La sfida politica non è una birretta tra amici

Nell’ambito di una non meglio delineata coalizione si sono creati due schieramenti che si sono combattuti con acredine e astio. La domanda sorge dunque spontanea: dove sarebbe la novità?

di Andrea Femia, digital strategist cB


Questa campagna elettorale ci ha fatto scoprire che, da un lato e dall’altro della barricata sussiste un grosso problema di interpretazione del significato stesso delle Primarie, che, a sentire molti, dovrebbero essere una sfida tra migliori amici che si offrono birre a profusione e poi tirano i dadi per decidere chi paga; il tutto, però, ridendo in maniera sfrenata, possibilmente ballando insieme fino al mattino, quando chi ha offerto da bere qualche ora prima si vede ricambiato il gesto con un’abbondante colazione al bar sotto le prime luci dell’alba.

L’insopportabile retorica del “tutti amici” si scontra con una realtà costituita principalmente dalla caccia al tesoro, lì dove il tesoro è la gestione del potere, che passa a sua volta dal saper selezionare le persone adatte che permettano la buona riuscita della caccia stessa. Davvero si può pensare che, in un contesto simile, lanciarsi qualche parola contro sia necessariamente sintomatico di delitto?

Siamo così tanto abituati alla totale assenza di sincerità che ci si scandalizza davvero per poco e ci si sorprende se alcune persone hanno da ridire l’uno dell’altro, fino ad arrivare all’assurdo di minacciare di portare in tribunale chi fa una battuta a sfondo politico (l’affermazione di Lepore sul sostegno di taluni imprenditori che Conti non ha tollerato), o addirittura alla decisione grottesca di portare davanti al collegio dei garanti coloro che sostengono una candidata che non è del proprio partito (alcuni dirigenti del Pd portano Aitini e altri davanti al Giurì perché non sostengono una candidata del Pd). 

Che è come dire “facciamo la coalizione però poi chissenefrega della coalizione”. Se non altro è leggermente controintuitivo.

Le Primarie danno modo alle persone di interessarsi alla politica che è fatta di persone. Si può davvero dire che i programmi tra i candidati siano così diversi?

La risposta è un netto No. Evidente, secco, bisogna essere chiari su questa cosa, lo dobbiamo alle nostre intelligenze. Ciò che ci consegna il quadro delle possibili politiche future sono le persone, non solamente i candidati, ovviamente, ma anche chi gravita intorno a essi. 

Negli Stati Uniti, patria di riferimento quando si parla di Primarie, Sanders e Biden si sono offesi per mesi prima di trovare la sintesi e nessuno dei due ha neppure immaginato di mettere in mezzo i giudici per definire chi tra i due avesse ragione o torto. Ora il secondo, moderato se ce n’è uno, è il Presidente degli Stati Uniti che – grazie alla mediazione con le politiche di Sanders – ha varato le riforme più socialiste della storia recente del suo Paese. Questa sintesi è fatta all’interno di un partito nel quale uno sceglie di non volere esistere senza l’altro, senza per questo amarsi.

La sintesi politica è quella strada travagliata e colma di complessità che tocca quasi esclusivamente ai dirigenti, che per questo devono essere preparati, lungimiranti e – possibilmente – bravi. 

Il problema nostrano è che la sintesi va fatta all’interno di una coalizione nata per le primarie e che forse il giorno dopo non sarà più tale; per oltre un mese non ci è stato detto quali siano i confini della stessa. Questa cosa sembra non interessare a nessuno. Sembra non sia responsabilità di nessuno anche se è una cosa molto più grave di tutte le parole dette in questa campagna. 

Immaginate di essere un sedicenne che non ha mai votato nella sua vita, gli si dà l’opportunità di sperimentare il voto ma il dibattito si concentra su cavilli, querele e discussioni inutili, facendo sì che lo stesso non abbia avuto alcun modo neppure per capire le regole d’ingaggio dello scontro. 

Ricorda un po’ ciò che accade a chi vede una partita di baseball senza avere qualcuno vicino che gli spieghi com’è che si vincono le partite.

Non c’è poi molto da stupirsi se quel ragazzo continuerà a pensare che seguire l’Europeo di calcio sia molto più semplice e divertente. Chi segna un gol in più vince.


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