Col senno di poi, è stata una specializzazione di studio che ha avuto il merito di far venire a galla la grande inadeguatezza di molti progressisti conservatori, la scorza gentiliana che sta ancora alla base di molti meccanismi sociali. Ma è anche grazie al Dams se Bologna continua ad attrarre centinaia di studenti da tutta Italia e da tutto il mondo che scelgono la Dotta per la grande offerta formativa in campo artistico
di Cristian Tracà, docente
No matricole, no fumatori, no DAMS. Quale studente universitario in cerca di appartamento o quale bolognese di passaggio per le bacheche della zona universitaria (in particolare quella iconica di via del Guasto) non si è mai imbattuto in questa trilogia?
Per non dire del leggendario esame su Apocalypse now nel film Paz, con gli studenti caciaroni, che studiano poco e male, che bighellonano nella notte tirando tardi tra una schitarrata, qualche bevuta e qualche spinello. Una pellicola cult per chi ha amato la Bologna giovane, un po’ trasgressiva e ribelle ancora prima di venirci ad abitare. Per altri una conferma di stereotipi sui fuorisede iscritti a lauree umanistiche, da evitare assolutamente, come inquilini per i proprietari e come coinquilini per i ‘veri studenti’, la futura classe dirigente.
Il Dams, col senno di poi, è stata una specializzazione di studio che ha avuto il merito di far venire a galla la grande inadeguatezza di molti progressisti conservatori, la scorza gentiliana che sta ancora alla base di molti meccanismi sociali, la profonda incapacità di questo Paese di prendere a braccetto il proprio talento artistico e di moltiplicarne il valore sociale ed economico.
E pensare che alle radici di questa piccola rivoluzione accademica ci fu un classicista di quelli con la C maiuscola, Benedetto Marzullo, professore emerito di letteratura greca, uno di quelli che si erano formati con Giorgio Pasquali, con un curriculum che piacerebbe anche ad un apocalittico moderato. Fu lui il direttore del corso di laurea dall’inaugurazione fino al 1975.
Da allora, sono trascorsi cinque decenni in cui lo studio delle discipline artistiche in Italia si è sviluppato a macchia d’olio in tutta la Penisola, tanto che oggi è quasi impossibile trovare un Ateneo che non abbia, al proprio interno, docenti che insegnano e fanno ricerca su questi temi.
Dieci lustri che però non sono stati ancora sufficienti per chiarire le idee proprio a tutti. Non bisogna per forza ricorrere al cliché della nonna del Sud, mentre cucina la caponata e parla al telefono col nipote che prepara un esame di Filmologia, per imbattersi in quell’equivoco approssimativo dell’accademia per ballerini e attori, quasi fosse un Amici di Maria De Filippi in versione meno pop e meno criticata dalle sinistre. Altro che cultural studies, fenomenologie e semiotiche varie.
Nonostante mille aneddoti, malgrado generazioni di studenti costretti a dissimulare la loro militanza damsiana per non incorrere nel pregiudizio affrettato dei puristi e degli utilitaristi, il corso di laurea più vilipeso della storia arriva ad un cinquantennio con le caratteristiche di chi comincia ad avere qualche ruga e ogni tanto rimpiange la Bologna che fu aggiungendo:“non è più il DAMS di una volta”.
Oggi, tra le splendide stanze di Palazzo Marescotti, i bellissimi laboratori di Piazzetta Pasolini e Via Azzo Gardino, le storiche aule del quadrante universitario per eccellenza e di Piazzetta Morandi, Bologna continua ad attrarre centinaia di studenti da tutta Italia e da tutto il mondo che scelgono la Dotta per la grande offerta formativa in campo artistico, tra corsi di laurea, dottorati di ricerca, Master, corsi di alta formazione. Inimmaginabili se non ci fosse stata quella scintilla negli anni Settanta.
Questo anniversario cade in un momento cruciale di ragionamento sul futuro della città, che si sta interrogando sulle prospettive della cultura e del sapere investendo parecchie energie su alcuni progetti artistici importanti come il Museo Morandi, il Modernissimo, il Nuovo Forno del Pane.
Sarebbe bello ospitare sul Cantiere esperienze, riflessioni e ricordi. Quanto è stato cruciale il clima culturale di Bologna sul successo scientifico di quel grande esperimento chiamato DAMS? Quanto ha influito, all’opposto, il mood damsiano su alcune prospettive di sviluppo della Bologna meno bottegaia?
In copertina: assemblea studentesca nelle aule del DAMS (anni ’70)