La collaborazione tra l’associazione Usa Social Changes e alcuni esponenti del centro sinistra regionale raccoglie commenti grotteschi. Ma guardiamo al contesto. L’Emilia-Romagna è tra le regioni più ricche del pianeta, vi investono brand globali e ora gli Usa sono insidiati dal colosso asiatico quale primo partner commerciale extra Ue. Con un centro destra filorusso e un M5S filocinese è così strano che un’organizzazione statunitense di sinistra appoggi l’unica forza atlantista rimasta?
di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB
Accade spesso in questo Paese che un dibattito dai risvolti interessanti finisca invece per assumere caratteri grotteschi, a tratti macchiettistici. E la vicenda legata all’associazione Social Changes e alla sua collaborazione con alcuni esponenti del centro sinistra regionale mi pare ne sia un’ulteriore riprova.
Rimanendo a una lettura superficiale, la questione si potrebbe facilmente archiviare ricordandoci che, nei limiti di legge, tanto un’associazione quanto un privato cittadino sono liberi di sostenere chi gli pare, a maggior ragione se a titolo gratuito. A oggi dunque non si capisce dove sarebbe l’inganno paventato da più parti, a meno di non considerare defraudati proprio quelli di Social Changes, ai quali è stato fatto credere che il Pd sia un partito di Sinistra, inducendoli in tal modo a tradire la propria ragione sociale…
Tuttavia, mettendo da parte pessime battute e inutili provincialismi, troverei più interessante prendere spunto da quanto accaduto per tentare di capire le ragioni di un interesse americano per la nostra politica regionale, evitando per quanto possibile di guardare il proverbiale dito anziché la Luna.
Partiamo da un dato di fatto: l’Emilia-Romagna è una delle regioni più ricche d’Europa e dunque del pianeta. Qui hanno sede grandi campioni della finanza, dell’industria e della ricerca, che da decenni ormai vedono un grande coinvolgimento di investimenti stranieri nelle loro attività. Un afflusso di capitali continuo, storicamente dominato da Stati Uniti, Francia e Germania, che nel recente passato ha visto crescere esponenzialmente anche l’attenzione del governo cinese, a cominciare dal settore logistico e da quello meccanico.
Sul nostro territorio si trovano infatti alcune delle infrastrutture portanti del sistema italiano ed europeo, primo tra tutti il Porto di Ravenna, uno dei 14 core-port strategici europei e terminale meridionale dei due corridoi Baltico-Adriatico e Mediterraneo delle reti Ten-T (Reti Transeuropee dei trasporti). Con 14 km di banchine, 22 imprese portuali, 600mila mq di magazzini e 26 milioni di tonnellate di merci movimentate, Ravenna è il primo porto in Italia per mole di scambi commerciali con i mercati del Mediterraneo orientale e del Mar Nero (40% del totale nazionale, ad esclusione del carbone e dei prodotti petroliferi) e ha assunto importanza crescente anche per quelli con la Cina, inserendosi nei piani di sviluppo delle cosiddette “Nuove Vie della Seta” (Belt and Road Initiative). Non a caso, nella città romagnola ha sede la divisione europea di China Merchant Group, azienda a controllo statale che vanta la leadership mondiale nel settore dello sviluppo portuale, con un portafoglio di 36 porti in 18 paesi e un fatturato annuo che si aggira intorno agli 80 miliardi di euro.
L’altro grande sbarco incomprensibilmente passato in sordina è quello di Faw, colosso cinese dell’auto elettrica da 90 miliardi di euro di fatturato che questa estate ha manifestato l’intenzione di investire un miliardo in Emilia-Romagna. L’obiettivo dichiarato è creare uno hub sinoeuropeo dell’auto elettrica nella Motor Valley tra Modena e Bologna, sfruttando la forte presenza sul territorio del gruppo Wolkswagen, proprietario dei marchi Lamborghini e Ducati e principale partner di Faw sul mercato cinese.
Anche questo contribuisce a fare oggi della Cina il secondo partner commerciale extra Ue del nostro Paese, dietro appunto agli Stati Uniti, i quali ovviamente hanno tutto l’interesse a mantenere il primato. Ma considerando il fatto che l’Italia è contestualmente anche un membro NATO sul cui territorio sono di stanza circa 13mila soldati americani, è evidente come a Washington questo attivismo cinese non possa proprio far piacere, a maggior ragione nei pressi di infrastrutture strategiche attive come il porto di Ravenna o in fieri come il nuovo Data Center del Tecnopolo. Ad aggravare il quadro, un sistema politico non proprio favorevole: con un centro destra filorusso e un Movimento 5 Stelle filocinese, l’unico grande partito italiano apertamente atlantista è rimasto il Pd. Nei panni americani voi chi aiutereste?
Naturalmente si può sempre pensare, come sembra suggerire qualche consigliere regionale, che ex membri dello staff di Barack Obama (!) siano stati cooptati nel gioco di correnti interne al Pd locale. E perché no, si potrebbe immaginare che la ragione di tanto interesse sia genuina, magari dovuta alla buona cucina e al successo oltreoceano della Lonely Planet dedicata all’Emilia-Romagna. Ma se si guarda a questi grandi investimenti in chiave geostrategica, che è poi il motivo reale per cui vengono fatti, l’interesse delle grandi potenze per la nostra politica appare non solo legittimo, ma quasi obbligato. E di questo, quando si compiono scelte strategiche per il nostro territorio, sarebbe sempre meglio tenerne conto.
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