Una certa sinistra si differenzia poco dai partiti della destra che sono i veri rappresentanti del pensiero calcolante. Tant’è che la destra si ricompatta alla ricerca del leader e se sarà confermato l’imprenditore Fabio Battistini l’esito del voto non sarà scontato. Il Pd ponga fine alla sua rissosità. Occorrono intelligenza politica per dar vita alla più ampia coalizione possibile e lo stesso spirito che animò la nascita e l’affermazione dell’Ulivo: sembrava un sogno, si realizzò
di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore
La sinistra rimane vittima del suo improprio pensiero calcolante, i suoi dirigenti sanno pensare prevalentemente in termini di convenienza personale o di corrente. Non sono approdati ancora a una cultura del pensiero visionario, di una logica pensante, di anticipazione del futuro, di farsi servizio finalizzato a produrre il bene per tutti.
In questo una certa sinistra si differenzia poco dai partiti della destra che sono i veri rappresentanti del pensiero calcolante, del partito personale, attento solo agli interessi di parte e a essere una consorteria chiusa ai non adepti. Non a caso in osservanza a questo suo pensiero la destra riesce prima e meglio a trovare l’unità e l’accordo sul leader che meglio possa rappresentarla nella sfida all’occupazione della sedia del primo cittadino di Bologna. I tre partiti della destra sono riusciti a divenire una coalizione, capace di scegliere un candidato non appartenente a uno dei partiti ma espressione della società civile.
La Lega ha proposto a FdI e a Fi l’imprenditore Fabio Battistini, che sta registrando molti appoggi da liste civiche e qualche perplessità da alcuni dirigenti di partito. Un candidato che prima ancora di ricevere la nomina ufficiale sta già lavorando a importanti progetti per una Bologna competitiva. La sinistra, invece, continua a non definire una piattaforma su cui formare l’auspicata larga coalizione, che ad oggi non si sa da chi possa essere composta. Il Pd provinciale continua a sprofondare nel caos, a non risolvere il dilemma primarie o unità, a non conciliare la divisione dei suoi capi e capetti delle tante correnti. Le scelte del programma, della coalizione e del candidato alla data annunciata vengono sistematicamente rinviate.
Nemmeno nella riunione romana del Pd dei capi delle correnti nazionali, cui gli aspiranti candidati bolognesi si richiamano, sembra sia riuscita a trovare la quadratura del cerchio. Che cosa dire? Lo spettacolo ha superato ogni limite di decenza. Tanta rissosità non è giustificata dalle qualità e dalla credibilità di alcune personalità che direttamente o informalmente si sono già dichiarate disponibili a sfidare il centrodestra. Che, se confermerà l’industriale Battistini, darà vita a una gara che si annuncia dall’esito non scontato, contrariamente a quanto sembrava prima dell’estate.
L’irrisolutezza del Pd e la litigiosità dei suoi dirigenti stanno determinando un allontanamento di quegli elettori e simpatizzanti che, frustrati dalla mancata partecipazione al processo di elaborazione del programma e di scelta del candidato migliore, si stanno allontanando dalla politica e chiudendosi di nuovo nell’astensionismo. È davvero incredibile come il Pd locale possa sottovalutare la ricaduta sociale della litigiosità dei suoi dirigenti, di quelli che antepongono gli interessi o la carriera personale alle buone sorti del partito. Se anche il Pd riuscisse a recuperare questa caduta di credibilità non è detto che avrebbe rimosso i grandi ostacoli.
L’elezione amministrativa del 2021 pone al centro-sinistra una questione dirimente se vuole risultare vincente. Quella di come formare l’ampia coalizione, con l’apertura da una parte al centro e ai movimenti civici e dall’altra della sinistra ‘dura e pura’. Il veto che pone l’area progressista alla convergenza con la sinistra radicale, e di quest’ultima al centro, potrebbe rendere la coalizione meno larga, anzi così ristretta da ridurre le possibilità di successo.
Dunque si pone il problema tutto politico. Il candidato che sarà scelto, con primarie o senza, deve esprimere, oltre a competenze ed esperienza, un’elevata capacità di tessitura delle forze indispensabili ma che si ritengono inconciliabili. Si sa che in politica nulla è inconciliabile, idee e valori contrapposti possono trovare una possibile convergenza quando la logica del confronto non è di parte, ma serve produrre il bene comune.
Amministrare la cosa pubblica vuol dire saper rispondere ai bisogni e alle aspettative dei cittadini. Non vuol dire essere intransigenti sui propri principi, perché anche questi possono essere salvaguardati all’interno di quella necessaria mediazione che guarda al benessere delle persone, delle famiglie e della comunità tutta. Le differenze possono restare nella loro non riducibilità all’omologazione, ma le differenze sono tali se sanno essere anche possibilità di convergenza su interessi generali. Chi si richiama a una logica di egemonia e chi teme di contaminarsi nell’incontro con l’altro, vuol dire che questi non lavora per delle democrazie pluraliste e per una società di civile convivenza.
Il futuro candidato a sindaco del centro-sinistra deve essere scelto prioritariamente sulle capacità di ricomporre soggetti e movimenti, che non possono definire impropriamente la loro identità nella contrapposizione. Occorre intelligenza politica per dare vita alla più ampia coalizione possibile, occorre lo stesso spirito che animò la nascita e l’affermazione dell’Ulivo.
In copertina: Gerardo Bianco, Walter Veltroni, Lamberto Dini, Romano Prodi, Massimo D’Alema e Carlo Ripa di Meana (1996)
Un pensiero riguardo “In politica l’impossibile è possibile, bisogna crederci”