Compie gli anni la storica rivista bolognese di cultura, politica e società, fondata non a caso il 25 aprile 1951, ma che scelse un nome che non richiamasse indegnamente la riconquistata libertà, essendo nata dall’idea di un gruppo di universitari che per l’età avevano evitato gli orrori della guerra. Da quel sogno nacque anche una prestigiosa casa editrice. Oggi esce il primo numero dell’anno e si inaugura anche il nuovo sito. Perché la comunicazione corre sulla carta ma anche sul web
di Bruno Simili, vicedirettore de il Mulino, rivista di cultura e di politica
Basterebbero forse il Galvani (il prestigioso liceo classico di via Castiglione) e Il Resto del Carlino, che stanno alle origini di tutta la storia, per identificare da subito il Mulino come bolognese. Per quanto, sin dai primissimi anni, il gruppo di giovani amici che decise di stampare un foglio universitario a cadenza quindicinale avesse già uno sguardo che andava ben oltre Bologna.
Il primo numero di quello che si chiamò «il Mulino» – stampato dalla Poligrafici del Resto del Carlino dell’avvocato Barbieri, presidente degli industriali bolognesi, convinto dal giovane Cavazza all’impresa, risale al 25 aprile del 1951. Una data scelta, evidentemente, non a caso.
Per quanto, come ricorderanno più avanti alcuni dei fondatori, pochi di loro avessero visto da vicino gli orrori della guerra che si era chiusa da pochissimo e certo non così da vicino per potersi intestare in qualche modo quella Liberazione. Per età, per condizione sociale, per fortuna anche, si ritrovavano da giovanissimi in un’Italia libera, con la vita davanti e un futuro tutto da costruire. Era doveroso che la testata nascente non richiamasse indegnamente la riconquistata democrazia.
Come ha scritto Luigi Pedrazzi, «occorreva evitare nomi ideologici, incentrati su enfasi di libertà, giustizia, lavoro, pace, e altre nobilissime cose». A qualcuno sembrò che «il Mulino» – avendo tutti letto e apprezzato Il mulino del Po del bolognese Bacchelli – potesse essere un buon titolo, per di più portando in sé l’idea di macinare (idee) e non mancando vere farine lievitate e veri pani tra le famiglie dei mugnai intellettuali (per tanti a Bologna il forno della famiglia Pedrazzi sfiora il mito, nei ricordi di gioventù).
Se la rivista partì come foglio universitario, presto divenne rivista mensile. E iniziò a guardare a ciò che andava cambiando in Europa e nel mondo. Nel ’54 un primo convegno, la decisione di fondare una casa editrice, un giro di autori e collaboratori che poco alla volta si allarga. Nel ’61, a dieci anni dalla fondazione, quattro giorni dedicati alle relazioni tra Europa e Stati Uniti, a pochi mesi dall’insediamento alla Casa Bianca di JFK. Un pochino presuntuosi dovevano essere, se nell’occasione invitarono a Bologna, tra gli altri, proprio il consigliere speciale di Kennedy, Arthur M. Schlesinger jr. Difficile immaginarlo oggi atterrare proveniente da Washington in piena Guerra fredda nella «rossa» Bologna del sindaco Dozza.
Che cosa è arrivato a noi di quel Mulino? Tanto, se è vero, come si dice, che siamo tutti «nani sulle spalle dei giganti»: una grande casa editrice, innanzitutto, che stampa quasi trecento novità l’anno. Oltre a più di settanta riviste, a cominciare da il Mulino, che festeggia oggi i settant’anni di ininterrotta attività. Dal ’51 ha cambiato più volte formato e periodicità ed è stata diretta da alcuni dei più importanti intellettuali della scena politica culturale italiana: da Pier Luigi Contessi, il primo direttore, a Nicola Matteucci, Gigi Pedrazzi, Giorgio Galli, Pietro Scoppola, Arturo Parisi, Gianfranco Pasquino, Giovanni Evangelisti, Alessandro Cavalli, Edmondo Berselli, Piero Ignazi, Michele Salvati. Sino a Mario Ricciardi, il direttore attuale.
In giro per il mondo molte riviste di cultura e politica chiudono (da ultima, in Francia, la storica Le Debat fondata da Pierre Nora), o si trasferiscono integralmente sul web. Il Mulino sul pretesto dei settant’anni rilancia, con una rivista a stampa completamente nuova (nella grafica, nel formato, nella periodicità) e un sito ripensato da capo. La prima per un approfondimento più disteso sui fatti della cultura e della politica. Il secondo per seguire più da vicino l’attualità, seppure sempre con taglio analitico.
Il primo numero dell’anno, che si trova come sempre in libreria e in edicola ma che è disponibile anche in ebook, esce in questi giorni e ha un’ampia sezione monografica intitolata, nientemeno, «Guarire le nostre democrazie». Il nuovo sito viene inaugurato oggi, che è proprio il 25 aprile.

Gli articoli da leggere il primo giorno sul sito non mancheranno, solo in minima parte dedicati all’anniversario mulinesco e al ruolo che oggi, in un momento storico dove sempre più spesso ci accontentiamo di letture mordi e fuggi se non di qualche titolo strillato sui social, una rivista come il Mulino può e deve svolgere. Per il resto, si troveranno una riflessione sul 25 aprile al tempo delle piazze vuote, il primo di una serie di reportage dedicati alle librerie indipendenti in Italia, alcuni interventi sull’Europa, un pezzo sulla scuola italiana a settant’anni dall’articolo che Pedrazzi scrisse sul Mulino del ’51. E molto altro. Se la rivista è a cadenza trimestrale, il sito pubblica nuovi pezzi ogni giorno.
Tutto questo grazie a una redazione fatta di ragazze e ragazzi, giovani come erano quegli amici che a Bologna, a pochi anni dalla Liberazione, decisero di imbarcarsi in un’avventura che ancora prosegue. A loro, a noi tutti, gli auguri di altri settant’anni non meno fecondi.