Una lunga maratona web nel giorno del trentesimo anniversario della strage. Senza retorica, con lo scopo di trasformare la tragedia in educazione alla coscienza civica
di Aldo Balzanelli, giornalista
La mattina del 6 dicembre 1990 stavo entrando come ogni giorno in redazione. Sulla porta fui quasi travolto da un collega che mi gridò trafelato: “È caduto un aereo su una scuola a Casalecchio, sto andando là”. Cominciavano così giornate tragiche e febbrili, difficili da dimenticare anche a distanza di trent’anni. La conta dei ragazzi morti, dei feriti, i soccorsi, lo strazio delle famiglie, dodici bare allineate in un silenzio spettrale, quello squarcio nel muro della succursale dell’istituto Salvemini di Casalecchio che aveva portato la morte fin dentro una scuola, il video girato da una tv privata con l’aereo in fiamme impazzito sopra la città. Negli anni sarebbero seguiti i processi con lo Stato a difendere i militari e non le famiglie dei ragazzi e quell’incredibile verdetto finale secondo il quale “il fatto non costituisce reato”.
Lo scorso weekend, dopo tanto tempo, gli studenti e gli insegnanti del Salvemini, quelli di oggi e quelli di allora, sono riusciti a tenere la retorica fuori dalla porta, trasformando l’anniversario della strage nella riproposizione dell’urlo che trent’anni fa passò di bocca in bocca “Mai più”, traducendolo in quattro nuove parole “Io sono il Salvemini”. Una frase ripetuta in questi giorni in video da personaggi famosi e persone comuni, che non significa soltanto “io non ho dimenticato”.
Significa sostenere la battaglia che i familiari stanno combattendo da anni, accompagnati da troppa indifferenza, per veder riconosciuti i diritti delle vittime che nel momento in cui accettano i risarcimenti si vedono negare da una legge ingiusta il diritto di partecipare come parti civili ai processi. Significa che la cicatrice di quel tragico evento non ha segnato soltanto le dodici famiglie dei ragazzi che hanno lasciato la loro giovinezza in quell’aula scolastica, ma un’intera comunità, compresi coloro che quel giorno non erano ancora nati.
Una comunità che, è bene rimarcarlo, ha saputo reagire in modo straordinario a un evento talmente enorme che poteva rischiare di lasciare annichiliti e impotenti. Lo ha fatto insieme alle istituzioni, che in questi anni sono sempre state al fianco dei familiari. Ma lo ha fatto soprattutto trasformando una tragedia in una battaglia per la memoria, la giustizia, l’educazione alla coscienza civica.
La succursale dell’Istituto Salvemini, l’edificio contro il quale si schiantò l’aereo militare, è stata trasformata in Casa della solidarietà, punto di riferimento di tante associazioni di volontariato. In quei locali, nell’aula della strage, si è tenuta domenica pomeriggio la maratona web “Io sono il Salvemini”, molte ore di diretta coordinate da Simona Lembi, la studentessa della scuola che trent’anni fa ai funerali dei suoi compagni trovò la forza e il coraggio per leggere il messaggio degli studenti in cui si affermava tra l’altro “un’idea di pace contro le logiche di guerra”. È stata un’esperienza straordinaria che è riuscita a rendere quanto mai attuale un evento ormai lontano nel tempo, mostrando che la memoria può e deve servire anche a guardare avanti.
In copertina: l’aula della 2ª A dell’Istituto Salvemini a Casalecchio di Reno dopo il disastro aereo del 6 dicembre 1990. In primo piano i resti del motore del velivolo
Mia madre, pittrice, molto toccata da quella tragedia offri alle famiglie delle vittime il loro ritratto e so che fu molto apprezzato….