La sua storia personale si forgia sul volontariato autentico. “Presto sapremo se ci sarà il voto anticipato. Attualmente per Bologna il candidato unitario non c’è, quindi ci saranno probabili primarie e mi piacerebbe sapere cosa è stato elaborato”
di Barbara Beghelli, giornalista
Nominata vicesindaca di Bologna Città metropolitana sul finire dello scorso anno, Mariaraffaella Ferri, consigliera comunale al secondo mandato, sfodera un consistente pacchetto di deleghe: sviluppo sociale, contrasto alle discriminazioni e alla violenza di genere, Progetto Stanza Rosa e coordinamento dei fondi del (famoso) Recovery Fund.
La sua storia personale si forgia sul volontariato autentico, via maestra mai abbandonata, che però lei non sbandiera. Niente vetrine. Parla a voce bassa e non è un caso che non ami la tivù urlata: “Ecco, a volte preferisco la radio o una buona lettura”.
Laureata in pedagogia, con un’esperienza ventennale in ambito formativo sulla progettazione e gestione di interventi, si è data alla politica a quasi 50 anni, con l’elezione nel Consiglio del Quartiere Navile di cui è stata vicepresidente. Ha ricoperto la carica di presidente della Commissione delle “Elette” e maturato un’esperienza associativa nelle ACLI, anche come responsabile nazionale del Coordinamento Nazionale Donne.
Ha un ricco curriculum.
“Non parlo mai delle mie esperienze, ma in effetti sono contenta di quello che ho fatto. Una vita piena di tante cose, molte a favore del prossimo”.
Contenta della nuova nomina? Se l’aspettava?
“L’ho appresa poco prima che fosse resa pubblica: è un grande impegno e spero di fare al meglio, devo dire che il mio primo pensiero è stato: ‘C’è necessità, mi metto a disposizione’”.
Di cosa si discute, di questi tempi, in Città metropolitana?
“Premesso che il sindaco è l’unico organo monocratico e i consiglieri delegati non firmano gli atti, che le commissioni sono due e istruiscono le materie di competenza del Consiglio che vertono principalmente sulla programmazione territoriale, la mobilità, lo sviluppo economico e sociale e l’edilizia scolastica, per fare un esempio in agenda c’è il ‘pacchetto’ Recovery Fund”.
Ci illumini.
“A settembre sono stati presentati i ‘progetti-bandiera’ di mobilità sostenibile con caratteristiche ben precise, in linea coi déttami del Recovery: è importante che siano cantierabili, che le risorse e l’inizio dei lavori avvengano nel 2023 e che siano completati e rendicontati nel 2026; riguardano il completamento del servizio metropolitano ferroviario, della bicipolitana e il trasporto integrato-metrobus. Il piano nazionale definitivo sarà presentato in Ue entro aprile, ma intanto lavoriamo per essere prontissimi per quando sarà data l’approvazione e i criteri di attuazione. Poi vediamo anche come va la crisi del nostro Paese…”.
Una situazione molto problematica.
“Non c’è dubbio, tra l’altro si riversa sulle Comunali. Presto sapremo se ci sarà il voto anticipato. Attualmente il candidato unitario non c’è, quindi ci saranno probabili primarie. Aggiungo: mi piacerebbe sapere cosa è stato elaborato, visto che i lavori della piattaforma online sono già avanti e riguardano diverse città che vanno al voto tra cui la nostra. Non occorre cambiare lo Statuto ma una cosa è certa: servirà trasparenza, spero sia stato fatto e comunque non tutti potranno accedere all’online”.
Lei è l’unica donna in giunta metropolitana.
“Confermo, e credo che così facendo si sia anche voluto dare un riconoscimento al ruolo femminile, che va sostenuto. Il tema è un po’ sempre quello. Certo servirebbe meno protagonismo e più gruppo, ma capisco che c’è chi ha maturato una certa cultura di riferimento e chi no. Poi ci sono dei momenti in cui devi prendere i voti e allora lì lo scenario cambia. In ogni caso il sentimento di collaborazione non è sempre scontato”.
Lei ha coordinato “Non solo mimosa”, progetto a favore della sezione femminile del carcere della Dozza e fa parte del Progetto Mozambico Onlus.
“Sul progetto Mimosa, attivato cinque anni fa, dopo avere fatto interventi formativi di varia natura, finché non si potrà tornare in presenza non possiamo fare molto altro, purtroppo. Ma ci rifaremo in futuro. La Onlus invece è nata 20 anni fa con un progetto sull’Aids, quando ancora in Africa non c’erano i farmaci. Di lì, con il supporto dei padri dehoniani, sono nati in loco centri professionali, educativi e un centro nutrizionale, una materna e una piccola biblioteca, per noi cose banali, per loro una finestra sulla vita”.