Pd: vergognarsi è un bene se non si cade nella trappola streaming

Sindrome di Stoccolma dopo la gogna a Bersani. Gli avversari, mai troppo corretti, dettano le regole della comunicazione digitale e i dem si accodano, ne mutuano il linguaggio e lo usano solo contro di sé. La vergogna è nobile, se promuove autocritica. Gridarla pubblicamente, copiando gli oppositori a proprio danno (ricordate i “vergoniaaaa”?), è suicida. Spunta un linguaggio interno che fa male: Aitini e Lepore sono compagni di partito e di Giunta, non meritano l’insulto delle opposte fazioni

di Giampiero Moscato, giornalista


Ci sono momenti in cui si può, ci si deve vergognare di ciò che accade a casa propria. Non mi sogno certo di contestare il diritto di Nicola Zingaretti di sbattere la porta e mollare la segreteria Pd. Però dei modi e delle parole mi sia consentito di dubitare.

La “vergogna” è autocritica, se è sentimento sincero. È insulto se pronunciata da altri. L’ha usata Virginio Merola (nella chat interna alla Giunta comunale che una manina più interessata che furba ha fatto filtrare) per contestare le mosse di due assessori, Alberto Aitini e Davide Conte, in questa campagna pre-elettorale. L’ha usata anche – “Pd: c’è da “vergognarsi” anche a Bologna” – il presidente di Cantiere Bologna dicendo che se Letta ha belle grane a Roma non è che a Bologna il clima sia di quelli di cui andare fieri. La differenza tra la vergogna volutamente o erroneamente pubblica dell’ex segretario e del sindaco uscente e la vergogna “critica” di un esponente della società (e tanti come lui) è però palese.

De Plato parla da cittadino, da potenziale elettore e ha tutto il diritto di criticare come la dirigenza gestisce una forza che ha enorme rilievo nei destini di tutti. Che lo dica Zingaretti che fino al giorno prima provava a convincere gente come me a votare Pd se non addirittura a iscriversi crea sconcerto: soprattutto se dice che comunque resta nella “Ditta”. Il discorso su Merola ci porterebbe altrove. Se fosse rimasto fatto interno alla giunta sarebbe stato un normale “scazzo”. Finendo sulla stampa assume un significato diverso e si allinea alla gogna che Zinga ha imposto al suo partito.

Ora, che ci siano cose nel Pd che non vanno è ovvio. Ma che il linguaggio scelto dai dirigenti per dire cosa non va sia quello che da anni usano contro il partito avversari spesso nemmeno all’altezza di essere corretti nelle critiche suona stupefacente. Per fortuna usano il digramma “gn”. Ma non c’è molta differenza con le grida di “vergoniaaaa” che si leggevano sui social da parte di gente che li chiamava, gli uomini e le donne del Pd, “quelli di Bibbiano”. 

Troppa parte dell’aneddotica dem è l’autodenigrazione che mutua su di sé il linguaggio degli avversari meno indulgenti. Dimettersi dicendo che lo si fa «perché si parla solo di poltrone e di Primarie» ha un che di suicida. Magari si parlasse davvero di Primarie, intanto. Ma uno che lascia la poltrona di segretario e mantiene quella di presidente di Regione ha l’esatta cognizione di quel che dice? Che i leader politici parlino come l’uomo della strada ha senso se toccano temi che servono a tutti. Meno se parlano di pancia pure loro.

Son ben contento che ci sia gente come Zingaretti che si prende la briga (non il privilegio, ma la responsabilità) di essere segretari di partito o presidenti di Regione. E mi sembra normale che per certe posizioni ci siano persone che si propongano o che promuovano altre. Bisogna che siano capaci e meritevoli, visto che la formula “uno vale uno” crea problemi e non elimina il gusto di restarci seduti, su quelle poltrone.

Il dramma è che la sinistra non esiste quasi più non tanto perché non ha idea di cosa significhi essere sinistra, ma perché non ha capito che il linguaggio ai tempi della comunicazione digitale è cambiato. Altri sì: e ora dettano le nuove regole dell’informazione. La sinistra si accoda. Scimmiottando. Copiando male. E usando quel linguaggio ostile addirittura contro di sé.

La sinistra è vittima della sindrome di Stoccolma dopo l’oltraggio in streaming. I 5S lo pretesero con Bersani, ma ci si sottraggono da sempre quando riguarda i fatti loro. Il Pd lava i panni sporchi di famiglia in diretta social usando il linguaggio dei nuovi padroni della comunicazione di massa. È caduto nella trappola. E oggi su Facebook o nelle chat della sinistra si leggono parole contro questo o quel leader o candidato a sindaco che sarebbe brutto leggere rivolte ad altre forze politiche.

Credo che si possa preferire Lepore ad Aitini o Aitini a Lepore senza demonizzare l’altro nome. Sono esponenti dello stesso partito, della stessa giunta. Non può essere che uno meriti di diventare sindaco e l’altro faccia addirittura “schifo” come si legge troppe volte al loro indirizzo, come di chiunque altro si affacci alla competizione elettorale. Così parlano i sacerdoti dell’antipolitica. Inseguirli è autolesionismo.


3 pensieri riguardo “Pd: vergognarsi è un bene se non si cade nella trappola streaming

  1. Caro Giampiero
    le tue considerazioni sono condivisibili se riferite a quei quadri o iscritti del Pd che meritano rispetto da parte dei loro dirigenti. Chi dona tempo, risorse e volontariato al partito non può essere ferito nel suo orgoglio di appartenenza. La nuova sinistra che verrà, se è dato sperare, dovrà trovare il suo gentil linguaggio oltre ai valori e ai progetti che ci permetteranno di anticipare il futuro.

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