Esce un libro del costituzionalista Armaroli che mette a confronto la sobrietà di Mattarella con l’eloquio da gagà di Conte e torna in mente l’atto di coraggio, era il ’96, del Commissario straordinario del Rizzoli davanti al Cerimoniale del Presidente. Gli suggerirono di tacere sui meriti al prof. Manzoli, creatore del Centro di ricerca degli Istituti: era un inquisito. Li congedò in nome della presunzione di innocenza. Manzoli fu poi assolto. Un bel monito a chi ama il clangor di manette
di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee”
Marzio Breda sul Corriere della Sera recensisce il recente libro “Conte e Mattarella. Sul palcoscenico e dietro le quinte del Quirinale”, editore La Vela, scritto da Paolo Armaroli, costituzionalista con un passaggio in Parlamento nelle fila della destra, ma sempre persona moderata e equilibrata.
Lo riporto perché il “pennello” di Armaroli merita segnalazione per un’efficacia pure divertente. «…uno (Mattarella) misura le parole, le centellina, le usa come un imperativo kantiano e, quando ha finito di parlare come De Gasperi, non ha niente da aggiungere». L’altro (Conte) «…parla, parla, parla. Si direbbe che lo fa per diluire il pensiero, ridurlo a coriandoli e disperderlo, il motto che gli si addice è loquor ergo sum (parlo dunque esisto)». Uno si presenta con abiti istituzionali color antracite. L’altro veste «come un gagà, con pochette al taschino, un Lord Brummel di Volturara Appula». Uno «…è fatto con il fil di ferro dentro ed è di una immutabile coerenza». L’altro «…è ben lieto di recitare la parte del Cireneo, che canta e porta la croce, pronto al trasformismo». Mi pare un quadretto, quello di Armaroli, convincente.
Allora dedico questo aneddoto, vero, a tutti i giustizialisti senza remore, agli appassionati del clangor di manette, agli ammiratori di chi le invoca (anche in questo governo) e non serve nemmeno dire chi tra questi siano i campioni indiscussi, perché li conosciamo bene.
Nel 1996 Commissario straordinario al Rizzoli era il prof. Achille Ardigò. Correvano i 100 anni dalla nascita dell’Istituto Rizzoli e avvennero vari eventi celebrativi. Il culmine fu un grande incontro nell’aula magna del Centro di Ricerca Codivilla-Putti di via di Barbiano, alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Il Centro di ricerca era stato una grande intuizione e creazione, un paio di lustri prima, della Presidenza del Rizzoli del prof. Antonio Francesco Manzoli. Il quale nel 1996 era libero ma ancora sotto giudizio per una vicenda che aveva visto per lui anche l’umiliazione di una non breve carcerazione preventiva: solo dopo 12 anni Manzoli fu assolto, ma nel ’96 la sua via crucis non era ancora finita.
Poco prima dell’inizio del convegno, i responsabili del Cerimoniale del Presidente della Repubblica, che avevano visionato tutti gli interventi, chiesero urgentemente di parlare con Ardigò. Gli alti funzionari lo informarono che, pur augurando a Manzoli una completa assoluzione dalle accuse delle Procure, tuttavia in quel 1996 una sentenza non era stata ancora emessa: per cui l’inchiesta non era ancora finita. Da questo se ne deduceva che il capoverso dell’intervento del prof. Ardigò, di fronte a Scalfaro, dove si dava atto a Manzoli della realizzazione del Centro di ricerca, doveva essere cancellato.
Al che Ardigò, indignatissimo, ricordò ai due funzionari che esisteva il precetto costituzionale della presunzione di innocenza. Per cui lui non avrebbe cancellato il capoverso dove ricordava positivamente Manzoli e la sua creazione del centro di ricerca. Concluse, sbrigativamente, con i due cerimonieri che poi ci avrebbe pensato a lui a spiegare tutto a Scalfaro. Quindi li congedò.
Molti che a sinistra ma pure a destra si sono fatti cannibalizzare dal becero giustizialismo cialtrone, sempre un po’ fanatico, dovrebbero meditare di fronte alla cristallina determinazione di un uomo come Achille Ardigò a difesa del precetto costituzionale della presunzione di innocenza fino al giudizio del Giudice.
Ma in tempi in cui il 75% dei rinviati a giudizio dai pubblici ministeri viene assolto c’è da esser un po’ preoccupati.
Photo credits: Archivio Foto del Quirinale