La sua fine si è consumata nel silenzio delle istituzioni e di troppa parte dell’informazione cittadine, che avevano evidentemente il capo girato da un’altra parte. Ora siamo in campagna elettorale e possiamo ascoltare molti discorsi alati. Poi si tornerà a volare rasoterra e prima o poi qualcuno finirà per andare a sbattere contro quella montagna di macerie che un tempo è stata una delle esperienze più belle e gloriose che la nostra città abbia mai conosciuto e che rimarrà irripetibile
di Michele Pompei, ex lavoratore della storica emittente
Prima di ogni cosa una doverosa premessa. Chi scrive è parte in causa in questa vicenda e dunque ciò che leggerete risente inevitabilmente delle emozioni che affiorano nella scrittura.
Mi sforzerò di essere oggettivo (ma non distaccato) e rispettare i fatti.
Avrete probabilmente letto che la cooperativa Opengroup ha venduto a Radio Subasio (gruppo Mediaset) l’ultima delle due frequenze su cui andava in onda il segnale di Radio Città del Capo. È l’epilogo di una storia cominciata nel 2012, quando su impulso di Giovanni Dognini, allora presidente della cooperativa Notavailable (editore di Radio Città del Capo), ma oggi presidente di Opengroup, e di Roberto Lippi, presidente dell’allora cooperativa Voli (oggi Opengroup), si procedette alla fusione a costo zero della prima nella seconda.
L’operazione doveva servire a garantire migliori condizioni per i lavoratori e le lavoratrici e dare maggior stabilità economica all’emittente. Io credetti a quelle promesse, salvo pentirmene amaramente cinque anni dopo, abbandonando la radio.
Già in passato, su questa testata ebbi modo di parlare di questa vicenda – “Avete lasciato morire Radio Città del Capo” – e ci ritorno sopra solo perché oggi assistiamo all’atto finale di una storia che non rappresenta esclusivamente una profonda ferita per chi ha contribuito alla storia di quella radio, anche solo ascoltandola o supportandola, ma è un vulnus per un’intera città che è stata insensatamente privata di un patrimonio dal valore inestimabile.
Non ripeto qui cose che già ho scritto in passato, ribadisco solo il silenzio delle istituzioni e di buona parte dell’informazione cittadina (con pochissime eccezioni), che hanno semplicemente girato il capo dall’altra parte, ignorando lo scempio che si stava invece consumando sotto i loro occhi. Non serve fare nomi, oltre a quelli di chi materialmente ha gestito tutta l’operazione.
Siamo già in campagna elettorale e stiamo già ascoltando discorsi ispirati e alati. Temo che poi si tornerà a volare rasoterra e prima o poi qualcuno finirà per andare a sbattere contro quella montagna di macerie che un tempo è stata una delle esperienze più belle e gloriose che la nostra città abbia mai conosciuto e che rimarrà irripetibile.
Il danno è compiuto e chi vorrà potrà sempre fare i conti con la propria coscienza. L’unico conforto è sapere di avere avuto il privilegio di vivere quell’avventura fin dall’inizio, condividendola con amici e amiche, colleghe e colleghi che occuperanno sempre un posto privilegiato nel mio cuore.
Radio Città del capo è morta e sia chiaro: non riposerà mai in pace