«Quell’altezzosa dell’Asinelli: ma non siamo le Due Torri?»

«Da secoli mi guarda dall’alto in basso e ci sono abituata. Ma soffro perché i bolognesi pensano solo a lei. La colorano di rossoblù se il Bologna vince. A me ricorrono solo per operazioni umanitarie, allora mi srotolano in faccia gli striscioni». Ci arriva questo sfogo e ha una strana firma (sarà poi sua?), quella della più piccola tra le due cugine che sono il simbolo della città. Chiede, al di là delle diverse quote raggiunte, pari dignità come regalo di Natale. È un po’ il sogno di tutti quelli che subiscono. Per questo lo facciamo nostro

di La Garisenda, torre minore e un po’ trascurata


In una busta anonima ci è giunto questo appello che volentieri pubblichiamo.

(Aldo Balzanelli)

Caro Cantiere,

scrivo a te perché, come sai, vivo da tempo proprio in un cantiere, circondata da orrende palizzate. Per me questo Natale è molto triste, ma non per questa temporanea prigionia. Il vero motivo è un altro. Riguarda mia cugina, l’Asinelli, che da secoli ormai mi guarda dall’alto in basso. A questo mi sono abituata, ma quel che mi provoca sofferenza è il fatto che i bolognesi sembrano pensare soltanto a lei. Guarda questo Natale. Per lei hanno approntato luci straordinarie, che cambiano colore e che quando il Bologna vince la tingono di rossoblù. Ma non siamo la città delle Due torri? “Due” torri, non una. E allora perché si pensa solo a lei? E tutto si fa solo per lei? Anzi no, quando non si tratta di far bella figura, ma di intraprendere battaglie umanitarie allora si ricorre a me, allora torna buona la Garisenda, e mi si stende in faccia uno striscione per la liberazione di Patrick Zaki. Io condivido pienamente, figuriamoci, però…

D’accordo, gli anziani dicono altezza mezza bellezza e io sono bassina e anche un po’ storta. In origine volevo competere con mia cugina, ero 60 metri, ma un cedimento del terreno mi ha fregata e così anche quel poco di altezza che avevo raggiunto è stata ridotta. “Per evitare crolli”, mi dissero. Pendo? Sì, è vero, pendo, ma non è un difetto. A Pisa di questo ne hanno fatto un vanto. Perché invece qui da noi sembra essere una vergogna? E dire che, se vogliamo dirla tutta, io pendo un pochino di più della Torre di Pisa e quindi dovrei rappresentare un’attrazione anche solo per questo. Ma niente. Invece i turisti fanno la fila per salire sull’Asinelli, mentre io sono chiusa come un cantiere abbandonato, nonostante di me abbia parlato persino Dante Alighieri.

Per la verità mia cugina, qualche tempo fa, mi aveva teso una mano. Un ponticello di legno ci univa a mezza altezza e chi voleva poteva passare di qua e di là. Per me era importante, mi faceva sentire “di famiglia”, ma dopo un po’ quel legame è stato inspiegabilmente troncato. Anche in questo caso parlarono di rischi di crollo, perché – dicevano – io continuavo a inclinarmi, ma non era vero dato che a distanza di secoli i fori che sostenevano le travi del ponte sono ancora perfettamente allineati.

Fu l’ennesimo dispetto insomma, l’ennesimo modo per marcare il fatto che la torre prediletta era l’Asinelli e io dovevo ringraziare di poter essere lì accanto, senza aver fatto la fine delle altre torri che popolavano lo skyline di Bologna e che un po’ alla volta erano state abbattute. 

Caro Cantiere, non voglio farla lunga, ma ti chiedo di aiutarmi a recuperare la mia dignità, a far sì che Bologna sia davvero la città delle due torri e non di una torre soltanto. Ti chiedo questo regalo di Natale e faccio tanti auguri a te e a tutti i bolognesi.

La Garisenda


Sfaticata com’è, la redazione non ha saputo resistere al richiamo delle feste e ha deciso di chiudere il Cantiere per un giorno. Ci si rivede il 27, giusto il tempo di riprendersi dalla grande abbuffata natalizia…

Tanti auguri!


2 pensieri riguardo “«Quell’altezzosa dell’Asinelli: ma non siamo le Due Torri?»

  1. delizioso racconto e sicuramente condivisibile
    Le due torri devono essere entrambe vissute dai bolognesi e valorizzate

  2. La Garisenda di fatto augura al mondo ingiusto un Natale che regali più giustizia. Giustizia sociale soprattutto. Ed è quello che auguro anche io. Auguro un mondo più equo e solidale, che sappia fare a meno degli egoismi individuali. Ci si può realizzare e avere successo senza dimenticarsi di chi ha un passo più lento e sofferente. Bologna nel corso della sua storia ha pensato spesso ai cosiddetti ultimi e anche per questo è la meraviglia che amiamo. Pensiamo al forno del pane di Zanardi per pensare a cosa significhi l’idea di una politica solidale. Buon Natale, Cantiere. Buon Natale a tutti, dal Cantiere.

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