncologico, totalmente computerizzato, contiene più di 30.000 casi ed è unico al mondo.

Come si agisce oggi su un tumore alle ossa?

Fino ai primi anni ‘70 la cura dei sarcomi era solo la chirurgia (quasi esclusivamente amputazioni) e  la sopravvivenza era bassissima, limitata al 10%. La chemioterapia ha cambiato la storia del loro trattamento incrementando la sopravvivenza al 70% e salvando gli arti nel 90% dei casi. Oggi dopo l`asportazione di un tumore, grazie alla Banca del tessuto muscolo-scheletrico presente in Istituto, è possibile eseguire trapianti oppure, grazie ai nostri ricercatori, ricostruire difetti ossei con protesi su misura utilizzando le tecniche di stampa 3D e la navigazione chirurgica in sala operatoria.

Perché proprio a Bologna questo sviluppo scientifico?

Il Rizzoli grazie al Centro di Ricerca Codivilla-Putti è una struttura ospedaliera unica che contribuisce allo studio e alla cura dei tumori ossei attraverso una ricerca traslazionale: la possibilità unica di confrontare i dati sperimentali dei nostri ricercatori con i dati clinici dei pazienti, consentendo una ricaduta reale delle scoperte scientifiche sulla salute.

Arriviamo al premio glorioso al vostro team

Il “Blue Ribbon” – recentemente assegnato dalla rivista Orthopedics alla nostra ricerca scientifica, che ha coinvolto il Rizzoli, il Nara Medical Hospital in Giappone e la National and Kapodistrian University di Atene sul trattamento del Tumore a Cellule Giganti, rara neoplasia ossea che colpisce i giovani – viene assegnato a pubblicazioni scientifiche con requisiti di grande rilevanza per l’assistenza clinica. La nostra ricerca ha evidenziato come un nuovo farmaco non sia in realtà sempre efficace nel trattamento di questa neoplasia mentre il trapianto di osso sia il trattamento di scelta da un punto di vista ricostruttivo, contribuendo a una importante informazione scientifica utile per tutti i pazienti del mondo.

Come spesso accade a Bologna, la forza sembra nascere dalla capacità di rete

L’eccellenza dell’Istituto risiede proprio nella sua capacità di permettere una ricerca libera che coinvolge non solo ricercatori e clinici all’interno dell’Istituto ma collabora con altri centri di ricerca nel mondo, con risultati clinici che impattano in modo reale sulla cura dei pazienti.

Quali i prossimi obiettivi?

I progetti sono mirati non solo alla comprensione dell’efficacia dei farmaci nel trattamento di queste neoplasie ma anche a comprenderne il metabolismo e il microambiente, oltre a proseguire nello sviluppo di trapianti e delle protesi su misura per la ricostruzione dei difetti scheletrici dopo l’asportazione del tumore.


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